Quando Cesara Buonamici,
con la sua aria da professoressa, ha detto: “Ora vi facciamo vedere
un numero mostruoso”, ho pensato per un attimo che il TG5 delle 20 di venerdì avrebbe mostrato qualche esibizione trapezistica o di
genere circense, come si usa alla fine dei telegiornali quando
vengono
date
notizie di alleggerimento. E invece, si trattava proprio di un numero
di parecchi milioni che aumenta continuamente, contando
unità, decine, centinaia, migliaia, ecc.
Era il
numero del cosiddetto debito pubblico e la buona Cesara, facendoci
sentire tutti più meschini, dava per scontato che abbiamo una classe
politica spendacciona che il denaro pubblico lo spreca allegramente.
“A Cesara, nun ci sta a pjà per culo!”, verrebbe da dire alla
francese. La nostra classe politica, più che spendacciona è serva
di quei poteri forti, leggi banche, alias ebrei, che fanno dire a te
mezze verità e mezze bugie, che ti pagano lo stipendio e che lo
pagano ai membri della classe politica stessa.
Con i nostri soldi! Noi già lavoriamo come schiavi, siamo tassati
all’inverosimile e quel debito semplicemente non esiste.
Tanto per cominciare,
avresti dovuto specificare che quei numeretti impazziti che aumentano
ininterrottamente
sono gli interessi sul debito e non il debito in sé. Poi, cosa più
importante, avresti dovuto spiegare al gregge dei telespettatori che
l’usura internazionale è riuscita, in un primo momento, a
convincere la classe politica a prendere a prestito il denaro che
stampa, gravato di interesse. Poi,
in un secondo momento,
non ha più avuto
bisogno di
convincere nessuno giacché è lei stessa,
l’usura internazionale ebraica, a nominare i componenti della
classe politica, rinchiudendosi così in una botte di ferro, onde
evitare i colpi di matto di qualcuno che dovesse prendere sul serio
il proprio mandato elettorale.
E’
successo per
esempio a
Lincoln, Kennedy e il nostro Aldo Moro, tutti e tre fatti fuori per
aver voluto riportare la stampa della moneta nelle mani dello stato.
Ricordo che, nel
luglio del 2001, uno degli slogan urlati nei cortei di Genova era:
“Drop the debt!”, cancella (o lascia cadere) il debito. Si
riferiva al debito dei paesi del terzo mondo e l’invito era rivolto
ai rappresentanti del G8 che si teneva in quella città, dove fra
l’altro facemmo conoscenza per
la prima volta dei
Black Bloc. Ora che anche l’Italia è diventata un paese del terzo
mondo, perché così hanno deciso gli usurai internazionali, il
principio del “Drop the debt” può applicarsi anche a noi, e anzi
deve essere applicato all’Italia perché gli italiani stanno già
lavorando come muli e non vogliono essere presi in mezzo nelle
dispute tra Chiesa cattolica ed ebraismo. Ovvero, in altre parole,
non vogliamo pagare il fio della vendetta che gli ebrei si stanno
prendendo sul cattolicesimo romano. Non
ne abbiamo colpa e grazie a te, mia buona Cesara, non ne abbiamo
neanche consapevolezza. Subiamo le bastonate e chiniamo il capo, come
poveri muli.
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