Stanlio
va in un giardino riservato ai reduci di guerra. Con le panchine tutte
occupate, si siede su una sedia a rotelle abbandonata ma l’unico modo che gli riesce è
quello d’infilare un piede sotto il sedere, così da apparire mutilato di una
gamba. E’ a quel punto che Ollio lo incontra dopo anni e diventa premuroso a
causa dell’apparente menomazione del vecchio amico ritrovato, nonché
commilitone. L’equivoco va avanti per un po’, nonostante Stanlio cerchi di
alzarsi più volte, subito dissuaso dall’amorevole Ollio. Stanlio ci prende gusto, a farsi portare in braccio, e lo fa anche dopo essersi
alzato sulle sue due gambe. E’ a quel punto che il regista inquadra in primo
piano il faccione incredulo di Ollio, con sua successiva arrabbiatura. L’omino
che vediamo in foto non ha una spalla con cui recitare e se sta recitando è
solo la recita della sua vita, come facciamo tutti con parti diverse e senza
regista.
Sta solo impietosendo i passeggeri dei taxi-brousse che si fermano in
un’area di sosta per rifocillarsi ed espellere cataboliti liquidi. Ha scelto di
indossare un impermeabile largo e non si cura nemmeno di nascondere il piede
che dovrebbe essere mancante e che invece spunta impertinente e visibilissimo
dalla parte posteriore della carrozzella. La sua faccia furbetta dice tutto.
Anch’io sono uno dei grulli caduti nella sua scenetta, la sua personale
strategia di sopravvivenza, attuata senza mai aver visto il film di Stanlio e
Ollio reduci di guerra. Anch’io gli ho dato 200 ariary (7 centesimi di euro) ma
solo perché l’ho voluto fotografate: lo faccio sempre con le persone che
m’incuriosiscono.
E’
successo il 18 luglio durante il viaggio da Tanà a Fianarantsoa, a bordo del
Mercedes Sprinter giallo che vediamo qui in foto. Essendo partiti alle sette e
mezza dalla gare routiere Ampasakarana di Tanà, siamo arrivati presto, con la
luce, a Fianarantsoa. Il prete francese era sceso ad Antsirabe e la giovane
coppia di tedeschi, scesi con noi a Fianarantsoa, non sembravano eccessivamente
spaesati, né bisognosi d’informazioni. Evidentemente, avevano già la loro guida
che li aspettava.
Quando
arriviamo nelle gare routieres di qualsiasi città, sia che siamo in partenza o
in arrivo, Tina tira fuori gli artigli. Se qualche taxista mi si avvicina
offrendomi i suoi servigi, gli rispondo: “Maiteni mis valiko” (parla con la mia
compagna). Lascio fare a lei il “lavoro sporco” di contrattare sul prezzo delle
corse o di prenotare il biglietto per i viaggi successivi. Da quando viaggio
accompagnato da lei riesco a rilassarmi, perché la responsabilità cade tutta
sulle sue spalle e se la vedo arrabbiarsi capisco che sta facendo bene il suo
lavoro di guida. Capisco anche che è snervante e che non è facile con il suo
caratteraccio fronteggiare connazionali che quando vedono un “muso bianco” si
mettono automaticamente in modalità "approfittatrice”. Ai due tedeschi infatti,
alla biglietteria di Tanà, hanno fatto pagare 6.000 ariary in più (2 euro). Il che, per
un turista mordi e fuggi, non è una grande perdita, ma per un residente
straniero di pelle bianca è una vera jattura e se ci si vuole spostare in Madagascar
si deve litigare con tutti anche solo per pagare il prezzo giusto. E’ così che
negli anni si è creata una certa dipendenza tra me e Tina, tutte le volte che mi
trovo in questo bellissimo e rovinatissimo paese.
Poiché
siamo arrivati nel pomeriggio, c’è stato meno stress del solito, sia per me che
per Tina, così che abbiamo potuto tenere d’occhio le nostre quattro valige, che
hanno viaggiato sul tetto dello Sprinter, mentre venivano scaricate. Il taxista
prescelto, un giovane simpatico che avevamo già conosciuto di nome Donald,
insieme a un suo collega, ha provveduto a scaricare i bagagli e a infilarli
nella sua vettura. Poiché in quei laboriosi minuti Tina è stata messa sotto
pressione dai procacciatori di passeggeri, sbuffando e alzando la voce è salita
in macchina senza andare a prenotare per il viaggio successivo, anche perché
temeva che in sua assenza qualcuno aprisse le portiere del taxi e portasse via
qualche nostra valigia, con me impossibilitato a difenderle tutte e quattro. Se
a Tina è venuta in mente una cosa del genere, vuol dire che la cosa rientra nel
novero delle eventualità. Un vazaha in difficoltà suscita solo il riso negli
astanti e non viene difeso da nessuno. Non so voi, ma io ci vedo un po’ di
razzismo in questo, nei nostri confronti.
Insomma,
tra finti invalidi, che non hanno mai visto i film di Stanlio e Ollio, taxisti finti servizievoli e predatori sempre in agguato, spostarsi in Madagascar
ha le sue controindicazioni in termini di tranquillità e questo forse è il
prezzo da pagare se si vuole trovare, alla fine, un angolino di spiaggia
appartato e fuori dalla portata delle venditrici di pareo e di ananas, in cui leggere un
libro, chattare con gli amici lontani o anche semplicemente guardare il
susseguirsi delle onde del mare.
Nessun commento:
Posta un commento