Testo di Paolo Sensini
«Se rifiuti per 3 volte i lavori che ti vengono offerti sei fuori
dal reddito di cittadinanza», questo lo slogan ripetuto a nastro dal
presidente del consiglio in pectore Luigi Di Maio. Ma in un paese in
cui sono censiti circa 3 milioni di disoccupati, e si parla solo di
quelli ufficiali perché in realtà le cifre sono molto più alte,
come fa un partito politico guidato da ex disoccupati a
trovare almeno 9 milioni di posti di lavoro da offrire a chi
cerca un'occupazione? Ma poi a tale quadro immaginifico va aggiunto
un ulteriore elemento: le offerte lavorative che vengono via via
proposte dai Centri per l'impiego statali devono essere «congrue»,
vale a dire compatibili con la tua storia lavorativa.
In altre parole
se prendi il reddito di cittadinanza e ti offrono 3 (tre!) posti di
lavoro che però non sono sotto casa, non ritieni attinenti ai tuoi
interessi, e non ti offrono abbastanza soldi, puoi considerarle «non
congrue» e quindi continuare a percepire serenamente il sussidio
pubblico. Unico limite previsto: dopo un anno non si può più
storcere il naso, sempre che siano arrivate tre offerte di lavoro in
dodici mesi, una miraggio in Italia. Pensare poi che una questione
delicata come l'allocazione del lavoro venga gestita dal carrozzone
burocratico più sgangherato e inefficiente al mondo, è un film di
pura fantascienza. Una film onirico su cui però, al netto del voto
di protesta che si è manifestato soprattutto nel Sud della penisola,
il partito dei 5 stelle ha edificato la sua straordinaria
affermazione elettorale. L'Italia è un paese da anni ormai sul
ciglio del precipizio, con questa trovata elettorale i pentastellati
si accingono a dargli il calcio in culo che lo farà precipitare
dentro.
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