Tratto da "Incompatibilità ambientale" - 1996
Il
giorno previsto per l'escursione, la rappresentante di classe aspettò Cosimo in
piedi, con le braccia incrociate e battendo nervosamente la punta della scarpa
sul pavimento. Cosimo, che si era consigliato precedentemente con un collega di
cui aveva stima, sapendo che talvolta si può dare dimostrazione d'intelligenza
anche essendo un po' meno rigidi, quando la donna gli chiese, seria in volto:
"Allora, maestro, che intenzioni ha?", dopo un attimo di pausa,
rispose: "Va bene. Partiamo!". Il pericolo fu scongiurato, anche se
da quel giorno la rappresentante di classe lo prese in antipatia, i bambini si
divertirono come matti e pure Cosimo apprezzò la scampagnata, mangiandosi due
belle fette di formaggio Montasio.
L'anno in cui insegnò a Moggio va ricordato anche per un altro motivo. Si
chiamava Tiziano: era grande e grosso e figlio di genitori separati.
Evidentemente, la cosa non gli era piaciuta perché covava una grossa dose di
rabbia, oltre a non aver voglia di fare niente. Il padre, tanto per cambiare,
era seguace di Diana e lo portava con sé non solo alle battute di caccia ma
anche nel cortile di una macelleria per fargli vedere come macellava i maiali.
Come si suol dire, proprio un'educazione edificante! Tiziano brillava per le
sue spiccate doti di aggressività, soprattutto nei confronti di Cristian, che
interpretava il ruolo del pulcino bagnato, personaggio questo che non manca mai
né nelle scolaresche né nelle aie. Tutti davano addosso a Cristian, forse perché
soffriva di eczema, o perché era timido per natura. Un giorno Cosimo vide
Tiziano inseguire Cristian, armato di compasso acuminato, canticchiando la
canzone tipica della corrida, segno che le sue intenzioni erano solo quelle di
divertirsi un po' con il terrorizzato compagno, trasformato per l'occasione in
toro da trafiggere.
Ad una persecuzione analoga, qualche anno dopo, a Varmo, fu sottoposto
Fabio, anch'egli bambino problematico e anche in questo caso a far le veci del
persecutore era Filippo, figlio di un cacciatore. Se però Cosimo si azzardava,
con le sue colleghe, ad affermare che c'è un nesso tra l'istintiva aggressività
dei bambini e quella regolamentata dei loro padri cacciatori, veniva tacciato
di fanatismo ed accusato di essere un visionario di parte. Intanto le vittime
(bambini timidi e selvaggina) continuavano a soffrire.
La diversa indole di questi ultimi due fanciulli emerse anche in
occasione di un'operazione di salvataggio promossa da Cosimo nei confronti di
qualche centinaio di girini che rischiavano di morire a causa della siccità, dato
che la pozzanghera in cui si trovavano, posta vicina alla scuola, si stava
prosciugando per il gran caldo. Fabio raccolse con entusiasmo quelli che lui
chiamava gingerini e li depose delicatamente in un recipiente con acqua
limpida. Anche Filippo raccolse molti girini, solo che, una volta tornato in
classe, come provocazione nei confronti di Cosimo, si divertiva a tirarli fuori
dall'acqua mostrandoglieli agonizzanti e in tali occasioni il maestro vedeva
nei suoi occhi lo stesso brillio di compiaciuto sadismo che aveva quando
torturava il compagno.
Man mano che passavano gli anni, facendosi forte del suo esser di ruolo e
quindi apparentemente in una botte di ferro, Cosimo cominciò a sentirsi al
sicuro sul piano sindacale e sempre meno disposto a scendere a compromessi
con la sua coscienza. Oltretutto, le sue convinzioni filosofiche erano maturate
nel senso di una certa intransigenza e nella direzione di un serio rispetto dei
principi nei quali credeva da anni. "Se non io, chi? Se non ora
quando?", si chiedeva Cosimo in quel periodo. Cioè, se non avesse educato
lui quegli alunni, e subito, senza aspettare l'evoluzione spirituale di
un'umanità futura, chi altri avrebbe potuto instillare i germi della sacralità
della vita e degli esseri a quei bambini pescatori, figli di pescatori,
carnivori, figli di carnivori.
Fu così che, poco per volta, riemerse spontaneamente con più vigore la sua verve predicatoria; che riprese a dire pane al pane e vino al vino; che cominciò a chiamare le cose con il loro nome senza falsi paraventi e senza arroganti giustificazioni. Fu così che, quando capitava l'occasione, metteva in chiaro coi bambini, coi loro genitori e con i colleghi quelli che dovevano essere i corretti rapporti tra l'uomo e gli altri animali, argomenti che erano per lui il frutto di lunghe meditazioni.
Fu così che, poco per volta, riemerse spontaneamente con più vigore la sua verve predicatoria; che riprese a dire pane al pane e vino al vino; che cominciò a chiamare le cose con il loro nome senza falsi paraventi e senza arroganti giustificazioni. Fu così che, quando capitava l'occasione, metteva in chiaro coi bambini, coi loro genitori e con i colleghi quelli che dovevano essere i corretti rapporti tra l'uomo e gli altri animali, argomenti che erano per lui il frutto di lunghe meditazioni.
L'uccisione di un pollo, cosa che in campagna avviene spesso, diventava grazie alle parole di Cosimo, quello che è realmente: assassinio. E così la pesca, la caccia e la macellazione in generale diventavano quello che erano in effetti e che nessuno aveva il coraggio di ammettere: un abominio. E se una mamma si presentava (come accadde a Varmo) al colloquio con gli insegnanti indossando una pelliccia di rat musqué, Cosimo non poteva fare a meno di interrogare gentilmente l'incauta signora chiedendole se sapesse quanti roditori erano stati assassinati per produrre quell'infame capo d'abbigliamento.
