lunedì 19 dicembre 2016

Gladiatori con le vibrisse



Per addolcire la pillola, di due uomini che si prendono a pugni sotto lo sguardo di spettatori carichi di adrenalina, si dice che praticano “la nobile arte”. Per addolcire la pillola, di uomini che uccidono animali per sport senza spettatori, a meno che non si tratti di quagliodromi o di impianti per il tiro al piccione, si dice che praticano l’arte della caccia. E, sempre per addolcire la pillola, ovvero per mistificare, in Spagna si dice che la corrida sia arte e cultura e in questo caso di spettatori paganti e carichi di adrenalina ce ne sono a migliaia. Ovunque vi sia lo spettacolo della morte e della violenza, il successo è garantito, giacché così è fatto l’essere umano: prodigo di violenza con gli altri e pronto a lamentarsi se è lui a subirla. 



Sul piacere di vedere gli altri soffrire, si è innestato nel corso del tempo il piacere di guadagnare dei soldi con le scommesse. Russi e albanesi organizzano in tutta Europa combattimenti clandestini di cani. In Siberia legano un orso a un palo così che non possa fuggire e gli aizzano contro dei cani di grossa taglia. In Cina fanno cozzare l’uno contro l’altro due grossi bufali maschi e scommettono su chi dei due sopravvive all’urto. In Gran Bretagna, paese storicamente zoofilo e cinofilo, nasce il bulldog e dal nome si capisce con quale animale molto più grosso di lui veniva fatto combattere. Negli Stati Uniti ottocenteschi, dopo le prime ondate di migranti dal nord Europa, che si erano portate dietro la smania per le scommesse, in certe losche cantine si mettevano piccoli cani nervosi come i terrier (in francese chien ratier) dentro recinti di un paio di metri quadri, si versavano all’interno i ratti precedentemente catturati e si calcolava in quanto tempo il cagnolino li uccideva tutti, uno dietro l’altro. E’ vero che a New York la popolazione murina è sempre stata abbondante e fin da allora si imponevano operazioni igieniche di derattizzazione, ma c’era qualcosa di malato in uomini e donne adulti che si beavano nel veder morire azzannati piccoli mammiferi dotati di vibrisse sotto i morsi di mammiferi poco più grandi di loro. 


Da quando i romani facevano combattere i gladiatori nel Colosseo, sotto lo sguardo della plebe carica di adrenalina, ne è passata di acqua sotto i ponti. La civiltà in Italia si è spinta fino al punto di vietare ogni tipo di combattimenti fra animali, compresi quelli fra galli, e se c’è qualcosa di cui noi italiani possiamo andare fieri, questa è una di quelle. In Sudamerica e in Madagascar la civiltà non si è spinta fino lì, tanto è vero che si organizzano campionati nazionali. Gandhi disse che il livello di civiltà di un popolo si vede da come sono trattati gli animali: mai frase fu più azzeccata se pensiamo che i malgasci, di una pratica immorale, riescono addirittura a organizzarne i campionati. Forse qualcuno di loro spera che in futuro la cosa possa essere ammessa alle olimpiadi. Meno male che i malgasci non attraversano il Canale di Sicilia con i barconi, altrimenti di qui a poco tempo i campionati di combattimento fra galli ce li trasmetterebbero in tivù, come fanno in Spagna con le corride.   

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