lunedì 28 luglio 2014

Tromba aspirante


Un film di Renato Pozzetto di qualche anno fa, con Eleonora Giorni, s’intitola: “Mia moglie è una strega”. E’ la storia di un tranquillo borghese che scopre di aver sposato una donna che non era quello che appariva, ma qualcosa d’altro, una strega, appunto. Quella che ho sposato io in seconde nozze è una popolana malgascia che da un anno a questa parte si è messa in testa di diventare tromba (pronuncia ciumba), che è il corrispettivo femminile di ombiasy. Tina ha grandi potenzialità: potrebbe fare la sarta, la cuoca, la donna delle pulizie e perfino l’interprete e la guida turistica, ma che mi diventi una strega proprio non mi va giù. Comunque, mi ha spiegato che non è facile diventare tromba. Ci vogliono molti soldi e aver compiuto almeno quarant’anni, forse anche cinquanta. Ora lei ne ha solo 31. Poi, quando ci si sente pronti, si convoca il capo di tutti gli ombiasy, il quale ordina immancabilmente che venga ucciso uno zebù e se l’aspirante tromba riesce nel sanguinoso intento, diventa una professionista. In pratica, è una specie di esame superato il quale si entra a far parte dell’ordine degli stregoni malgasci. Madame Fanja, che ci diede il bungalow in affitto ad Ankilibe, lo era diventata, ma lei era panarivo, ricca, avendo all’epoca come compagno monsieur Bernard, pilota di linea francese in pensione.


Insomma, è successo che diversi ombiasy, a cui Tina si era rivolta, le hanno detto che ha tutte le carte in regola per diventare tromba. Sarà stata la suggestione, ma a forza di sentirselo ripetere molte volte, alla fine ci ha creduto. E allora, da un anno a questa parte (io sono sempre l’ultimo a sapere le cose) ogni volta che a pranzo apre una bottiglia di Coca Cola o di Fanta, ne versa un sorso a terra, sia che ci si trovi all’aperto, che in casa, in offerta a Zanahary l’assetato. Poi ha predisposto in un angolo della casa una specie di portafiori a colonna, di fabbricazione cinese, mettendovi sopra un piatto da cucina con dentro una moneta. Lì davanti si raccoglie in preghiera, in piedi, tutte le volte che le viene l’ispirazione e chiede a Zanahary il Potere, non il potere di far del male alle persone, ma la forza personale, qualcosa di simile a ciò a cui aspirano tutti coloro che fanno meditazione o corsi di PNL e roba del genere.

Il 27 luglio l’ho accompagnata con il ciclo-poussy sulla riva del mare, perché doveva disfarsi di un misterioso oggetto che aveva messo in un sacchettino. Ho dovuto insistere perché mi spiegasse cosa stava facendo. Alla fine mi ha detto che si tratta di due scatoline il cui contenuto le è sconosciuto, che le erano state date da un ombiasy, allo scopo di tenere lontano il gri gri, cioè il malocchio. Andavano messe nel secchio dell’acqua con cui di mattina si fa la doccia, cosa che ha fatto regolarmente da un anno a questa parte, cioè da quando ha cominciato a provare interesse per le stregonesche superstizioni del suo popolo.

Ora stava andando a gettare l’involto nel mare perché si era accorta che non aveva avuto l’effetto desiderato, ammettendo che i 15.000 ariary (5 euro) dati all’ombiasy sono stati soldi sprecati. A me questa storia ricorda Vanna Marchi e le sue bustine di sale. Tutto il mondo è paese e i ciarlatani continueranno a fare affari d’oro a ogni latitudine, con la differenza che in Madagascar sono riveriti, mentre da noi disprezzati.
Ho fatto fatica a convincere Tina a lasciarmi fotografare il contenuto del sacchettino e gliel’ho lasciato gettare sulla battigia (in quel momento c’era la bassa marea) perché non voglio interferire con le tradizioni degli indigeni, comprese quelle a cui Tina ci tiene, a meno che non si tratti di sacrifici animali. E poi anche perché sacchetto più sacchetto meno, di tanta immondizia che c’è in giro, non fa differenza. Da questo punto di vista, mi sto malgascizzando un po’ anch’io.

Nessun commento:

Posta un commento