Il mezzo pubblico più appariscente ed economico per spostarsi da una città
all’altra in Madagascar è senza dubbio il taxi-brousse, che in questi ultimi anni sta subendo una
trasformazione in meglio, cioè sta diventando più comodo. Quando ho cominciato
a girare il Madagascar nel 2006, ce n’erano di piccole dimensioni e di
fabbricazione estremo-orientale, coreani e giapponesi. Portavano circa una
quindicina di passeggeri. Alcuni vazaha che potevano permetterselo, volendo viaggiare comodi, prenotavano due
posti anziché uno, così da poter distendere le gambe. Trattandosi di lunghi
spostamenti, anche di 10 o 12 ore, le membra s’indolenziscono e io non so come
facciano i malgasci a viaggiare stipati nei camion-brousse, oltretutto sottoposti a notevoli sballottamenti,
che si spostano praticamente solo su piste sterrate e che trasportano anche 60
persone. I taxi-brousse, invece,
stante l’abilità dei conducenti, devono fare i conti solo con le buche che si
formano a causa delle violente piogge nelle strade asfaltate delle Routes
Nationales, che non vengono
riempite, mancando ogni forma di manutenzione stradale, e che gli autisti
conoscono a memoria.
Nei pressi dei centri abitati ci sono anche dei rallentatori di velocità, che
costringono i guidatori quasi a fermarsi, ma la seccatura maggiore sono gli
inutili e snervanti posti di blocco attuati da polizia e gendarmeria, il cui unico
scopo sembra essere quello di estorcere denaro ai guidatori. Per la verità,
negli ultimi tempi non ho notato strani passaggi di denaro dallo chauffeur al poliziotto, ma la frequenza con cui i taxi-brousse vengono fermati è sempre la stessa, segno che ormai
si tratta di una tradizione consolidata. I poliziotti devono pur passare il
tempo e lo fanno rompendo le scatole a chi viaggia. Se si considera che
entrando e uscendo dalle città ci possono essere posti di blocco a 100 metri
l’uno dall’altro, si capisce quanto la cosa sia assurda e, per noi passeggeri,
stanchi dopo 10 ore di viaggio, rattrappiti e sudati, nonché desiderosi di una
doccia e di un letto, anche estremamente fastidiosa. Non, però, per i malgasci
che, come spiegava l’amico Spizzirri, sono dotati di una pazienza
infinita. I conducenti di norma ridono e scherzano con i poliziotti che li
fermano, a volte limitandosi a dir loro solo la destinazione.
Solo una volta in tanti anni mi è capitato che un poliziotto mi chiedesse i
documenti, ma ero su un pick-up brousse che univa Tulear a Mangily. Da quella volta, comunque, tengo sempre il
passaporto con me, anziché nei bagagli che vanno sul tetto del mezzo, onde
evitare che, trovandomi ad aver a che fare con il classico poliziotto pignolo, io
non debba chiedere all’autista di farmi accedere alla valigia coperta insieme
alle altre sul tetto e fissata con spaghi robusti, cosa che creerebbe molto
malumore dei passeggeri verso l’incauto viaggiatore vazaha.
A
questo proposito, a me sembra di notare la sindrome dei polli di Renzo anche in
questi casi: i passeggeri brontolano con coloro che fanno perdere tempo, ma non
si azzardano a fiatare con gli sbirri che li fermano per niente. La sera del 15
luglio, per esempio, una vecchietta salita con noi a Mahajanga ha chiesto di
essere fatta scendere a Talatamati, un quartiere periferico di Tanà, che si
trova prima della gare routiere
di Ambodivona, fermata che non sarebbe prevista. Il conducente non era molto
contento di dover salire sul tetto, con una pioggerella fine, a sciogliere le
corde e a scaricarle, oltre ai bagagli, pure un pesante sacco di carbone. Se la
vecchietta lo avesse detto prima, alla partenza, i suoi bagagli avrebbero
trovato posto sul retro del taxi-brousse, che nel nostro caso era un Mercedes di grosse dimensioni, con molto
spazio per le gambe.
L’entrata in scena di grossi pulmini come gli Sprinter tedeschi, se da una
parte ha reso il viaggio dei passeggeri più confortevole, dall’altra sta
creando numerosi problemi nelle gare routieres recintate come quella di Fianarantsoa, dove mi è già
capitato di vedere i pulmini schiacciare sacchi depositati a terra e dove
l’affollamento di panera
(procacciatori di passeggeri), taxisti, conducenti di pousse pousse e ladruncoli rende la discesa dei passeggeri
arrivati a destinazione, e lo scarico dei loro bagagli, estremamente
disagevoli. Anche nella capitale l’aumento delle dimensioni dei taxi-brousse e lo spazio che è rimasto sempre quello, sta creando
problemi nelle manovre dei mezzi in entrata e in uscita. Tutte le gare
routieres del Madagascar sono
scoperte e quando piove non si sa dove appoggiare le valigie, né dove mettere i
piedi. Arrivare col buio è quindi piuttosto scomodo.
