Fonte: Qelsi
Colonia, Amburgo, pure
Zurigo. Nella notte di capodanno in queste città si sono consumate
molestie, violenze e addirittura alcuni stupri. La vicenda ha diviso
e non poco l’opinione pubblica, con una esigua minoranza che sta
“giustificando” le violenze o comunque invitando a non
generalizzare contro gli immigrati di fede musulmana. Ma come si pone
l’Islam riguardo lo stupro? Ce lo racconta molto bene questo
articolo postato sul blog di Luisa
Betti. Sempre secondo il Corano, una donna
per poter provare a un giudice di essere stata violentata ha bisogno
di quattro testimoni. Perciò, sebbene la pena imposta dalla sharia
per lo stupro è la pena capitale, la consuetudine di dover
dimostrare la violenza attraverso la testimonianza di 4 maschi,
impedisce alle donne di avere giustizia in quanto, il più delle
volte, l’accusa di stupro – in cui è difficilissimo portare
davanti al giudice 4 testimoni – diventa un’accusa di adulterio o
di pratiche sessuali fuori dal matrimonio per la donna che viene così
arrestata. Solo in Pakistan, per esempio, quasi il 75% delle donne è
in prigione per aver denunciato uno stupro.
In generale la violenza contro le
donne per l’Islam è grave in quanto lede la «proprietà»
dell’uomo – che in molti casi non «riprende indietro» la donna
ormai disonorata – ma non è considerata assolutamente come un
crimine se, per esempio, si svolge dentro le mura domestiche: la Sura
An-Nisâ’ (IV, 34) recita: «Ammonite quelle donne di cui temete
l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se
poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse». Per il
Corano è quindi lecito che l’uomo picchi la moglie non ubbidiente,
come una forma di disciplina quando la persuasione «benevola»
fallisce, perché il potere che è dato a un marito nei confronti
della donna, in alcuni paesi musulmani, non è travalicabile né dai
genitori né dalla polizia.
Hirsi Ali, la scrittrice somala che ha
vissuto in Olanda, eletta in parlamento nel 2003 e scappata negli Usa
nel 2006 dopo l’omicidio del regista Theo van Gogh ucciso dai
fondamentalisti islamici per l’uscita del film Submission – di
cui lei ha scritto la sceneggiatura – dichiara esplicitamente come
«l’Islam sia imbevuto di violenza e la incoraggi». Per Hirsi Ali
– che ha scritto « Non sottomessa », «Infedele », « Se Dio
non vuole» e «Nomade » – l’Islam non è compatibile con con i
diritti delle donne in quanto «per modernizzare l’Islam e
adattarlo agli ideali contemporanei, è necessario porsi in
atteggiamento critico nei confronti del Corano e dei precetti in esso
contenuti: in una parola, è necessario dialogare con Dio e
dissentire dalle sue leggi». Cioè è necessario porsi in maniera
laica, come l’Occidente ha fatto nei confronti della Chiesa
cattolica, cercando di escludere quest’ultima dagli affari politici
e sociali.
«In Afghanistan le donne manifestano
contro pratiche previste dalla legge islamica – spiega la
scrittrice – ma le organizzazioni femministe occidentali non sono
per niente critiche dell’Islam. Ascoltano la minoranza di uomini
che usano l’Islam come strumento per sottomettere le
donne». Sottoposta a infibulazione a 5 anni, e fuggita a 22 da
un matrimonio combinato, Hirsi Ali cominciò a vivere la sua vita
solo dopo essersi liberata dalla famiglia e dai fardelli religiosi
che le imponevano un’esistenza che lei non desiderava: attualmente
lavora a Washington presso l’American Enterprise Institute, e si
occupa di diritti delle donne islamiche e della violenza di genere
per ragioni culturali o religiose.
Avevo sentito dire che in Marocco uno stupratore viene assolto se entro 24 ore sposa la sua vittima. Cosi un cesso ultra 65enne può stuprare un fiorellino di 15 e poi averla come sua schiava per sempre. Ho capito male?
RispondiEliminaNon ho idea, ma dall'ultimo marocchino che ho incontrato sono venuto a sapere che a Casablanca è pieno di bar che vendono alcolici, che se ci si ubriaca conviene andare dritti a casa, perché se si comincia a fare casini arriva la polizia e si finisce in carcere.
EliminaQuasi quasi sono, da questo punto di vista, più civili di noi, poiché gli ubriachi nostrani fanno quello che vogliono e raramente finiscono in carcere per ubriachezza molesta.