Per addolcire la pillola, di due uomini che si prendono a pugni
sotto lo sguardo di spettatori carichi di adrenalina, si dice che
praticano “la nobile arte”. Per addolcire la pillola, di uomini
che uccidono animali per sport senza spettatori, a meno che non si
tratti di quagliodromi o di impianti per il tiro al piccione, si dice
che praticano l’arte della caccia. E, sempre per addolcire la
pillola, ovvero per mistificare, in Spagna si dice che la corrida sia
arte e cultura e in questo caso di spettatori paganti e carichi di
adrenalina ce ne sono a migliaia. Ovunque vi sia lo spettacolo della
morte e della violenza, il successo è garantito, giacché così è
fatto l’essere umano: prodigo di violenza con gli altri e pronto a
lamentarsi se è lui a subirla.
Sul piacere di vedere gli altri
soffrire, si è innestato nel corso del tempo il piacere di
guadagnare dei soldi con le scommesse. Russi e albanesi organizzano
in tutta Europa combattimenti clandestini di cani. In Siberia legano
un orso a un palo così che non possa fuggire e gli aizzano contro
dei cani di grossa taglia. In Cina fanno cozzare l’uno contro
l’altro due grossi bufali maschi e scommettono su chi dei due
sopravvive all’urto. In Gran Bretagna, paese storicamente zoofilo e
cinofilo, nasce il bulldog e dal nome si capisce con quale animale
molto più grosso di lui veniva fatto combattere. Negli Stati Uniti
ottocenteschi, dopo le prime ondate di migranti dal nord Europa, che
si erano portate dietro la smania per le scommesse, in certe losche
cantine si mettevano piccoli cani nervosi come i terrier (in francese
chien ratier) dentro recinti di un paio di metri quadri, si versavano
all’interno i ratti precedentemente catturati e si calcolava in
quanto tempo il cagnolino li uccideva tutti, uno dietro l’altro. E’
vero che a New York la popolazione murina è sempre stata abbondante
e fin da allora si imponevano operazioni igieniche di
derattizzazione, ma c’era qualcosa di malato in uomini e donne
adulti che si beavano nel veder morire azzannati piccoli mammiferi
dotati di vibrisse sotto i morsi di mammiferi poco più grandi di
loro.
Da quando i romani facevano combattere i gladiatori nel
Colosseo, sotto lo sguardo della plebe carica di adrenalina, ne è
passata di acqua sotto i ponti. La civiltà in Italia si è spinta
fino al punto di vietare ogni tipo di combattimenti fra animali,
compresi quelli fra galli, e se c’è qualcosa di cui noi italiani
possiamo andare fieri, questa è una di quelle. In Sudamerica e in
Madagascar la civiltà non si è spinta fino lì, tanto è vero che
si organizzano campionati nazionali. Gandhi disse che il livello di
civiltà di un popolo si vede da come sono trattati gli animali: mai
frase fu più azzeccata se pensiamo che i malgasci, di una pratica
immorale, riescono addirittura a organizzarne i campionati. Forse
qualcuno di loro spera che in futuro la cosa possa essere ammessa
alle olimpiadi. Meno male che i malgasci non attraversano il Canale
di Sicilia con i barconi, altrimenti di qui a poco tempo i campionati
di combattimento fra galli ce li trasmetterebbero in tivù, come
fanno in Spagna con le corride.
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