sabato 28 febbraio 2015

Scioperi insensati e paradisi di sogno




Testo di Carla Cace

Faccio parte dei duecento italiani che, tra il 28 e il 29 agosto, sono stati bloccati per molte ore ad Antananarivo, la capitale del Madagascar, a causa di un complicato (e annoso) contenzioso tra compagnie aeree. La decisione della Ue di inserire Air Madagascar nella black list europea per una non corretta manutenzione dei suoi aeromobili ha originato un incredibile sciopero degli assistenti di terra malgasci che protestavano per la declassificazione della compagnia aerea di bandiera, un’azione che a loro dire era un boicottaggio di Air France per avere l’esclusiva dei voli sull’Europa. Vicenda risolta dopo una estenuante attesa e l’arrivo in aeroporto del presidente del Madagascar in persona. Eppure tutto questo non ha intaccato la magia di ciò che ho vissuto in quella terra lontana e affascinante.

Il viaggio
Il mio viaggio di nozze aveva come meta la grande barriera corallina australiana. Ma il fato ha voluto altro per noi. Dopo svariati “disguidi” e dopo esserci resi conto della distanza eccessiva per i giorni a disposizione, decidiamo di cambiare destinazione: il Madagascar, a detta della nostra brava organizzatrice, luogo altrettanto interessante da un punto di vista marino e naturalistico. Non ero molto convinta, ma mi sono adeguata. Dopo attente ricerche per non finire nel “solito” villaggio turistico (ce ne sono anche lì sull’isola principale, Nosy Be) e preparando una valigia piena di farmaci, costumi, repellenti antizanzare e creme solari con filtri altissimi partiamo, certamente non ancora consci della grande avventura che avremmo vissuto.


Il Paese
Il Madagascar, a molti noto dopo i film d’animazione di grande successo della Dreamworks, è un’enorme isola dell’Oceano indiano, la quarta più grande del mondo, al largo della costa orientale dell’Africa e di fronte al Mozambico, nazione indipendente dal 1960, dopo tanti anni di colonialismo francese, già conosciuta dagli occidentali ai tempi di Marco Polo, che la cita come isola sperduta e misteriosa nel suo Milione. Questo curioso e affascinante paese ospita da solo il 5% delle specie animali e vegetali di tutto il mondo, di cui l’80% endemiche. Fra gli esempi più eccezionali, i lemuri, le numerose specie di camaleonti e i tipici baobab.


Nosy Be
Decidiamo di visitare solo le isole minori e di bypassare l’entroterra, per il poco tempo (dodici giorni) e per la nostra passione per i fondali marini. E così arriviamo Nosy Be (“isola grande” in malgascio, la lingua ufficiale parlata dalle diciotto etnie presenti, oltre al francese) con un comodissimo volo charter diretto Roma – Nosy Be della compagnia Neos, purtroppo utilizzabile soltanto se si prenota un pacchetto con le agenzie. Colpisce subito l’aeroporto, un insieme di capannoni accorpati in mezzo ad una natura rigogliosa. Appena varcata la soglia, i contrasti. Molte le persone che si avvicinano, offrendo servizi di qualsivoglia tipo, dal facchinaggio al cambiavalute, alla lettura della mano. E ti accorgi subito che tutti parlano un fluente italiano, “perché noi, dal 2006, abbiamo avuto un boom di turisti italiani”, spiega un locale. “Salvati” dai referenti del tour operator, veniamo accolti con corone di fiori e condotti ad un pulmino che ci porta al resort prenotato, il Coral Noir. 