Oppure se un alunno (non per niente figlio della donna impellicciata)
raccontava in classe l'esito di una passeggiata in montagna dicendo, fra
l'altro, di aver raccolto i ciclamini, Cosimo non poteva fare a meno di
spiegare al finciullo che il ciclamino è una specie protetta e come tale non va
raccolta.
L'episodio che diede la stura alla fanatica opposizione dei genitori di
Varmo nei confronti del maestro Cosimo avvenne nel dicembre del 1990. Com'è
consuetudine quando si avvicinava Natale, gli insegnanti facevano preparare ai
bambini un lavoretto da portare in dono ai genitori, può essere un oggettino di
cartone o di terracotta, oppure anche solo un disegno, ma immacabilmente
accompagnato da una letterina. Capitò, quasi casualmente, che anche Cosimo
decidesse di partecipare alla tradizionale abitudine, ma a modo suo, secondo il
suo stile.
Procuratosi un cartoncino postale, disegnò un maiale in fuga con una catena spezzata al collo, inseguito da un uomo armato di coltello. Il fumetto del macellaio diceva: "Vieni qua, brutto porco!"; quello del maiale: "Mio Dio, salvami da questa scimmia assassina!", mentre la didascalia, in calce, augurava: "Un Natale di pace a tutte le vittime dell'ingordigia umana".
Procuratosi un cartoncino postale, disegnò un maiale in fuga con una catena spezzata al collo, inseguito da un uomo armato di coltello. Il fumetto del macellaio diceva: "Vieni qua, brutto porco!"; quello del maiale: "Mio Dio, salvami da questa scimmia assassina!", mentre la didascalia, in calce, augurava: "Un Natale di pace a tutte le vittime dell'ingordigia umana".
Cosimo ne fotocopiò tante copie quanti erano i bambini e li diede loro da
portare ai genitori. E' significativo che alcuni alunni si rifiutassero di
portare tale disegnino ai propri genitori, subodorando per istinto aria di
tempesta. Il messaggio infatti deve aver colto nel segno facendo forse emergere
ancestrali sensi di colpa, poiché la reazione dei genitori non si fece
attendere. Arrivò puntuale, ma per la verità Cosimo non se l'aspettava, la
lettera di protesta del loro rappresentante di classe che, fra le altre cose
diceva: "Pur rispettando le sue discutibili convinzioni, ci troviamo
preoccupati nel vedere un vistoso turbamento e un forte disagio negli alunni
rispetto a tali argomenti. Perciò è nostro dovere di genitori di invitarla al
puro insegnamento delle materie scolastiche. Inoltre la diffidiamo ad insistere
a forzare le deboli menti dei bambini, ed a causare ulteriori traumi".
Leggendo tali note, Cosimo non poté fare a meno di chiedersi quale fosse
l'entità del turbamento infantile e quale ne fosse la vera causa. Dal momento
che i bambini si fidano dei grandi, in primis ovviamente i loro genitori, che
cosa li turba di più? Scoprire la sistematica cattiveria degli adulti verso le
bestie, convalidata dalla cultura dominante, mentre una vocina interiore dice
loro che gli animaletti sono nostri fratelli, o accorgersi che non tutti gli
adulti sono complici dell'universale assassinio ma ci sono anche alcuni, come
Cosimo, che non sono d'accordo con il genocidio?
Dato per certo che un qualche turbamento, di qualunque genere esso sia
stato, abbia effettivamente colto qualche alunno in seguito alle lezioni
dell'insegnante, è più grave, sul piano della morale universale, non di quella
cattolica di cui si conoscono i limiti, l'ingiustificata e fatale violenza ai
danni di milioni di creature indifese o il passeggero turbamento di natura
conflittuale, generatosi in alcuni bambini invitati ad astenersi dall'alimentazione
carnea?
Davvero la specie umana è così invincibilmente egoista da passar sopra
tranquillamente all'ingiustizia, alle sofferenze, al terrore e alla morte
arrecati a innumerevoli vittime animali, al punto da considerare insignificante
tutto ciò e infinitamente più grave il momentaneo cruccio di pochi fanciulli?
Circa il pedestre invito a limitare l'insegnamento alle materie
scolastiche, Cosimo sapeva bene quanto ridicola fosse soltanto l'idea di poter
autorizzare alcune argomentazioni e di censurarne altre. A quale autorità
morale si potrebbe delegare il compito di fare una cernita tra le tematiche
buone, dotate di divino nulla osta, e quelle cattive, meritevoli di scomunica?
E' ovvio che istituendo un simile organismo, facente funzioni di comitato
etico, si rischia di finire nel vicolo cieco dell'oscurantismo e della
dittatura. La tolleranza, in fatto di cultura, è sempre la strategia migliore
da seguire, ed è preferibile perfino sorvolare su cose di cattivo gusto
piuttosto che imporre la mannaia della censura, preludio di tirannia.
[continua qui]
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Cosimo ha l'obbligo di militare affinché per procreare necessiti l'autorizzazione sociale, dal momento che a lui viene richiesta quella per istruire le stesse creature.
RispondiEliminaAi patentati per circolare con veicoli è vietato sostare il proprio mezzo in aree con divieto, naturalmente la mia è una metafora.
Reca più nocumento un veicolo in divieto di sosta od un infante maleducato?
Cioè stai dicendo che per mettere al mondo un figlio non servono autorizzazioni, ma per istruirlo sì?
EliminaNon credo di aver capito bene il tuo pensiero.
Aboliamo la scuola, ché facciamo prima.
Così ognuno si educa i suoi.
L'esatto contrario, per procreare è doveroso possedere l'autorizzazione sociale per insegnare no, è l'alunno che si sceglie il mentore.
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