Fonte: La Stampa
Il ministro dei Trasporti iracheno,
Kazem Finjan, ha detto in una conferenza che gli antichi Sumeri,
vissuti nel suo paese 5000 anni fa, avevano costruito aeroporti dai
quali partivano per viaggi nello spazio. Molti ne hanno dedotto che
con l’Iraq, per quanta buona volontà uno ci metta, non c’è
niente da fare. Ma per gli avidi lettori dei libri dell’ex
corrispondente dell’Economist Graham Hankock, la dichiarazione di
Kazem Finjan è stata solo una conferma di cose che già sapevano:
nella storia umana, non tutto è andato come ci hanno raccontato a
scuola. Con una decina di libri sui misteri del
passato, Hankock ha allevato generazioni di archeologi spaziali, i
quali ora pensano come lui che la Terra sia stata visitata migliaia
di anni fa da una civiltà tecnologica, che ha insegnato agli uomini
l’agricoltura, la matematica, l’astronomia e la tecnica di
costruire in pietra. Il ministro Finjan deve avere letto i suoi
saggi, se ora è convinto che le «ziggurat» sumere fossero luoghi
nei quali gli uomini incontravano gli Annunaki, appena scesi dal
cielo. E poi non basta guardare i bassorilievi dell’epoca per
convincersene? Il sistema solare che vi è raffigurato non ha un
pianeta in più? Si tratta di Plutone, che noi abbiamo scoperto solo
nel 1930 e raggiunto con una sonda nel 2015, o di Nibiru, la casa
degli dei?
Hancock ha avuto un precursore in
Zacharia Sitchin, anche lui convinto che una razza aliena, quella
degli Elohim, abbia colonizzato la Terra, e ha ora un successore in
uno studioso italiano i cui libri hanno un discreto successo, Mauro
Biglino, serio esperto di ebraico antico e collaboratore delle
Edizioni San Paolo. Biglino è convinto che la Bibbia non parli di
Dio e che tutto quello che di religioso e spirituale attribuiamo a
quel libro sia frutto di forzature nelle traduzioni. Anche per lui la
Terra è stata visitata dagli Elohim, uno dei quali, Yahweh, ha
guidato il popolo ebraico. Ma non si trattava certo di un dio buono e
misericordioso: era anzi crudele, dispotico e vendicativo, e non era
neppure un dio, visto che a leggere il testo biblico senza le
interpretazioni che sempre lo corredano, mangiava, beveva, era
mortale, si inebriava del fumo dei sacrifici e dopo le battaglie
chiedeva la sua parte di bottino. Anche l’Arca dell’alleanza,
quella che Indiana Jones recupera dalle mani dei nazisti, era un
oggetto tecnologico, così potente e pericoloso da richiedere pagine
e pagine di istruzioni bibliche per essere maneggiato.
E la piramide di Cheope nella piana di
Giza? Incuranti dell’appellativo di «piramidioti» che Zahi Hawass
aveva loro affibbiato, i seguaci di Hankock sostengono che la
tecnologia necessaria per innalzarla non era disponibile agli egizi
del 2500 a.C. Quindi deve averla costruita qualcun altro, che aveva
sofisticate conoscenze di architettura, sapeva come tagliare
perfettamente i blocchi di granito e trasportarli a decine di metri
di altezza. Gli dei, appunto. Di antiche piramidi è pieno il mondo
(ce ne sono persino in Cina) e quelle maya e azteche non sono meno
imponenti e misteriose di quelle egizie. Se i Sumeri volavano fino a
Plutone, certo sono giunti anche nel Centro America, guidati
nell’atterraggio dai grandiosi disegni geometrici di Nazca che si
possono vedere solo dall’alto. E dev’essere stato un dio, o
qualcuno di molto grande e molto forte, a costruire le mura di Cuzco,
spostando per chilometri blocchi pesantissimi e tagliandoli in modo
da combaciare perfettamente. Anche con le pietre di Stonehenge, in
Inghilterra, gli dei devono avere dato una mano. Per convincersi che
gli antichi volavano, basta poi guardare il coperchio del sarcofago
dell’Uomo di Palenque, chiaramente un astronauta nella sua cabina
di pilotaggio.
Storici e archeologi studiano da tempo
i misteri ancora irrisolti dell’antichità, e arriveranno a trovare
una spiegazione a tutto. Nell’attesa è inevitabile che si
diffondano le teorie più disparate, con l’aiuto di scrittori a
volte seri, a volte visionari, tutti molto amati anche a Hollywood.
Ma se i Sumeri volavano davvero, non c’è che da sperare che
tornino in fretta: forse loro riusciranno a rimettere a posto il poco
che resta dell’antica Mesopotamia.
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