giovedì 26 febbraio 2015

La dinastia delle zecche




Natale Cacciola nacque in provincia di Messina prima ancora del terremoto. Si candidò per il partito monarchico alle elezioni regionali del 1947. E, in virtù dei soli tre anni trascorsi a Sala d’Ercole nella prima legislatura, c’è ancora un erede che – da 40 anni – percepisce dall’Assemblea regionale siciliana un vitalizio: è la figlia Anna Maria, cui vanno puntualmente oltre duemila euro al mese. Anche il marsalese Ignazio Adamo fu uno dei pionieri dell’Assemblea: eletto per il Blocco del popolo, fu deputato sino al 1955. Quando lasciò Palazzo dei Normanni aveva già 58 anni, quando morì (nel 1973) gli anni erano settantasei. Da allora, ovvero da 42 anni, l’amministrazione versa un contributo alla famiglia: oggi 3.900 euro al mese vanno alla moglie Irene Marino, stessa cifra per la figlia Anna Rosa.



La storia passa il testimone alla cronaca, nell’Ars dei privilegi,nell’amministrazione dei vitalizi infiniti: sono 117 gli assegni di reversibilità versati a congiunti di parlamentari scomparsi che già godevano di una “pensione”. Per le sole reversibilità l’Assemblea spende mezzo milione di euro al mese, sei milioni l’anno. Sia chiaro: sono soldi che, in base al regolamento del parlamento regionale, spettano di diritto agli eredi dell’onorevole caro estinto. E, in qualche caso, forniscono un insufficiente ristoro a chi ha dovuto patire tragedie che hanno segnato la memoria collettiva, come nel caso del vitalizio per la signora Irma Chiazzese, moglie di Piersanti Mattarella.

Ma queste uscite, in un’Ars che insegue la spending review, non mancano di sollevare una questione di opportunità. Sia perché derivano da un sempre più labile allineamento al Senato, sia per la natura stessa del vitalizio, non assimilabile a una pensione del pubblico impiego che deriva da contributi trentennali. Riassumiamo le regole: il vitalizio spetta agli ex deputati che hanno fatto almeno una legislatura. Lo percepisce anche chi è stato deputato per appena sei mesi, attraverso il meccanismo del riscatto, se eletto prima del 2000. Alla morte dell’onorevole, il contributo passa al coniuge superstite e, in alternativa, al figlio inabile al lavoro o alla figlia nubile e “in stato di bisogno”.
Queste norme finiscono per premiare, tutt’oggi, parenti di deputati che, anche per pochi anni, si sono affacciati a Sala d’Ercole nell’immediato Dopoguerra. Determinando contributi alla stessa famiglia che, tramandati dal deputato alla vedova e poi ai figli, si perpetuano per decenni.


Qualche altro esempio: Giuseppa Antoci, sorella del deputato ragusano Carmelo Antoci che rimase all’Ars sino al ’55, riceve un vitalizio dal ’78. Un beneficio che dal 1980 viene percepito pure dalla moglie e dai figli dell’onorevole dc Luigi Carollo, in carica sino al 1959. Da 37 anni Irene Recupero, moglie del comunista Pietro Di Cara (all’Ars dal ’47 al ’55), percepisce un vitalizio da 3.900 euro mensili. Circa 2.400 euro mensili vanno invece ad altri beneficiari. Un bonifico con questa somma lo riceve dal 1983 Giovanna Aloisio, consorte del missino Orazio Santagata, che militò in parlamento dal ’51 al ’55. Olga Leto, invece, è la vedova di Giovanni Cinà, democristiano che frequentò l’Ars per quattro anni, fino al 1959: da 25 anni la signora prende la “pensione” di reversibilità. Gioia Eschi è la moglie del defunto deputato socialista Calogero Russo, all’Ars per una legislatura fra il ’51 e il ’55: il vitalizio le tocca da 22 anni.

Il vitalizio da 5.900 euro (lordi) al mese spetta pure a Sergio Alessi, figlio del primo presiedente della Regione morto nel 2008. Nel decreto che concede il vitalizio si precisa che ha più di 60 anni, senza reddito e viveva a carico del padre. Un altro congiunto di un presidente della Regione, la signora Maddalena Nicolosi (vedova di Rino Nicolosi), dal ’98 percepisce un contributo da 2.400 euro mensili.


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