Fonte: Il Resto del Carlino
«Quando si
rompe un argine, non è mai colpa del fiume. Le
alluvioni? Si smetta di essere ipocriti e di dare la colpa
alle nutrie. Le amministrazioni comunali cadono dal pero quando
succedono queste cose, ma chi ha dato le concessioni edilizie per
costruire case in area golenale? Loro. E se le case finiscono
allagate, vuol dire che lì non dovevano starci…». Boom. Come un
vulcano che erutta. Sono roboanti le parole di Mario Tozzi, noto
geologo, divulgatore e primo ricercatore del Cnr (conosciuto anche
per diversi programmi tv di carattere scientifico) commentando
l’esondazione dell’Enza a Lentigione.
Professor Tozzi, cosa si
nasconde solitamente dietro alla rottura di un argine?
«Quando si rompe un argine, non è
mai colpa del fiume. Significa che è mal fatto rispetto alle portate
previste o all’asse del fiume. Non venite a dirmi che hanno dato la
colpa alle nutrie pure stavolta…»
È una delle ipotesi
emerse.
«La nutria è un animale che vive in
quell’ambiente. Non ha interessi a provocare un’alluvione. Nel
mondo naturale le cose funzionano in modo sensato. L’eccesso di
nutrie può influenzare, ma queste cose non accadono nemmeno negli
ambienti liberi coi castori. Prima di dare la colpa alle nutrie
starei un attimo attento a scaricare il barile».
C’è la mano dell’uomo
dunque?
«Il
cambiamento climatico influisce, ma l’Italia ha il record europeo
di frane: quasi 610mila su 800mila censite in tutta Europa (di cui
80mila nell’Appennino della nostra regione, ndr). Questo indica che
abbiamo costruito dove non si doveva. Nelle golene di tutti i fiumi.
Quando c’è l’acqua attorno alle case, sono quest’ultime ad
essere nel posto sbagliato. Questo Paese consuma 8 metri quadrati al
secondo di territorio. E non finiscono nel rischio, ma lo creano.
Sono stanco di sentire discorsi ipocriti. Ci si attacca al fatto che
le piene erano bicentenarie, ma ora avvengono ogni vent’anni. E che
facciamo? Le cose sono cambiate».
Situazione irreparabile?
«C’è solo un rimedio per i fiumi.
Vanno rinaturalizzati, lasciati liberi di esondare dove non fanno
danni perché è lì che si crea l’elasticità fra fiume e
territorio. Fare argini significa bloccare questo rapporto. Il fiume
trae alimentazione dalle falde che sono dentro al territorio, dunque
è la maniera sbagliata di governarli. Il Po addirittura scorre
sopraelevato in alcuni punti per quanto abbiano costruito argini. Non
ci sono altre risposte che allontanare i centri abitati da queste
zone. Il resto sono ipotesi ingegneristiche che fanno ridere.
Trasformare i fiumi in canali forse controlla temporaneamente le
alluvioni, ma spezza la bellezza italiana».
Spostare interi paesi,
abbiamo capito bene?
«Sì. Frazioni e abitazioni a rischio
vanno spostate. Se l’argine del fiume lo fanno le case, non ci
siamo, creiamo instabilità territoriale».
E chi deve farlo?
«Più che il Governo sono i Comuni a
doversi muovere. Mi fanno ridere. Hanno voluto le autorità di bacino
che diceva di non costruire case nelle zone golenali, ma poi i
sindaci insorgevano. Comuni e regioni hanno fatto carne di porco di
questo territorio, adesso si lamentano. Ci spiegassero chi ha dato le
concessioni edilizie. E chi non ha demolito quando era ora. Bisogna
smetterla di concedere loro facilmente lo stato d’emergenza, perché
non esiste la calamità naturale, ma solo la nostra incapacità di
fronteggiare gli eventi naturali. È colpa dell’uomo».
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