martedì 17 marzo 2020

Altro che 3 aprile!



Testo di Marco Cattaneo

Quando finisce un’epidemia? Dato che non mi fido, meglio che ve lo dica subito. E vi chiedo, dato che mi seguono parecchie persone, di cominciare a condividerlo e a ripeterlo da adessoai vostri contatti, reali e virtuali. Ma veniamo al punto. Già oggi vedrete qualche curva che si discosta lievemente dall’andamento esponenziale che l’epidemia in Italia (e soprattutto in Lombardia, per i numeri) ha avuto fino a un paio di giorni fa. Potrebbe essere un buon segno. E potrebbe ottimisticamente accadere che tra una decina di giorni o giù di lì il numero dei contagi diminuisca di molto, se facciamo la nostra parte.



Ecco, ve lo dico dal cuore: non c’è un cazzo da festeggiare, né oggi né tra dieci o quindici giorni. E soprattutto non c’è da scaraventarsi fuori di casa gridando “Campioni del mondooo! Poropoporopoporo!” e abbracciando sconosciuti sudati in canottiera. Se non mi credete, andate a vedere i criteri con cui l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara conclusa un’emergenza epidemica. Vediamo quella di Ebola, per esempio. L’emergenza finisce dopo due periodi di incubazione completi, in cui non si registrano nuovi contagi. Sono 42 giorni per Ebola. Potrebbero essere 30 per SARS-CoV-2. Dopo di che, è richiesto a ogni passe di mantenere un’elevata sorveglianza per 90 giorni. Non so se mi sono spiegato, ma spero che sia chiaro. Quando vedremo la luce in fondo al tunnel mancheranno ancora diversi chilometri per essere fuori. Perciò, travolti dall’euforia, non baciate i vicini che detestavate fino a un mese prima. Continuate a farvi i cazzi vostri. Rimanete a casa il più possibile anche dopo. Finché davvero gli epidemiologi non ci diranno che possiamo tornare alla normalità. 

Che arriverà piano piano, riapriranno le attività, torneremo a sussurrarci pettegolezzi all’orecchio, con prudenza, torneremo in ufficio anziché lavorare dal divano (premuratevi di rendervi riconoscibili, nel frattempo, almeno dai vostri familiari), a cenare al ristorante, magari. Ma prima di cantare vittoria dovremo rimanere in allerta per un po’. Mettiamola così. Se tutto va bene, ma proprio bene, facciamo una festa a Ferragosto (ma proprio se ci dice culo, eh, a essere molto ottimisti, ma meglio pochi e selezionati e senza gli amici stranieri). Ditelo ai vostri amici, ai vostri parenti, ai semplici conoscenti. Proviamo a non fare i coglioni, perché resistere a una seconda botta sarebbe molto, molto più dura.

2 commenti:

  1. scusa ma non penso che la gente potrà stare in casa per più di un mese..seriamente non può succedere, la gente scenderà in piazza e succederà un casino
    e se non si muore di virus, si morirà per atti sconsiderati dovuti allo stress
    e i bambini che traumi potrebbero avere?
    i figli dei miei vicini ormai non si sentono più, prima li sentivo giocare, ridere, far casino, adesso sono muti e quando li sento si capisce che sono tristi e stressati
    la mia domanda è questa..nel 1800 tanto per fare un esempio, no antibiotici, no vaccini, quante malattie c'erano in giro mortali e non curabili? la gente viveva chiusa in casa?
    non mi risulta e la sanità di allora era quella che era, sia chiaro
    ma magari sono io strana a pensare queste cose, non so

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nell'Ottocento c'erano altre malattie che oggi si curano, come la febbre puerperale.

      Oggi abbiamo malattie degenerative a iosa, che nell'Ottocento non c'erano.

      Praticamente, non c'è stato nessun vantaggio nei progressi della medicina.

      Elimina