Fonte: Riscatto Nazionale
Gorgonzola (Milano), 30 giugno 2016 –
Un’altra storia di povertà e razzismo contro i cittadini italiani
che pagano le tasse. Marito e moglie da sei mesi vivono dentro un
box, mentre i clandestini stanno in appartamenti nuovi. L’affitto è
basso, 80 euro al mese. Peccato che la casa sia un box. Da sei mesi
una famiglia di tre persone, più il cagnolino Charly, 17 anni, vive
in un garage a Gorgonzola, comune della Martesana. Per tutto
l’inverno Ermenegildo Vatteroni, 55 anni, la moglie Virginia,
coetanea, e la figlia ventenne Rachele, hanno utilizzato una stufetta
elettrica presa a prestito come termosifone. «Adesso – racconta la
ragazza – dormiamo con la saracinesca aperta. Tanto qui lo sanno
tutti che non c’è niente da rubare».
Una vicenda paradossale, che comincia
quando l’uomo, l’anno scorso, ha perso l’unica fonte di reddito
del nucleo familiare, grazie alla collaborazione con una ditta della
zona. Lavorando a partita Iva, però, non ha avuto diritto
all’indennità di disoccupazione. Ma non è che la prima delle trappole
che la stessa legge ha messo sul cammino della famiglia. La seconda è
quella della casa. Una norma regionale introdotta qualche anno fa
contro l’immigrazione «selvaggia», prevede che possa far
richiesta di un alloggio pubblico solo chi risieda in Lombardia da
almeno 5 anni. E i Vatteroni sono arrivati da Massa Carrara 3 anni
fa. Forestieri, insomma, benché italiani.
Nella duplice tagliola dunque,
niente soldi e niente casa, non restava che il box. Per il cibo,
racconta Rachele, ci pensa la Caritas con il sacchetto viveri («ce
lo facciamo bastare»), per i bagni ci sono i bar, per il sonno un
materasso matrimoniale in tre, e per il resto ci si arrangia. Una
microfonte di reddito, in realtà, entra in famiglia. Sono i 250
euro al mese che Rachele riceve come indennità per il servizio
civile volontario in Comune. Papà riesce di rado a fare qualche
lavoretto, da 20 euro al giorno e, sempre grazie al Comune, mamma
Virginia ha lavorato per un mese alla mensa scolastica.
«Le scuole adesso sono finite, ma alla
ripresa riammetteremo la signora al servizio, magari aumentando il
monte ore di lavoro, per dare ulteriore sostegno», assicura il
sindaco Angelo Stucchi. Che, dopo aver dato per un mese un alloggio
di fortuna alla famiglia, aveva coinvolto i servizi sociali. Ma la
proposta (figlia e mamma in una comunità, papà in un’altra e
Charly al canile) era stata respinta senza esitazione dai tre, che
vogliono rimanere insieme.
È sempre Rachele a replicare:
«Noi non abbiamo nemmeno chiesto una casa, conosciamo la legge,
anche se vediamo qui vicino molti profughi ospitati in appartamenti
nuovi. Abbiamo chiesto solo un lavoro, per diventare indipendenti e
per riconquistare dignità. L’unica proposta è stata quella della
mensa di mamma. Circa la divisione, è il contrario di quel che
abbiamo bisogno. E vogliamo Charly con noi». Il cagnolino, che è
pure cardiopatico, è assistito da un’associazione animalista (Oita
Save The Pets), che lo ha fatto visitare e ha già organizzato una
raccolta fondi su facebook per la famiglia. «La situazione –
racconta la volontaria Valentina Alongi, sulla propria pagina del
social network – è insostenibile e la famiglia deve andar via da
lì al più presto. Aiutateci a trovare una stanza, con un bagno e un
cucinino in affitto, nella zona di Gorgonzola. Con la colletta
possiamo pagare mesi di affitto. Per farlo, c’è però bisogno
dell’aiuto di tutti».
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