Testo di Paolo Sensini
Quando nel marzo 2011
scoppiò la guerra contro la Libia, uno dei motivi più ricorrenti
sui media era che gli africani venissero incarcerati "dentro
lager nel deserto". Mancavano solo le camere a gas e poi
all'intero pacchetto propagandistico non sarebbe mancato nulla. Ma
era una notizia che circolava quasi esclusivamente in Italia grazie a
un DVD tarocco distribuito dal settimanale
debenedettiano "l'Espresso". E tanto bastava! Negli
altri Paesi europei non ne sapevano nulla, insomma era la solita
variante introdotta dall'estro giornalistico italiota. Quando
partecipai insieme a una delegazione internazionale in Libia
nell'aprile 2011, a guerra già iniziata, una delle cose che cercammo
subito di verificare era se davvero esistessero questi famigerati
"campi di concentramento per africani nel deserto", di cui
tanto si favoleggiava ma che però non erano suffragati da alcun
elemento probatorio. Bene, dopo innumerevoli accertamenti e
interviste sul campo effettuate con un gran numero di africani
incontrati un po' ovunque, abbiamo stabilito che si trattava, per
usare una terminologia oggi molto in voga, di una bufala o fake news.
Una bufala con la quale però, almeno a beneficio delle plebi
televisive nostrane, dal presidente Napolitano a tutto l'arco
parlamentare, si era fatto in modo di trascinare l'Italia in guerra
insensata contro un Paese amico.
Ora, mutatis mutandis, siccome
lorsignori sono a corto d'argomenti tirano di nuovo fuori dal mazzo
propagandistico la carta dei "lager in Libia" per
impietosire l'opinione pubblica. Motivo? La gente non ne può più
delle fandonie messe in circolo a livello industriale dai media di
regime e l'intera "operazione accoglienza" rischia
d'incagliarsi e subire uno stop. Con tutto ciò che questo significa
in termini di mancati guadagni, clientelismo e ingegneria sociale per
l'unico vero giro d'affari che cresce rigoglioso in Italia. Che fare
allora? Ecco spuntare magicamente i "lager per africani",
ed è ancora una volta la portaerei della più grossa concentrazione
editoriale italiana (Gruppo L'Espresso-la Repubblica-La Stampa +
Corriere della Sera & co.) a essere capofila dell'operazione.
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