Tralasciando i due momenti topici della partenza e dell’arrivo, lungo il
percorso, durante le brevi soste previste in cui qualche passeggero scende, il
mezzo viene preso d’assalto da giovani donne e ragazzini armati di vassoi (a destra, foto Spizzirri) con
dentro pezzi di pollo cotti, mais arrosto e frutta di stagione, nonché quella
tipica della zona che si sta attraversando. Il 15 luglio, infatti, alcuni di
questi venditori volanti avevano sui vassoi i grossi semi marrone del
tamarindo, che non ho ancora assaggiato e di cui non saprei perciò descrivere
il sapore. Oltretutto, partiti alle nove da Mahajanga, a un certo punto, a
causa delle curve, il mio stomaco dava segno di volersi svuotare della prima
colazione fatta nella locale gare routiere. E per tale ragione avevo chiesto all’uomo seduto davanti se mi
lasciava il suo posto. Viaggiando con la moglie al fianco non me lo cedette,
neanche per darmi il tempo di rimettermi. In tutta l’Africa, anche se stai per
tirare le cuoia non ti aiutano. Se poi si tratta di un bianco, meno che mai.
Per fortuna, dopo un paio d’ore di nausea, in cui ho cercato di resistere
pensando ad altro ma tenendo in mano un sacchetto di plastica per ogni
evenienza, il mal d’auto mi è passato. E dire che mi trovano nella parte
anteriore del mezzo, alle spalle dell’autista.
Non avrei dovuto trovarmi lì perché, quando mando Tina a fare la prenotazione,
chiediamo sempre i due posti a lato dello chauffeur, proprio per evitare di dover vomitare la colazione.
Il quel caso, non essendoci passeggeri sul pulmino da noi prenotato il giorno
prima, siamo stati dirottati su uno di un’altra azienda, che aveva già i posti
anteriori prenotati dalla coppia di sposi inseparabili. C’è infatti anche da
tener conto di questo: se non si riempiono tutti i posti, il taxi-brousse non parte. Succede raramente, ma può succedere ed è
scocciante tornare in albergo, riaprire le valigie e fermarsi un giorno in più
nella stessa città.
Mi diceva Andrea Barbieri che i passeggeri malgasci non sono molto contenti
quando sul loro pulmino viaggia, davanti, un bianco, specie in quei percorsi
considerati pericolosi a causa della criminalità. La faccia di un vazaha è come un faro che attira le falene, oppure la
malasorte, e i malaso, che una
volta si limitavano a commettere abigeato, vedendone uno da lontano,
elargiscono senza remore una sventagliata di kalashnikov e vanno poi a ritirare
il premio della loro prodezza, senza preoccuparsi se il mezzo, causa decesso
del guidatore, finisce fuori strada. E’ un modo come un altro per fermare un taxi-brousse in movimento. L’altro è quello classico dell’albero
abbattuto di traverso sulla carreggiata.
Finora
non ho avuto modo di verificare se è vera l’affermazione del Barbieri, ma
viaggiando sempre di giorno spero di ridurre al minimo le probabilità di essere
predato dai malviventi, che di norma agiscono nottetempo, ma va considerato che
alle sei in Madagascar è già buio e si viaggia sempre qualche ora con il
medesimo, prima di arrivare a destinazione. Attraversando una zona isolata
della RN4, su cui viaggiavo il 15 luglio per la prima volta, mi ha riferito
Tina che l’autista si era mostrato preoccupato con i passeggeri al suo fianco,
dopo che il sole era tramontato. Evidentemente, tra chaffeurs si passano le informazioni, per tacere del fatto che
quando ci sono di mezzo dei morti, la televisione nazionale e i giornali ne
parlano per giorni. A me finora non è mai capitato e prego Zanahary che non mi
capiti mai. Di spingere la voglia d’avventura fino a questo punto non sento
francamente l’esigenza.
Cit. "La faccia di un vazaha è come un faro che attira le falene." Ha ha ha
RispondiEliminaTi conviene tingere la faccia di marrone.... e se ti ferma la polizia e se ne accorge dici che è per proteggere la pelle dai raggi solari.
Ci ho pensato molte volte.
EliminaLa sai l'ultima?
Le creme solari a base di carotene in Italia sono vendute per abbronzare la pelle e in Madagascar per schiarirla.
I consumatori di tutto il mondo si lasciano prendere in giro come deficienti.