Fonte: Sputnik news
Nel 1973, uno
scrittore francese lungimirante, Jean Raspail (foto), pubblicò un romanzo
intitolato "Le camp des saints". Narrava di una nave di
disperati o presunti tali che, partita da un Paese lontano, puntava a
far sbarcare quella moltitudine di clandestini sulle coste francesi. Consci del pericoloso
precedente che sarebbe stato il lasciarla arrivare alla destinazione
programmata, la maggior parte dei politici francesi decise che di
inviare contro quella nave un vascello militare con l'incarico di
fermarla a qualunque costo. Naturalmente non mancarono i "buoni"
che criticarono la volontà "disumana" di chi non voleva
aiutare, accogliendoli, quei "profughi". Tra gli
"umanitari", in prima fila, un po' di gauche caviar,
un po' di gauche nostalgica, gli off professionisti e la Chiesa
cattolica col suo primo Papa di pelle nera.
Quando i due navigli
s'incontrarono, ci furono dapprima inviti a invertire la rotta
lanciati con un megafono e poi, non ottenendo questi alcun effetto,
minacce con colpi sparati in aria. Anche questi, però, non
ottennero alcun effetto e il capitano fu costretto a chiedere
istruzioni alla capitale. L'ordine ricevuto fu di sparare sul ponte
ad altezza d'uomo ma nessuno tra i marinai e gli ufficiali ebbe il
coraggio di farlo. In breve, poiché nessuno aveva la capacità di
prendere decisioni si dimisero ministri e l'intero governo, mentre la
nave dei clandestini continuava la sua rotta. Nel frattempo, un po'
di francesi, più generosi e buoni di altri s'incamminarono verso
Sete, luogo previsto per lo sbarco, con lo scopo di dimostrare, a
braccia aperte, la calorosa accoglienza della Francia. Con loro
arrivò anche il Papa, accompagnato da alcuni cardinali.
Peccato che, appena la
nave ebbe toccato terra, la marea umana che ne uscì si mosse come
una valanga schiacciando tutto e tutti quelli che si trovavano di
fronte, indifferenti ai simboli religiosi, che tra l'altro non
riconoscevano, e alle braccia tese di chi voleva mostrare loro
l'affetto. Cadde un altro governo e poi un altro ancora mentre
altre navi, da quello stesso e da altri Paesi, salpavano con lo
stesso scopo e la stessa destinazione.
Fin qui il
libro-fantasia di Raspail. Qualcuno vi vede somiglianze con ciò che
sta accadendo oggi?
Anche nella realtà,
l'Europa intera manda navi delle marine militari ma la loro missione
è di accompagnare i profughi, veri o presunti, fino alle nostre
coste e sistemarli poi con vitto e alloggio. Nei giorni scorsi, con
il mare molto calmo, sono state avvistate e salvate migliaia di
persone e altre migliaia sono attese per ogni giorno a seguire. La
tecnica di chi parte dalle coste libiche contando sulla certezza
dei "soccorsi umanitari" è oramai nota: una qualunque
imbarcazione, anche malandata, si allontana dalla costa per pochi
chilometri, lancia un SOS e, appena intravede una qualunque nave
nelle vicinanze, si autoaffonda per obbligare al salvataggio.
Fonti ufficiali dicono che ci sono ancora almeno 500 mila persone
in Libia in attesa di seguire questa strada, ma è evidente
per chiunque non si tappi occhi e orecchie che tale numero, pur già
impressionante, sarà nulla in confronto ai milioni di persone
che, visto il successo di chi li ha preceduti, saranno invogliate a
seguire la stessa strada.
Di solito, (escludendo
le minoranze che fuggono veramente da una guerra, vedi i siriani) la
maggior parte di coloro che s'imbarcano in questo modo non è costituita
da gente che corre pericoli per la propria vita, né da coloro che
hanno, come unica alternativa, la morte per fame. Questi viaggi
costano e solo chi possiede una qualche quantità di denaro può
permetterselo. Semplicemente, si tratta spesso di gente che cerca,
comprensibilmente, di poter migliorare le proprie condizioni di vita
trasferendosi nei Paesi "affluenti". Tra loro non è
nemmeno da escludere che una seppur piccola percentuale sia composta
di terroristi, che si muovono proprio con l'intento di realizzare
attentati nei Paesi di arrivo.
Che fare dunque?
Continuare l'attuale politica "umanitaria" di oggi è
masochistico perché continuare a non reagire a questa "invasione"
porterebbe al dissolvimento non solo del nostro benessere, già
in diminuzione, ma addirittura dell'intera nostra società così
come la abbiamo conosciuta. "Aiutarli a casa loro", come
sostiene qualche demagogico benpensante, sarebbe un'ottima idea,
salvo che, per vederne il risultato, occorrerebbe qualche decina di
anni e nel frattempo saremmo già diventati minoranza nei nostri
stessi Paesi. Qui non vale la regola che il "diverso" è
pur sempre un "arricchimento", almeno culturale. I numeri e
le differenze sono tali che occorrerebbero secoli affinché ne possa
nascere una società nuova, omogenea e pacifica. Il nostro welfare
sarebbe immediatamente sconvolto e le tensioni sociali diventerebbero
incontenibili.
Anche inviare militari
nei territori di partenza senza l'accordo delle autorità locali
(intesa in Libia oggi in sostanza impossibile, per ovvi
motivi) sarebbe nientemeno che una dichiarazione di guerra e un
rischio della vita dei nostri militari, facile bersaglio per
trafficanti e terroristi. Una vera soluzione,
possibile e immediata, può suonare crudele e richiede politici
capaci di decidere con coraggio infischiandosene di condanne morali e
contestazioni: la totale interruzione di ogni pattugliamento marino e
il rifiuto di prendere in considerazione gli SOS lanciati da
questo tipo di imbarcazioni. Per tutti coloro che
vorranno mostrarsi "più buoni" sarà facile definirla
"disumana", ma è la sola maniera di esercitare veramente
la dissuasione, scoraggiando i nuovi arrivi.
Se qualcuno ha idee più
efficaci e meno drastiche si faccia avanti. Ma lo faccia in fretta:
il pericolo che tutti noi stiamo correndo non ci lascia scampo e
cacciare la testa sotto la sabbia non farà certo il bene nostro e
dei nostri figli. I diritti per la
pubblicazione in Italia del libro di Jean Raspail furono
comprati dalla Mondadori che li tenne per dieci anni senza editare il
libro. Allo scadere di una prima opzione essa venne rinnovata, ma
sempre senza volere pubblicarlo. Solo nel 1998 fu possibile per una
piccola casa editrice italiana procedere alla stampa e alla sua
diffusione. Il contenuto era forse così pericoloso per i
generosi sentimenti dei dirigenti della Mondadori da tenerlo
sequestrato per così lungo tempo e impedire anche ad altri di
renderlo pubblico?
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