La guida italiana, una giovane biologa marina partenopea, trapiantata da quattro anni per ricerche e lavoro sull’isola, ci racconta della vita a Nosy Be. Non immaginavo di trovare nostrani “cervelli in fuga” in un luogo così lontano. Nel tragitto di 45 minuti entriamo subito in contatto con una realtà forte, fatta di villaggi poverissimi accanto a ville di europei (in particolare italiani e francesi) che decidono di vivere la propria età della pensione in un luogo dove, con 30.000 euro, puoi costruire una residenza da sogno con piscina sulla spiaggia e vivere sereno. E, al confronto con noi, quasi senza pagare tasse. Accanto alle strade si affastellano coloratissime attività commerciali, mercati, bar, abitazioni di lamiera, bambini scalzi, cotoni ricamati ed esposti per i turisti, profumi e afrori e la sensazione di essere tornati indietro in un tempo indefinito. Lì viviamo due giorni intensi, fatti di gite in barca verso isole degne di un racconto di Salgari, come Nosy Komba o Nosy Tanikely, passeggiate a cavallo al tramonto su altipiani abitati da zebù (bovini locali dotati di corna articolate ed una curiosa gobba sul dorso), snorkeling in mezzo a tartarughe marine, pesci di barriera e innumerevoli coralli, deliziosi pasti a base di riso locale (i malgasci ne sono i primi consumatori mondiali) con latte di cocco, gustosi pesci arrosto e filetti di zebù. Ma il bello doveva ancora venire.


Nosy Saba
Dopo quattro ore di navigazione rocambolesca su una piccola imbarcazione a motore (con necessaria sosta fisiologica presso una lussureggiante isoletta, abitata da una comunità di soli cinquanta pescatori), arriviamo alla meta prefissata. Circondata interamente dalla barriera corallina, ecco l’isoletta di Nosy Saba (isola piana): il paradiso terrestre con un solo, esclusivo, resort. Ci accolgono il direttore Charles, un francese che vive da anni in Madagascar e gestisce questa isola privata da sogno, e il bravissimo Parfait, la nostra guida locale, che parla addirittura un fluente torinese. Veniamo a sapere che siamo sei clienti in tutto. 

L’isola è un microcosmo, una realtà a sé stante composta da bungalow extra lusso e alcune strutture più grandi, quali la reception e due ristoranti, accanto ad un villaggio di coloro che lavorano stabilmente a Nosy Saba, una cinquantina di persone. Coltivano la terra, allevano animali e, in caso di necessità, si rivolgono al medico dell’isola, una sorta di punto di riferimento e persino “psicologo” dell’intera comunità. Scopriamo che la clientela è quasi esclusivamente italiana. Professionisti e imprenditori, coppie in cerca del luogo dei sogni, “honeymoon” perfette. Viviamo per una settimana veramente fuori dal mondo, senza internet e cellulari (si è connessi solo in una specifica e circoscritta area), coccolati da uno staff impeccabile, molto affettuoso e viziati da uno chef eccezionale e da massaggi nella bella Spa. Esiste un servizio gratuito di marinai pronti a portarti con un motoscafo in ogni angolo, spiaggia o atollo dell’isola, per fare snorkeling o immersioni.


La natura
L’eccezionalità dell’isola è nel suo ecosistema ricchissimo. Sei laghi naturali, pinete e foreste primarie, vaste vallate frequentate solo da zebù solitari. Un mare all’altezza di quello maldiviano con fondali ricchissimi arricchiti dalla frequente visita di tartarughe marine, delfini e persino balene. Alberi abitati da rari lemuri con gli occhi azzurri (che ogni giorno si avvicinano alla reception attratti da un grande albero di papaia), una infinita varietà di uccelli chiassosi, pappagalli, colibrì e volpi volanti. Rettili impassibili, granchi e paguri giganti delle palme. La mattina le donne dell’isola, con curiosi turbanti in testa, pescano con le reti e cercano molluschi con conchiglie enormi approfittando della bassa marea, intonando canzoni e ridendo di gusto. La sera i tramonti tolgono il fiato. La notte si assiste ad uno spettacolo indimenticabile: un cielo stellato che noi europei non possiamo immaginare.


La vera sorpresa
Questa impareggiabile natura ci ha regalato qualcosa di unico, oltre alla consapevolezza di una vita diversa da quella disumana che ormai si conduce in Occidente, qualcosa che non scorderemo mai per il resto della nostra vita. L’ultima sera, proprio dinanzi al nostro bungalow e nell’oscurità illuminata solo da una mezza luna rossa sull’oceano, abbiamo potuto assistere alla deposizione di una bellissima tartaruga marina. Un momento unico e incredibilmente emozionante. Un’esperienza che ci ha certamente fatto dimenticare rapidamente i successivi disguidi aeroportuali. Un nonnulla di fronte alla Bellezza dimenticata della natura di un’Africa tutta da ri-scoprire.


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