Fonte:
Gazzettino
VICENZA
- Ha ammazzato il genero, Haidar Rohay Ahmaed Al-Tawil, nel giorno del rito
islamico del Sacrificio, perché l'uomo, di origine yemenita, voleva far
assistere i due figli, ancora molto piccoli, all'uccisione di un agnello
secondo la tradizione del suo Paese. Lui, italiano di origini napoletane ma
residente a Vicenza, voleva impedirglielo. L'ha ucciso dopo una furiosa lite
sparandogli a breve distanza al torace un colpo di pistola, pare una calibro
22, restando all'interno dell'auto. Poi, Salvatore Cipoletta, 53 anni, si è
allontanato, è entrato in un locale e ha detto alla barista di chiamare i
carabinieri. Quando i militari sono arrivati, si è consegnato senza problemi. Forse
solo al momento dell'arresto, forse solo quando ha ingranato la marcia per
allontanarsi da casa, con il corpo del giovane genero, di appena 29 anni,
disteso in una pozza di sangue davanti al cancello d'ingresso, si è reso conto
di quanto aveva fatto. Difficile dire se all'origine del diverbio finito in
tragedia ci sia stata una motivazione religiosa, o piuttosto un contrasto in
atto da tempo tra suocero e genero nell'ambito di una convivenza non facile.
Tutto
ha inizio nel pomeriggio, in una palazzina a due piani alla prima periferia di
Vicenza. Per i musulmani, è il giorno della Festa del sacrificio di Abramo, che
si usa celebrare nei Paesi islamici sgozzando un montone, o un agnello. Un
rituale che nella maggior parte di quei Paesi avviene in casa, ma che in Italia
è di norma riservato ad alcuni centri autorizzati. Con non poche eccezioni, che
sfuggono ai controlli. Così, Haidar voleva farlo in casa, nel garage adiacente
all'abitazione, dove però scoppia la lite. Il suocero si oppone in tutti i modi
alla possibilità che i due nipoti possano assistere a un atto che forse ritiene
troppo violento, che forse non condivide. I toni del confronto diventano sempre
più accesi. Forse vola anche qualche schiaffo o un pugno.
La
moglie-figlia assiste impotente a quell'alterco, che diventa sempre più aspro.
A un certo punto, l'uomo si allontana. Sale in auto. Torna poco dopo e per il
giovane è la fine. Una vicina di casa ha raccontato di aver sentito un'auto
arrivare a tutta velocità, una brusca frenata e poi aver visto lo yemenita
avvicinarsi alla vettura, appoggiarsi al finestrino del conducente. Poi,
improvviso un colpo di pistola e il giovane cadere a terra. Quando arrivano i
soccorsi, l'auto con lo sparatore non c'è e il corpo in una pozza di sangue tra
i due alberi all'altezza del cancello. L'omicida, però, non fa tanta strada.
Appena mezzo chilometro, lo spazio per gettare dal finestrino la pistola e
fermarsi davanti a un bar. Le mani tra i capelli dice alla barista: «ho ucciso
mio genero, chiami i carabinieri». Prima di essere accompagnato all'ospedale
per un dolore alla mascella, forse un pugno ricevuto durante la lite, porta i
militari sul luogo dove ha gettato l'arma, che pare detenesse illegalmente.
Il dividi et imperat stà accellerando, fratello contro fratello questo è l'obbiettivo e si vede anche nel post precedente tutta questa furia su un cadavere?? perchè e a che scopo?
RispondiEliminaSe noi siamo occupati ad ammazzarci loro fanno quello che vogliono e il popolo bue non ci arriva, risveglio???? ma dove!
C'è anche un pizzico di Nemesi: a forza di fare il male alle pecore, lo stesso male è ritornato indietro. Come un boomerang.
EliminaIn questo caso si tratta del figlio della serva, altra cosa.
RispondiEliminaIl nazionalsocialismo e l'islamismo: due droghe che continuano a far danni.
EliminaCulture diverse non possono convivere (almeno per ora)... se non a questi prezzi, questo articolo lo farei leggere a chi so io... altro che messaggio evangelico...
RispondiEliminaLasciami indovinare! Lo faresti leggere al ministro Kyenge.
EliminaHo indovinato?
Non solo, ce n'è una "sfilza"....
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