Un amico che ho lasciato in Friuli mi chiede insistentemente se in
Madagascar ho trovato ciò che cercavo sul piano esistenziale. Provo
a rispondergli qui, pubblicamente. Anzitutto va detto che la
conquista della pace interiore è una lotta ininterrotta, che si può
praticare ovunque e ha termine con la nostra morte corporale. Meglio,
però, se la si pratica in luoghi dove si presume ci siano le
migliori condizioni per raggiungere il bersaglio. C’è gente che
riesce ad essere felice rinchiudendosi in meditazione in una grotta
dell’Himalaya e non si tratta di monaci tibetani, nati e cresciuti
in una determinata cultura, ma di occidentali che si sottopongono a
dure discipline. Per quanto riguarda me, occidentale sui generis, i
principii che mi sembrano pertinenti ai fini della presente
discussione sono quattro: (1) per aspera ad astra (attraverso le
difficoltà, alle stelle), (2) gettare il cuore oltre l’ostacolo,
(3) va dove ti porta il cuore e, new entry, (4) la felicità non è
un sentimento, ma una decisione. I primi due nascono in ambito
militaresco, il terzo è il titolo del successo editoriale di Susanna
Tamaro e il quarto ha origine in ambiente buddista. In nessun caso è
sicuro il risultato, ma almeno, alla resa dei conti finale, si potrà
dire: ci ho provato.
Sui primi tre non intendo soffermarmi, perché di facile
comprensione. Il quarto invece mi stimola a riflettere che si può
essere felici grazie a una forte volontà e a prescindere dalle
avversità del mondo esterno. L’idea, senza dubbio, è suggestiva:
sono felice perché ho deciso io di esserlo, a prescindere che mi
trovi nel freddo Friuli o nel torrido Madagascar. In quanto anarchico
individualista, non posso non provare affinità con questo tipo di
idee. Nietzsche diceva che la volontà è potenza. Essere padroni
delle nostre vite e non semplici comparse: un concetto che ci
sentiamo ripetere da sempre ma che non siamo mai in grado di
realizzare, forse perché non ne comprendiamo bene il significato.
Al momento attuale, in questa linda camera del Pavillon de Jade di
Tana, in attesa di rientrare nell’arido sud a bordo di scomodi taxi
brousse, la mia idea di felicità coincide con una sedia a sdraio
all’ombra di una palma, di fronte al mare cangiante, con un
sottofondo di canti d’uccelli frammisti al rumore delle onde,
qualche libro a portata di mano, frutta, un frigo ben fornito di
birre e la connessione internet per non sentirmi del tutto tagliato
fuori dalle relazioni sociali che fanno parte del mio passato e
quindi, mentalmente, anche del mio presente. Ma, oltre a tutto ciò,
per raggiungere la pace che cerco, è essenziale che non arrivino
rompiballe. Il giorno in cui avrò raggiunto questi obiettivi, non
mancherò di farlo sapere all’amico che ho lasciato in Friuli. Per
ora ho solo imparato una frase da ripetere come uno scongiuro, con
valore apotropaico: “Zaho mila fiadana no mangingina”, ho bisogno
di pace e tranquillità. La ripeterò come un mantra ogniqualvolta
qualche malgascio dovesse avvicinarsi, per un qualsiasi motivo, e se
necessario la scriverò su cartelli delimitanti il sacro recinto, lo
spazio mio privato ed esclusivo, inviolabile da piede umano. I soli
benvenuti saranno gli animali della foresta. Un nuovo Zaratustra sta
per nascere in Madagascar.
Toccherá seguirti con molta attenzione.... Dovrei decidermi anche io ad essere felice, ma temo che confini con l'egoismo. Equilibrio amico mio, nessun uomo é un'isola. Mandi
RispondiEliminaSe i buddisti ci riescono, perché i cristiani non dovrebbero riuscirci?
Eliminaforse perchè sono proprio cristiani... o meglio dire occidentali...
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