Fonte: La Tribuna
TREVISO. «E’ terribile, da giorni siamo sotto attacco, ora
siamo protette dall’esercito, ma non è mica finita». Kuki
Gallmann, la scrittrice trevigiana figlia di Cino Boccazzi, parla dal
cuore della sua tenuta di Laikipia, nel nord del Kenya, non distante
dalla Rift Valley. Le hanno bruciato il resort Mukutan, dove accoglie
i turisti – non c’era nessuno, per fortuna – e hanno sparato
tre colpi di Ak47, contro la figlia Sveva, miracolosamente illesa,
dopo aver circondato le tenuta». La nipote di Cino, 37 anni, era
corsa a casa, dalla bambinaia, per proteggere la figlia Kaya Octavia,
che ha solo nove mesi». «Non l’hanno colpita, per fortuna»,
aggiunge Kuki, «e adesso siamo qui, impossibilitate a muoverci». La
tenuta è il grande sogno africano realizzato da Kuki nel 1973,
assieme al marito Paolo, scomparso tragicamente nel 1980 in un
incidente stradale mentre andava a prendere la culla fatta
appositamente per la figlia Sveva. È sempre stata un’oasi di
natura e di rispetto per l’ambiente, di civiltà e di sviluppo
compatibile, in una delle aree simbolo del continente, ma in questi
giorni è diventata un bunker.
Gallmann Memorial Foundation, si chiama, in onore del marito. Lì
nel 1982 si è consumata un’altra tragedia familiare, la prematura
morte del figlio Emanuele, a soli 17 anni, per il morso di un
serpente. Ma l’amore per l’Africa – assolutamente totale, come
quello di un’altra donna, Karen Blixen – è stato più forte dei
lutti e del dolore. Non a caso, ha scelto di restare al suo fianco
Sveva, chiamata dai locali Kainda Kawera Makena. Kuki ha creato un
incontro di civiltà, una rara enclave di progresso nel rispetto
dell’Africa e della sua anima più profonda. E a questa impresa ha
dato voce e volto Kim Basinger, nel film «Sognando l’Africa»
tratto dal libro della trevigiana. Ma adesso è lo scenario di
attentati e di morte. Sono trenta le vittime in quella parte del
Kenya, negli attacchi e nei raid delle bande di pastori e
bracconieri, esponenti della tribù dei Pokot, che vogliono
controllare la tenuta di 400 chilometri quadrati, dare nuovi pascoli
alle bestie assetate e avere mano libera con elefanti e rinoceronti,
per la cui difesa Kuki e la figlia Sveva sono diventate simboli
mondiali dell’ambientalismo.
«Qui c’è l’acqua, è tutto curato: il frutto del nostro
lavoro di tanti anni, nel rispetto dell’ambiente. E non cederemo di
un metro», ribadisce Kuki «amiamo questo paese, ci sentiamo parte
del Kenya, qui resteremo, non ci muoviamo. Avevo 29 anni, quando ho
deciso di fermami qui, questo paese e questa gente mi sono entrare
nel sangue. Non sono mai tornata in Italia. E colgo l’occasione per
mandare un abbraccio e un saluto a tutte le amiche e gli amici di
Treviso». Viene in mente Einstein, quando profetizzava che le guerre
del futuro sarebbero state per l’acqua. Nemmeno sullo sfondo, le
carestie, i pastori che dettano legge con le armi, gli scarsi mezzi
della Croce Rossa per fronteggiare l’ emergenza».
Kuki ha già subito attacchi, in passato, ma mai come questo, il
segno di un’escalation che ha innescato anche la reazione del
governo, che ha inviato subito l’esercito a proteggere la grande
famiglia di origini trevigiane e la tenuta, e i 250 dipendenti. Molto
più di una comunità. «Non si possono permettere un caso Gallmann,
per quello hanno subito inviato uomini, quasi in...diretta. Forse
avrebbero dovuto muoversi prima, qui ci sono anche i politici locali
che sobillano i pastori a prendersi le terre con l’erba, perché
c’è l’acqua», continua. La fama della scrittrice trevigiana è
tale che la notizia dell’attacco è subito rimbalzata su tutti i
principali siti internazionali di protezione ambientale: sono nel
mirino, ora, Kuki, Sveva e la piccola Kaia Octavia, soprannominata
Nashipae, colei che porta la fortuna e la felicità»
In Italia sono ore di apprensione per la sorella di Kuki, Barbara,
docente universitaria di storia dell’arte che oggi vive a Trieste,
dove ha insegnato per tantissimi anni. «Mi ha inviato un messaggio
per raccontarmi quello che è successo e per rassicurarmi sulle
condizioni di tutt’e tre», racconta, «ma ancora non sono riuscita
a sentirla. Ha scritto che è stato terribile e se lo scrive lei
dev’essere stato davvero così. Ma so anche che lei da lì non si
muove, quella è la sua vita, lì ha deciso tantissimi anni fa di
restare».
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