Le
montagne mammellonari nei pressi di Ranohira sono lì da milioni d’anni e
nessuno le ha spostate. La fama di villaggio poco raccomandabile di Ilakaka è
stata forse leggermente scalfita da quella di Betroka, sede di Remenabila,
letteralmente “quello dalla giacchetta rossa”, capo di una banda di 400
ladroni. A Vineta continuano ad esserci affioramenti di cristalli di calcite,
oltre che di fossili. Quando i viaggiatori passano per Mahaboboka continuano a
provare un po’ di apprensione, poiché quattro anni fa qualcuno sparò a un
taxi-brousse di passaggio per cercare di uccidere l’autista, ma il colpo, anche
a causa dell’oscurità, non andò a segno e i passeggeri evitarono di essere
rapinati. Ad Andranovory le venditrici volanti continuano a vendere pezzi di
Tenrec riccio, arrosto, benché l’UICN abbia messo tale specie nella Lista Rossa
di quelle in pericolo d’estinzione. A Ihosy i taxi-brousse continuano a fermarsi per il pranzo di
passeggeri e autisti presso l’hotely Nirina, che cucina bene e fa pagare poco,
un po’ come i ristoranti dei camionisti da noi. E dietro il ristorante continua
ad esserci un solo WC a disposizione, così che si formano lunghe code per
accedervi, prima o dopo aver mangiato. A Sakaraha continuano ad esserci
commercianti di gemme, originari di Sri Lanka e Thailandia, e a spostarsi a
bordo di grosse autovetture, segno che quello delle pietre preziose è un
business che rende.
Anche
il cieco di Fianarantsoa è ancora in servizio, mentre la vecchina che piangeva
a comando per chiedere l’elemosina non l’ho vista: forse Zanahary l’ha voluta
con sé e sotto il suo materasso, dopo averla seppellita, qualcuno deve aver
trovato una piccola fortuna. Il musicista non vedente della gare routiere di Fianarantsoa l’ho fotografato una prima volta nel
2008 e una seconda domenica 20 luglio scorso.
L’unica differenza che ho notato
è che non usa più l’armonica a bocca, ma si è specializzato nel canto,
accompagnandosi con la chitarra. Sembra che abbia un discreto successo di pubblico perché gli astanti ridono di gusto. Qui lo vediamo fotografato a distanza di sei
anni.
Anche
i bambini di strada (a sinistra la foto da me scattata sei anni fa) continuano
a dormire sul marciapiede della gare routiere, nonostante a Fianarantsoa ci siano missioni
cattoliche molto ben organizzate, che offrono vitto e alloggio ai senza casa,
come ho avuto conferma parlando con il giovane volontario siciliano
incontrato al Dragon d’or. Evidentemente, come succede anche da noi, molti
barboni preferiscono vivere sulla strada piuttosto che uniformarsi alle regole
imposte dalle strutture di accoglienza. Preferiscono affrontare una vita di
stenti, anziché rinunciare alla libertà, ovvero al concetto distorto che molti
di loro hanno della medesima.
Ai
bambini, però, (eccoli fotografati il 20 luglio scorso) come pure ai malati di
mente incapaci d’intendere e di volere, non dovrebbe essere permesso di
decidere quale stile di vita vivere, perché sia i minori che gli schizofrenici
come la mia barbona Jeannette, hanno bisogno di assistenza e hanno
diritto a tutti quei vantaggi che la società civile ha predisposto per essi. Ma
qui siamo nel Terzo Mondo, dove vigono ancora regole arcaiche di sopravvivenza.
E sembra che nessuno degli indigeni ci faccia caso. Anzi, è più facile che un
volontario occidentale provi qualche ripensamento di natura filosofica,
piuttosto che un malgascio accetti o anche solo comprenda la mentalità dei
bianchi. Pure Niccolò, dopo due anni e mezzo di Madagascar, ha perso tutte le
certezze che aveva prima, per sua stessa ammissione.
L’unica
certezza è che se qualche cambiamento si verifica è nei mezzi tecnologici e non
nella moralità. Ho visto infatti barboni all’imbrunire rovistare nei cassoni
delle immondizie facendosi luce con il cellulare. Ho visto, incrociata sulla
Route Nazionale numero 7, una jeep gialla mostruosamente grande, di
fabbricazione americana e che solo funzionari statali corrotti e malgasci
vergognosamente ricchi possono permettersi. Quasi tutti i ristoranti e gli alberghi hanno il wi-fi e
Francesco Spizzirri mi diceva di aver visto, solo nella città di Tamatave,
circolare tre o quattro Porsche Cayenne, che anche in Italia sono rari dato il
loro costo. Ho visto diversi giovani gasy di buona famiglia muniti di tablet e
cellulari di ultima generazione.
Ma
basta andare fuori città, usufruendo dei taxi-brousse come di una poltrona a
teatro, per ripiombare nella preistoria più squallida, con usi e costumi che
definire barbari è dir poco. La circoncisione dei bambini maschi lo è. La
macellazione degli zebù anche. Il linciaggio a furor di popolo e senza
processo, com’è successo a Nosy Be nell’ottobre scorso, pure. E anche il
comportamento dei gasy rurali, quando mettono le mani su un ladro di bestiame.
Tina
infatti, quando, attraversando un villaggio di etnia Betsileo, abbiamo visto
venire avanti una gran folla che spingeva davanti a sé una piccola mandria di
zebù e tirava un carretto scoperto, mi ha detto che avevano appena ucciso un malaso, perché così si fa nella brousse, tanto sono odiati i ladri di bestiame, senza che la
polizia intervenga. Anzi, vi sono stati dei casi in cui è la polizia stessa,
dopo aver ingaggiato conflitti a fuoco, a giustiziare coloro che commettono
abigeato e a bruciarne i corpi. Se non è barbarie questa!
Francesco
dice di aver smesso di giudicare. A Niccolò sono crollate tutte le
certezze. Questi sono gli effetti che il Madagascar provoca sui vazaha. Una sterzata verso il cinismo esistenziale. A me
non è ancora passato il vizio di emettere giudizi, cosa che mi fa apparire
altezzoso e un po’ snob, ma temo che anche dentro di me stia succedendo
qualcosa a livello psicologico e ancora non ho capito se si tratti di una
metanoia negativa o positiva. Solo il futuro potrà darmi, forse, qualche
risposta in merito.
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