giovedì 4 giugno 2015

Gli ospiti degli zoo a volte si uccidono per la disperazione



Zoo di New york, 1906: alla presenza di sindaco, giornalisti, scienziati e pubblico delle grandi occasioni viene inaugurata la più grande attrazione della struttura: Ota Benga, un giovane di 23 anni, pigmeo. L'affluenza di pubblico raddoppia in poco tempo, in un solo giorno oltre 40.000 persone hanno visto quell'individuo definito dal testo di allora "The Basis of Social Relations: A Study in Ethnic Psychology", "a metà strada tra l' orango e il bianco europeo". 
 
 
Ota Benga era stato portato a New York da Samuel Verner, un ex missionario convinto della superiorità della "razza bianca" assieme ad altri 8 compagni di prigionia, inizialmente esposti alla fiera di St Louis, dove venivano mostrati, pungolati e vessati di fronte al pubblico. Allo zoo di New York Ota sta spesso seduto, triste, imbronciato. Gli "arricchimenti ambientali" sono un arco e delle frecce, unico ricordo della sua casa. A volte gli viene concesso di uscire dalla gabbia per una piccola passeggiata sotto la sorveglianza di un custode dello zoo. Quando Ota Benga inizia a ribellarsi ai suoi carcerieri con calci, morsi e tentativi di liberarsi il reverendo James H. Gordon lo aiuta a uscire dalla sua prigione, ma non riesce a tornare a casa. Resta dunque negli Stati Uniti e cerca vanamente di inserirsi in un contesto sociale che non gli appartiene. Ota Benga muore suicida con un colpo di pistola al cuore nel 1916.
Finalmente libero.


6 commenti:

  1. mi hanno sempre messo i brividi e una tristezza infinita le storie e gli articoli che ho letto riguardo circhi itineranti e i freaks relativi agli Sati Uniti dei primi del '900. Fenomeno estesissimo che arrivò ad essere addirittura la terza olimpiade della storia: St.Louis 1904. Gli americani hanno avuto un'occasione unica nella storia dell'umanità: costruire dal nulla, in un paradiso terrestre, un nuovo continente. ed hanno mandato tutto a puttane! Stessa cosa stanno parzialmente facendo i cinesi, con la tremenda aggravante di avere avuto l'esempio yankee sotto gli occhi... non si impara dagli errori e la storia si ripete. peccato...

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    1. Nella stessa epoca, ma anche qualche decennio più tardi (fino agli Anni Cinquanta), in Italia la gente la domenica pagava il biglietto per andare a vedere i "mostri" al Cottolengo di Torino.

      Poi si sono accorti che non era una cosa carina, come negli USA hanno capito che i negri non potevano essere oggetto di visite in uno zoo.

      Se ne deduce che la Civiltà ha fatto, di qua e di là dell'Atlantico, qualche timido passo in avanti.

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  2. Questa del Cottolengo non la sapevo, ora mi sono incuriosito e voglio saperne di più. Del resto la sua fama è tale da essersi radicata anche nei modi dire... concordo sui timidi passi in avanti...

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    1. Le magistrali di Udine che frequentai illo tempore sono intestate a Caterina Percoto, ma gli studenti (studentesse in maggioranza) usavano l'espressione scherzosa "Percottolengo".

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  3. "vai al cottolengo!" l'avrò detto , e viceversa mi è stato rivolto decine di volte da bambino. Bastava un'azione goffa, o semplicemente inciampare x sentirselo dire... Manco si pensava a cosa si stava facendo riferimento

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    1. Nella nostra infantile immaginazione era equiparabile a un manicomio di mostri.

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