Testo di Evelyn Bu
"Poi toccò a me.
Ormai ero terrorizzata. - Quando avremo tolto questo “kintir”
(clitoride) tu e tua sorella sarete pure - . Dalle parole della nonna e
degli strani gesti che faceva con la mano, sembrava che
quell’orribile kintir, il mio clitoride, dovesse un giorno crescere
fino a penzolarmi tra le gambe. Mi afferrò e mi bloccò la parte
superiore del corpo ... Altre due donne mi tennero le gambe
divaricate. L’uomo che era un circoncisore tradizionale
appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con
l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a
tirare…Vidi le forbici scendere tra le mie gambe e l’uomo tagliò
piccole labbra e clitoride. Sentii il rumore, come un macellaio che
rifila il grasso da un pezzo di carne. Un dolore lancinante,
indescrivibile e urlai in maniera quasi disumana. Poi vennero i
punti: il lungo ago spuntato spinto goffamente nelle mie grandi
labbra sanguinanti, le mie grida piene di orrore …
Terminata la
sutura l’uomo spezzò il filo con i denti…Ricordo le urla
strazianti di Haweya, anche se era più piccola, aveva quattro anni,
scalciò più di me per cercare di liberarsi dalla presa della nonna,
ma servì solo a procurarle brutti tagli sulle gambe di cui portò le
cicatrici tutta la vita. Mi addormentai, credo,
perché solo molto più tardi mi resi conto che le mie gambe erano
state legate insieme, per impedire i movimenti e facilitare la
cicatrizzazione (dato che c’è stata una perdita di sostanza,
clitoride e piccole labbra, le gambe legate insieme permettono la
cicatrizzazione, ma la cicatrizzazione avviene in retrazione. Non c’è
più tutto il tessuto necessario perché le gambe possano essere
divaricate completamente. Nessuna farà più la spaccata. Anche dare
un calcio a un pallone può essere impossibile, come andare a cavallo
o, nei casi più gravi, nuotare a rana. Nei casi più gravi, dove
infezioni riducono ulteriormente il tessuto, le donne non possono più
divaricare le gambe per accovacciarsi e urinare e, dove non esistono
water, devono urinare dalla posizione in piedi con l’orina che
scola tra le gambe, scola un filino alla volta, una goccia alla
volta.)
Era buio e mi scoppiava la vescica, ma sentivo troppo male
per fare pipì. Il dolore acuto era ancora lì e le mie gambe erano
coperte di sangue. Sudavo ed ero scossa dai brividi. Soltanto il
giorno dopo la nonna mi convinse a orinare almeno un pochino. Oramai
mi faceva male tutto. Finché ero rimasta sdraiata immobile il dolore
aveva continuato a martellare penosamente, ma quando urinai la fitta
fu acuta come nel momento in cui mi avevano tagliata. Impiegammo
circa due settimane a riprenderci. La nonna accorreva al primo gemito
angosciato. Dopo la tortura di ogni minzione ci lavava con cura la
ferita con acqua tiepida e la tamponava con un liquido violaceo, poi
ci legava di nuovo le gambe e ci raccomandava di restare
assolutamente ferme o ci saremmo lacerate e allora avrebbe dovuto
chiamare quell’uomo a cucirci di nuovo. Lui venne dopo una
settimana per esaminarci. Haweya doveva essere ricucita. Si era
lacerata urinando e lottando con la nonna.
L’uomo ritornò a
togliere il filo dalla mia ferita. Ancora una volta furono atroci
dolori e per estrarre i punti usò una pinzetta. Li strappò
bruscamente mentre di nuovo la nonna e altre due donne mi tenevano
ferma. Ma dopo questo anche se avevo una ruvida spessa cicatrice tra
le gambe che faceva male se mi muovevo troppo, almeno non fui più
costretta a restare sdraiata tutto il giorno con le gambe legate.
Haweya dovette attendere un’altra settimana e ci vollero quattro
donne per tenerla ferma… Non dimenticherò mai il panico sul suo
viso e nella sua voce…Da allora non fu più la stessa…aveva
incubi orribili. La mia sorellina un tempo allegra e giocosa cambiò.
A volte si limitava a fissare il vuoto per ore. (svilupperà una
psicosi) … cominciammo a bagnare il letto dopo la circoncisione."
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