Testo
di Fabio di Todaro
I
casi segnalati, in due mesi e mezzo, sono 119: poco più del triplo rispetto
agli stessi conteggiati nell’intero 2013. I morti sono quaranta: un terzo
rispetto al totale dei contagi. Così, nel momento in cui l’Ebola scivola via
dalle pagine dei quotidiani, dall’Africa arriva un altro allarme. «Non è da
escludere una rapida diffusione della peste in Madagascar», è il messaggio
diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’attenzione è posta sull’intero
Paese. L’infezione risulta partita da alcuni villaggi periferici ed è nel
frattempo arrivata ad Antananarivo, la capitale dell’isola posta nell’oceano
Indiano, di fronte al Mozambico. Qui sono stati registrati due casi di
malattia: di cui uno fatale, però. Così il livello di guardia s’è alzato.
Risulta già attiva una task force - coinvolte l’Oms, la Croce Rossa e l’istituto
di ricerca Pasteur - per circoscrivere l’epidemia. Un aiuto è giunto anche dall’African
Development Bank, l’istituto transnazionale che promuove investimenti per lo sviluppo
dell’intera regione: duecentomila i dollari erogati per evitare l’aumento dei
contagi.
Un
anno dopo l’ultima allerta riguardante il Perù, la peste torna dunque ad
affacciarsi in maniera sensibile in Africa. La malattia, provocata dal batterio
yersinia pestis, è considerata endemica nella parte subequatoriale del
continente. Possono variare i numeri, ma la peste - dal 500, quando si affacciò
nei territori dell’attuale Turchia -, risulta sempre presente: in Africa come
in alcune zone dell’Asia e dell’America meridionale. Quella in corso potrebbe
essere una nuova epidemia. Nel silenzio generale, infatti, in due mesi sono
stati raccolti numeri doppi rispetto a quelli raccolti in anni interi, dal 1990
in avanti. Considerata la persistenza dell’infezione in Madagascar, la causa di
questa recrudescenza sarebbe da cercare nel largo uso che si fa degli
insetticidi, verso cui le pulci - che veicolano l’infezione dai roditori all’uomo
- avrebbero sviluppato un meccanismo di resistenza.
Ciò
che conforta, rispetto alla propagazione di altre epidemie, è la possibilità di
intervenire in maniera risolutiva. La forma polmonare della peste, riscontrata
nel 2% dei casi in Madagascar, è la più pericolosa, anche in ragione della
possibilità di essere trasmessa per via aerea da un uomo all’altro. Ma la
risposta agli antibiotici, comunque, è rassicurante. «Una somministrazione
tempestiva di tetracicline permette di superare la malattia senza conseguenze»,
chiarisce Nicola Petrosillo, direttore del dipartimento di malattie infettive
dell’Istituto «Lazzaro Spallanzani» di Roma. Non è un caso che l’Organizzazione
Mondiale della Sanità non raccomandi restrizioni ai viaggi verso l’isola, meta
ambita dagli italiani durante la stagione invernale. Ciò che conta è mantenere
un adeguato livello di igiene. L’infezione, in media, ha un’incubazione di 5-6
giorni. Eccetto le forme polmonari, il batterio, dopo la puntura della pulce
(riconoscibile attraverso un puntino rosso e un lieve fastidio sulla cute),
raggiunge i linfonodi e li fa gonfiare: da qui l’etichetta di peste bubbonica.
Altri sintomi a cui prestare attenzione: la febbre alta e l’astenia.
Nessun commento:
Posta un commento