Testo di Paolo Sensini
L'ondata migratoria di
quest'ultimo periodo, un periodo che per la verità dura
ininterrottamente da oltre vent'anni, oltre a scardinare dalle
fondamenta il principio di territorialità ha posto radicalmente in
discussione anche un altro dei cardini che, in teoria, dovrebbero
reggere tutto l'edificio "moderno" dello Stato: “no
taxation without representation”, ossia nessuna tassa senza
rappresentanza.
Se uno Stato preleva forzosamente dalle tasche dei
produttori il 70-80% dei loro introiti praticamente in cambio di
nulla e in più costringendoti a ripagare tutti servizi due volte
(sanità privata, istruzione privata, trasporto privato, sicurezza
privata, ecc.) perché quelli "pubblici" sono di giorno in
giorno sempre più inadempienti, soffocati di burocrazia e sbracati;
ma soprattutto se coloro che in base al principio di rappresentanza
(i politici eletti) tutelano individui provenienti da altri Paesi a
danno dei cittadini per i quali sono invece "istituzionalmente"
pagati, non si capisce allora per quale diavolo di motivo si
dovrebbero continuare a pagare tasse astronomiche. Già, perché
continuare a pagare le tasse se è venuto meno il requisito
fondamentale del tanto sbandierato "contratto sociale" che
dovrebbe legare i cittadini allo Stato? Cos'è, Papa permettendo, un
obbligo divino?
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