Testo
e foto di Francesco Spizzirri
Con
Pascaline eravamo a Manakara. Il nostro primo viaggio in treno da Fianarantsoa
a Manakara, dal centro dell'altipiano alla costa est. Si viaggia nella foresta
pluviale, sulle montagne, con cascate e fiumi. Si parte tra le coltivazioni di
the di Sambary e si arriva nella pianura verdissima delle coltivazioni di
riso di Manakara. Un viaggio da raccontare a parte. Tutti i giorni andavamo al
mercato, il posto migliore per fare fotografie, più per guardare che per
comprare dal momento che vivevamo in albergo, albergo malgascio
naturalmente, e quindi non dovevamo comprare niente per mangiare, escluse le
aragoste che andavamo a comprare in spiaggia. E bisognerebbe anche qui
parlare della differenza tra albergo malgache e dell'albergo vazaha. Manakara non è mai stata una meta turistica,
per cui non c'erano vazaha in
giro e al mercato c'erano solo prodotti per malgasci quindi prodotti poveri
di semplice sussistenza. Giravamo per il mercato solo per passare il tempo
al mattino e Pascaline mi accompagnava senza entusiasmo, perché lei di
povertà ne conosceva abbastanza. Io al contrario mi immergevo completamente
nell'atmosfera malgascia.
Questa
è l'imbecillità di noi abitanti del Primo Mondo, che amiamo perderci nella
povertà del Terzo Mondo, in cui sentiamo di riscoprire l'origine della vita
ma scappiamo al primo problema. Io d'altronde sento di essere ritornato a
casa quanto cammino con i piedi nudi sulla terra rossa dell'Africa.
Finalmente sto bene e mi sento un estraneo quando cammino sui marciapiedi della
città in cui sono nato, con una sensazione di rifiuto di tutto quello che
mi circonda, che vedo come falso ed inutile. Salvo poi rimpiangere l'ospedale o
il frigorifero che abbiamo lasciato in Europa.
Un
mio amico, della mia città, purtroppo morto da poco, provava la stessa
sensazione camminando nelle piste rosse del Sud Africa e lo spiegava così:
ci sentiamo bene e tranquilli perché noi veniamo da lì e sentiamo che siamo
tornati dove siamo originati. Ecco, TRANQUILLITA' dentro di noi, quello
che si provava una volta in Madagascar, adesso è tutto cambiato. Al contrario
a casa siamo sempre inquieti, insoddisfatti, tristi.
Comunque, ormai conoscevo bene tutto il mercato non grande di Manakara, con i
suoi poveri e i suoi matti. Un giorno tornando dalla strada della
stazione, ero rimasto da solo perché Pascaline si era fermata da qualche parte
e mi sono fermato ad aspettarla all'angolo esterno del mercato dove ho
visto la ragazza. Era seduta fuori da una capanna e solo osservando bene si
potevano vedere i suoi piedi pieni di parassiti, le pulci della sabbia.
Parlando con la donna della piccola epicerie di fianco mi è stato detto che la ragazza
sarebbe morta in breve tempo. La aiutavano, al mattino, a sdraiarsi sulla
stuoia e alla sera la rimettevano nella sua capanna. Non poteva
più camminare, non parlava, era senza denti e non si era liberata dai
parassiti dall'inizio, segno dell'incapacità mentale di gestire la
sua vita. Era giovane, sicuramente molto più giovane di quello che
mostrava il suo viso, bella, eppure era buttata come uno straccio in
un angolo del mercato.
Le ho comprato una zuppa e una Coca Cola e all'arrivo di Pascaline siamo
ritornati all'albergo. Pascaline, abituata al Madagascar, provava
indifferenza verso la ragazza, comunque il giorno dopo mi ha accompagnato in
farmacia a comprare degli antibiotici e ho dato dei soldi alla donna
dell'epicerie per pagare qualcuno che ripulisse i piedi della ragazza. In fondo
non è così difficile togliere le pulci della sabbia e le loro uova dai
piedi, è successo anche a me di prenderle. In Madagascar è la norma e ho sempre
trovato qualcuno che me le toglie. Pascaline faceva tutto quello che
volevo con scetticismo, solo per compiacermi. Sapeva che la ragazza
non avrebbe mai preso gli antibiotici e la donna dell'epicerie non avrebbe
mai pagato nessuno. E inconsciamente lo sapevo anch'io, ma come al solito
volevo ripulirmi la coscienza con quattro soldi.
Tu
Roberto mi dici dei tuoi rimorsi per non avere accompagnato il vecchio
con l'alzheimer a casa, vedi quanti rimorsi ho io anche se tu mi giudichi
un cinico. Perché non mi sono fermato una settimana in più a Manakara? E
invece sono partito il giorno dopo?
Potevo farla curare, non era una cosa difficile o impegnativa, eppure sono
ripartito per il mio viaggio. Il nostro egoismo è quello di guardare,
impietosirci e poi passare ad altro. I malgasci sono meno ipocriti di noi, non
fanno nulla ma almeno non si impietosiscono. Se, raramente fanno qualcosa
di altruistico, lo fanno istintivamente e basta. Non ho più rivisto
la ragazza e, ipocritamente, spero che si sia salvata, in fondo erano solo
pulci della sabbia. Con la nostra mentalità, della ricca Europa, vediamo
sempre la risoluzione positiva dei problemi. (Anche se adesso le cose stanno
cambiando, e molto, in peggio). In Madagascar invece c'è il fatalismo e la
rassegnazione, una cosa che ho visto sempre come negativa per il progresso di
un popolo. E purtroppo questo fatalismo e questa rassegnazione li sto
vedendo sempre più anche in Italia. Una grande nazione ed un grande popolo,
che comprendiamo solo quando siamo lontani, massacrati da una politica
volutamente, ripeto volutamente, insensata e incapace.
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