giovedì 17 luglio 2014

Finché non inventeranno il teletrasporto


Il mezzo pubblico più appariscente ed economico per spostarsi da una città all’altra in Madagascar è senza dubbio il taxi-brousse, che in questi ultimi anni sta subendo una trasformazione in meglio, cioè sta diventando più comodo. Quando ho cominciato a girare il Madagascar nel 2006, ce n’erano di piccole dimensioni e di fabbricazione estremo-orientale, coreani e giapponesi. Portavano circa una quindicina di passeggeri. Alcuni vazaha che potevano permetterselo, volendo viaggiare comodi, prenotavano due posti anziché uno, così da poter distendere le gambe. Trattandosi di lunghi spostamenti, anche di 10 o 12 ore, le membra s’indolenziscono e io non so come facciano i malgasci a viaggiare stipati nei camion-brousse, oltretutto sottoposti a notevoli sballottamenti, che si spostano praticamente solo su piste sterrate e che trasportano anche 60 persone. I taxi-brousse, invece, stante l’abilità dei conducenti, devono fare i conti solo con le buche che si formano a causa delle violente piogge nelle strade asfaltate delle Routes Nationales, che non vengono riempite, mancando ogni forma di manutenzione stradale, e che gli autisti conoscono a memoria.


Nei pressi dei centri abitati ci sono anche dei rallentatori di velocità, che costringono i guidatori quasi a fermarsi, ma la seccatura maggiore sono gli inutili e snervanti posti di blocco attuati da polizia e gendarmeria, il cui unico scopo sembra essere quello di estorcere denaro ai guidatori. Per la verità, negli ultimi tempi non ho notato strani passaggi di denaro dallo chauffeur al poliziotto, ma la frequenza con cui i taxi-brousse vengono fermati è sempre la stessa, segno che ormai si tratta di una tradizione consolidata. I poliziotti devono pur passare il tempo e lo fanno rompendo le scatole a chi viaggia. Se si considera che entrando e uscendo dalle città ci possono essere posti di blocco a 100 metri l’uno dall’altro, si capisce quanto la cosa sia assurda e, per noi passeggeri, stanchi dopo 10 ore di viaggio, rattrappiti e sudati, nonché desiderosi di una doccia e di un letto, anche estremamente fastidiosa. Non, però, per i malgasci che, come spiegava l’amico Spizzirri, sono dotati di una pazienza infinita. I conducenti di norma ridono e scherzano con i poliziotti che li fermano, a volte limitandosi a dir loro solo la destinazione.

Solo una volta in tanti anni mi è capitato che un poliziotto mi chiedesse i documenti, ma ero su un pick-up brousse che univa Tulear a Mangily. Da quella volta, comunque, tengo sempre il passaporto con me, anziché nei bagagli che vanno sul tetto del mezzo, onde evitare che, trovandomi ad aver a che fare con il classico poliziotto pignolo, io non debba chiedere all’autista di farmi accedere alla valigia coperta insieme alle altre sul tetto e fissata con spaghi robusti, cosa che creerebbe molto malumore dei passeggeri verso l’incauto viaggiatore vazaha.

A questo proposito, a me sembra di notare la sindrome dei polli di Renzo anche in questi casi: i passeggeri brontolano con coloro che fanno perdere tempo, ma non si azzardano a fiatare con gli sbirri che li fermano per niente. La sera del 15 luglio, per esempio, una vecchietta salita con noi a Mahajanga ha chiesto di essere fatta scendere a Talatamati, un quartiere periferico di Tanà, che si trova prima della gare routiere di Ambodivona, fermata che non sarebbe prevista. Il conducente non era molto contento di dover salire sul tetto, con una pioggerella fine, a sciogliere le corde e a scaricarle, oltre ai bagagli, pure un pesante sacco di carbone. Se la vecchietta lo avesse detto prima, alla partenza, i suoi bagagli avrebbero trovato posto sul retro del taxi-brousse, che nel nostro caso era un Mercedes di grosse dimensioni, con molto spazio per le gambe.


L’entrata in scena di grossi pulmini come gli Sprinter tedeschi, se da una parte ha reso il viaggio dei passeggeri più confortevole, dall’altra sta creando numerosi problemi nelle gare routieres recintate come quella di Fianarantsoa, dove mi è già capitato di vedere i pulmini schiacciare sacchi depositati a terra e dove l’affollamento di panera (procacciatori di passeggeri), taxisti, conducenti di pousse pousse e ladruncoli rende la discesa dei passeggeri arrivati a destinazione, e lo scarico dei loro bagagli, estremamente disagevoli. Anche nella capitale l’aumento delle dimensioni dei taxi-brousse e lo spazio che è rimasto sempre quello, sta creando problemi nelle manovre dei mezzi in entrata e in uscita. Tutte le gare routieres del Madagascar sono scoperte e quando piove non si sa dove appoggiare le valigie, né dove mettere i piedi. Arrivare col buio è quindi piuttosto scomodo.

