Ed
eccoci a Tulear, una popolosa città costiera del sud che visitai per la prima
volta nel 2006. Negli ultimi anni è andata incontro a un vistoso cambiamento:
la sparizione dei pousse pousse,
sostituiti dai ciclo-poussy. Complici i vari cicloni che si sono susseguiti
regolarmente e che ne hanno decimati a centinaia, di pousse pousse autentici ne sono rimasti pochi in circolazione. Il
nome italiano di tale mezzo di trasporto è “risciò”, di origini cinesi, e non è
un caso che lo si trovi anche in Madagascar perché anche i malgasci sono
originari di quelle parti. Di Borneo e Sumatra, per la precisione. Oltre alla
lingua malgascia, un dialetto simile alla quale si trova proprio in Borneo, ci
sono gli usi (barbari) e i costumi che stanno a testimoniare la loro lontana
provenienza. In Madagascar infatti si macellano gli zebù in ogni speciale
ricorrenza esattamente come fanno in Nepal in onore della Dea Kalì. I malgasci
non hanno mai sentito parlare di quest’ultima, ma a sacrificare gli omby, gli zebù, ci riescono benissimo. Anche la folla che
ho incontrato in territorio Bara e che spingeva una piccola mandria di
zebù, tirandosi dietro il morto dentro il carretto, stava andando a
sacrificarne uno, in concomitanza con la sepoltura del cadavere.
Per
i malgasci il culto degli antenati è fondamentale. In questi giorni di
spostamenti tramite taxi-brousse
mi è già capitato di vedere macchine fuoristrada o pulmini noleggiati
trasportare le bare di persone che vengono seppellite nelle terre d’origine.
Poiché vicino alla bara sul tetto del mezzo viene messa anche la bandiera
nazionale, tutti sanno che quello è un trasporto speciale, degno di reverenza e
rispetto. Se i malgasci fossero cattolici di fatto oltre che di nome, si
farebbero il segno della croce al suo passaggio. A Tulear, fianco a fianco
proprio in centro città, ci sono il cimitero dei vazaha, contenente i corpi dei soldati francesi uccisi
nella guerra d’indipendenza del 1947, e il cimitero gasy. Quello dei Karana musulmani è da un’altra parte. I
cinesi, come a Prato tutti sanno, spediscono i loro morti in Cina dentro i containers.
Su
indicazione di Francesco, di cui abbiamo già potuto ammirare le belle foto, nel
lontano 2006 presi alloggio presso l’hotel Al Shame, di proprietà allora come
oggi di Monsieur Salim. Siccome per me seguire i binari dell’abitudine è
rassicurante, anche domenica scorsa io e Tina ci siamo fiondati in tale albergo
direttamente dalla gare routiere
di Tulear, dopo una sgroppata di 550 Km. Che il signor Salim abbia introdotto
il wi-fi è stato un motivo in più per sceglierlo nuovamente, anche se poi, alla
prova dei fatti, la connessione internet non mi è riuscita e il computer mi
andava continuamente in blocco.
Tuttavia,
il signor Salim è rimasto quel gentiluomo di sempre: in molte occasioni mi è
venuto incontro con i prezzi, dimostrandomi amicizia e rispetto. Per questa
ragione, prima della mia partenza avvenuta il 5 luglio scorso, ero andato a
Udine per cercargli un regalo. Avevo in mente uno di quei quadretti devozionali
che piacciono anche ai musulmani e infatti ne ho trovato uno con una scritta in
arabo e con l’immagine di un libro aperto e quando si tratta di libri, in
riferimento all’Islam, non c’è modo di sbagliare su quale esso sia. Coerentemente
con la loro religione che vieta l’idolatria, in quei quadretti non ci sono
figure umane. Al massimo paesaggi notturni con la mezza luna in cielo oppure
disegni o foto della Mecca. Al venditore musulmano di Udine, mentre stavo per
comprare la stampa da regalate a Salim, ho chiesto cosa vi fosse scritto.
L’uomo ha tergiversato dicendomi che era traduttore ufficiale dall’arabo
all’italiano e che svolgeva tale servizio solo a pagamento. Risposta assurda e
infatti poi, pensandoci su, mi è venuto in mente che noi per loro siamo
infedeli e quindi non meritevoli di essere messi a conoscenza delle sacre
scritture coraniche. Della serie: non date le perle ai porci. Ho riferito al
signor Salim questo aneddoto e anche lui, con il suo amichevole savoir fair, si è limitato a tradurre il nome di Dio, Allah, da
quel segno grafico in lingua araba che potrebbe essere paragonato al
pentagramma veterotestamentario YHWH.
A
me non piacciono le “genti del Libro” e i miei lettori sanno bene come la pensi
in proposito. Tuttavia, quell’apparente contraddizione che avevo notato in
Francesco già nel 2006, quando era della Lega Nord e indicava nella presenza di
musulmani in Italia un pericolo, la ritrovo ora anche in me stesso. Francesco
parlava male dei musulmani ma poi frequentava i loro alberghi (Salim) e i loro
negozi. Io sono d’accordo con Oriana Fallaci e vedo in atto una lenta
islamizzazione dell’Europa, ma poi, quando faccio i mercatini dalle mie parti,
saluto sempre gli arabi con un “Salam aleikum”, ricambiato con meraviglia e
piacere con un “Aleikum salam”. E con alcuni di essi socializzo senza problemi.
Dunque,
la contraddizione non c’è, perché siamo tutti uomini in cerca di felicità,
ciascuno a suo modo. I problemi sorgono quando un’etnia cerca di prevaricare
sull’altra e anche la macellazione “halal”, per me, è già una forma di
prevaricazione nei miei confronti. Va detto però che in quest’ultimo periodo
qualcuno sta premendo sull’acceleratore della xenofobia, e lo fa in vista della
prossima terza guerra mondiale, che secondo me ci sarà tra Occidente e Mondo
Arabo.
Trovandomi
in Madagascar con scarsa e lenta connessione internet ho poco tempo per seguire
le notizie dal mondo, ma su Facebook mi è capitato d’incontrare il faccione di
un sedicente fondamentalista islamico, sostituto di Bin Laden, che minaccia di
occupare Roma e il suo Vaticano, in quanto sede del cristianesimo, e di
invadere Londra e decapitarvi tutti i cristiani che non si sottometteranno
all’Islam. A me queste sparate sembrano pura e semplice e becera propaganda
bellica, allestita da quella parte di guerrafondai occidentali che spingono il
mondo verso il baratro. E’ facile immaginare chi tiri le fila di queste
manovre.
Monsieur
Salim è una persona rispettabile, è cintura nera di judo, organizza tornei e il
ministro malgascio dello sport si rivolge a lui per consultazioni. A Tulear i
Karana di origini arabe gestiscono le ferramenta, i negozi di alimentari e
quelli di elettrodomestici. In pratica hanno in mano l’economia del Madagascar.
Però nel 1986 ci fu una guerra contro di loro ed è possibile che l’odio
razziale covi ancora sotto le ceneri. Cosa succederà al signor Salim quando e
se dovesse scoppiare una guerra tra Usraeliani e Arabiani?
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