martedì 22 luglio 2014

L’ineludibile scissione tra personale e politico



Ed eccoci a Tulear, una popolosa città costiera del sud che visitai per la prima volta nel 2006. Negli ultimi anni è andata incontro a un vistoso cambiamento: la sparizione dei pousse pousse, sostituiti dai ciclo-poussy. Complici i vari cicloni che si sono susseguiti regolarmente e che ne hanno decimati a centinaia, di pousse pousse autentici ne sono rimasti pochi in circolazione. Il nome italiano di tale mezzo di trasporto è “risciò”, di origini cinesi, e non è un caso che lo si trovi anche in Madagascar perché anche i malgasci sono originari di quelle parti. Di Borneo e Sumatra, per la precisione. Oltre alla lingua malgascia, un dialetto simile alla quale si trova proprio in Borneo, ci sono gli usi (barbari) e i costumi che stanno a testimoniare la loro lontana provenienza. In Madagascar infatti si macellano gli zebù in ogni speciale ricorrenza esattamente come fanno in Nepal in onore della Dea Kalì. I malgasci non hanno mai sentito parlare di quest’ultima, ma a sacrificare gli omby, gli zebù, ci riescono benissimo. Anche la folla che ho incontrato in territorio Bara e che spingeva una piccola mandria di zebù, tirandosi dietro il morto dentro il carretto, stava andando a sacrificarne uno, in concomitanza con la sepoltura del cadavere.


Per i malgasci il culto degli antenati è fondamentale. In questi giorni di spostamenti tramite taxi-brousse mi è già capitato di vedere macchine fuoristrada o pulmini noleggiati trasportare le bare di persone che vengono seppellite nelle terre d’origine. Poiché vicino alla bara sul tetto del mezzo viene messa anche la bandiera nazionale, tutti sanno che quello è un trasporto speciale, degno di reverenza e rispetto. Se i malgasci fossero cattolici di fatto oltre che di nome, si farebbero il segno della croce al suo passaggio. A Tulear, fianco a fianco proprio in centro città, ci sono il cimitero dei vazaha, contenente i corpi dei soldati francesi uccisi nella guerra d’indipendenza del 1947, e il cimitero gasy. Quello dei Karana musulmani è da un’altra parte. I cinesi, come a Prato tutti sanno, spediscono i loro morti in Cina dentro i containers.

Su indicazione di Francesco, di cui abbiamo già potuto ammirare le belle foto, nel lontano 2006 presi alloggio presso l’hotel Al Shame, di proprietà allora come oggi di Monsieur Salim. Siccome per me seguire i binari dell’abitudine è rassicurante, anche domenica scorsa io e Tina ci siamo fiondati in tale albergo direttamente dalla gare routiere di Tulear, dopo una sgroppata di 550 Km. Che il signor Salim abbia introdotto il wi-fi è stato un motivo in più per sceglierlo nuovamente, anche se poi, alla prova dei fatti, la connessione internet non mi è riuscita e il computer mi andava continuamente in blocco.

Tuttavia, il signor Salim è rimasto quel gentiluomo di sempre: in molte occasioni mi è venuto incontro con i prezzi, dimostrandomi amicizia e rispetto. Per questa ragione, prima della mia partenza avvenuta il 5 luglio scorso, ero andato a Udine per cercargli un regalo. Avevo in mente uno di quei quadretti devozionali che piacciono anche ai musulmani e infatti ne ho trovato uno con una scritta in arabo e con l’immagine di un libro aperto e quando si tratta di libri, in riferimento all’Islam, non c’è modo di sbagliare su quale esso sia. Coerentemente con la loro religione che vieta l’idolatria, in quei quadretti non ci sono figure umane. Al massimo paesaggi notturni con la mezza luna in cielo oppure disegni o foto della Mecca. Al venditore musulmano di Udine, mentre stavo per comprare la stampa da regalate a Salim, ho chiesto cosa vi fosse scritto. L’uomo ha tergiversato dicendomi che era traduttore ufficiale dall’arabo all’italiano e che svolgeva tale servizio solo a pagamento. Risposta assurda e infatti poi, pensandoci su, mi è venuto in mente che noi per loro siamo infedeli e quindi non meritevoli di essere messi a conoscenza delle sacre scritture coraniche. Della serie: non date le perle ai porci. Ho riferito al signor Salim questo aneddoto e anche lui, con il suo amichevole savoir fair, si è limitato a tradurre il nome di Dio, Allah, da quel segno grafico in lingua araba che potrebbe essere paragonato al pentagramma veterotestamentario YHWH.

A me non piacciono le “genti del Libro” e i miei lettori sanno bene come la pensi in proposito. Tuttavia, quell’apparente contraddizione che avevo notato in Francesco già nel 2006, quando era della Lega Nord e indicava nella presenza di musulmani in Italia un pericolo, la ritrovo ora anche in me stesso. Francesco parlava male dei musulmani ma poi frequentava i loro alberghi (Salim) e i loro negozi. Io sono d’accordo con Oriana Fallaci e vedo in atto una lenta islamizzazione dell’Europa, ma poi, quando faccio i mercatini dalle mie parti, saluto sempre gli arabi con un “Salam aleikum”, ricambiato con meraviglia e piacere con un “Aleikum salam”. E con alcuni di essi socializzo senza problemi.
Dunque, la contraddizione non c’è, perché siamo tutti uomini in cerca di felicità, ciascuno a suo modo. I problemi sorgono quando un’etnia cerca di prevaricare sull’altra e anche la macellazione “halal”, per me, è già una forma di prevaricazione nei miei confronti. Va detto però che in quest’ultimo periodo qualcuno sta premendo sull’acceleratore della xenofobia, e lo fa in vista della prossima terza guerra mondiale, che secondo me ci sarà tra Occidente e Mondo Arabo.

Trovandomi in Madagascar con scarsa e lenta connessione internet ho poco tempo per seguire le notizie dal mondo, ma su Facebook mi è capitato d’incontrare il faccione di un sedicente fondamentalista islamico, sostituto di Bin Laden, che minaccia di occupare Roma e il suo Vaticano, in quanto sede del cristianesimo, e di invadere Londra e decapitarvi tutti i cristiani che non si sottometteranno all’Islam. A me queste sparate sembrano pura e semplice e becera propaganda bellica, allestita da quella parte di guerrafondai occidentali che spingono il mondo verso il baratro. E’ facile immaginare chi tiri le fila di queste manovre.

Monsieur Salim è una persona rispettabile, è cintura nera di judo, organizza tornei e il ministro malgascio dello sport si rivolge a lui per consultazioni. A Tulear i Karana di origini arabe gestiscono le ferramenta, i negozi di alimentari e quelli di elettrodomestici. In pratica hanno in mano l’economia del Madagascar. Però nel 1986 ci fu una guerra contro di loro ed è possibile che l’odio razziale covi ancora sotto le ceneri. Cosa succederà al signor Salim quando e se dovesse scoppiare una guerra tra Usraeliani e Arabiani?

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