Tralasciando i due momenti topici della partenza e dell’arrivo, lungo il percorso, durante le brevi soste previste in cui qualche passeggero scende, il mezzo viene preso d’assalto da giovani donne e ragazzini armati di vassoi (a destra, foto Spizzirri) con dentro pezzi di pollo cotti, mais arrosto e frutta di stagione, nonché quella tipica della zona che si sta attraversando. Il 15 luglio, infatti, alcuni di questi venditori volanti avevano sui vassoi i grossi semi marrone del tamarindo, che non ho ancora assaggiato e di cui non saprei perciò descrivere il sapore. Oltretutto, partiti alle nove da Mahajanga, a un certo punto, a causa delle curve, il mio stomaco dava segno di volersi svuotare della prima colazione fatta nella locale gare routiere. E per tale ragione avevo chiesto all’uomo seduto davanti se mi lasciava il suo posto. Viaggiando con la moglie al fianco non me lo cedette, neanche per darmi il tempo di rimettermi. In tutta l’Africa, anche se stai per tirare le cuoia non ti aiutano. Se poi si tratta di un bianco, meno che mai. Per fortuna, dopo un paio d’ore di nausea, in cui ho cercato di resistere pensando ad altro ma tenendo in mano un sacchetto di plastica per ogni evenienza, il mal d’auto mi è passato. E dire che mi trovano nella parte anteriore del mezzo, alle spalle dell’autista.

Non avrei dovuto trovarmi lì perché, quando mando Tina a fare la prenotazione, chiediamo sempre i due posti a lato dello chauffeur, proprio per evitare di dover vomitare la colazione. Il quel caso, non essendoci passeggeri sul pulmino da noi prenotato il giorno prima, siamo stati dirottati su uno di un’altra azienda, che aveva già i posti anteriori prenotati dalla coppia di sposi inseparabili. C’è infatti anche da tener conto di questo: se non si riempiono tutti i posti, il taxi-brousse non parte. Succede raramente, ma può succedere ed è scocciante tornare in albergo, riaprire le valigie e fermarsi un giorno in più nella stessa città.

Mi diceva Andrea Barbieri che i passeggeri malgasci non sono molto contenti quando sul loro pulmino viaggia, davanti, un bianco, specie in quei percorsi considerati pericolosi a causa della criminalità. La faccia di un vazaha è come un faro che attira le falene, oppure la malasorte, e i malaso, che una volta si limitavano a commettere abigeato, vedendone uno da lontano, elargiscono senza remore una sventagliata di kalashnikov e vanno poi a ritirare il premio della loro prodezza, senza preoccuparsi se il mezzo, causa decesso del guidatore, finisce fuori strada. E’ un modo come un altro per fermare un taxi-brousse in movimento. L’altro è quello classico dell’albero abbattuto di traverso sulla carreggiata.

Finora non ho avuto modo di verificare se è vera l’affermazione del Barbieri, ma viaggiando sempre di giorno spero di ridurre al minimo le probabilità di essere predato dai malviventi, che di norma agiscono nottetempo, ma va considerato che alle sei in Madagascar è già buio e si viaggia sempre qualche ora con il medesimo, prima di arrivare a destinazione. Attraversando una zona isolata della RN4, su cui viaggiavo il 15 luglio per la prima volta, mi ha riferito Tina che l’autista si era mostrato preoccupato con i passeggeri al suo fianco, dopo che il sole era tramontato. Evidentemente, tra chaffeurs si passano le informazioni, per tacere del fatto che quando ci sono di mezzo dei morti, la televisione nazionale e i giornali ne parlano per giorni. A me finora non è mai capitato e prego Zanahary che non mi capiti mai. Di spingere la voglia d’avventura fino a questo punto non sento francamente l’esigenza.

2 commenti:

  1. Cit. "La faccia di un vazaha è come un faro che attira le falene." Ha ha ha

    Ti conviene tingere la faccia di marrone.... e se ti ferma la polizia e se ne accorge dici che è per proteggere la pelle dai raggi solari.

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    1. Ci ho pensato molte volte.

      La sai l'ultima?

      Le creme solari a base di carotene in Italia sono vendute per abbronzare la pelle e in Madagascar per schiarirla.

      I consumatori di tutto il mondo si lasciano prendere in giro come deficienti.

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