Fonte: I viaggiatori ignoranti
«Adesso lui mi stava
sopra; e io mi dibattevo con le mani e con le gambe; e lui sempre mi
teneva fissa la testa a terra contro il pavimento, tirandomi i
capelli con una mano; e intanto sentivo che con l'altra andava alla
veste e me la tirava su verso la pancia e poi andava tra le gambe; e
tutto a un tratto gridai di nuovo, ma di dolore, perché lui mi aveva
acchiappato per il pelo con la stessa forza con la quale mi tirava i
capelli per tenermi ferma la testa.» Ho deciso di introdurre l’articolo
con le parole di Moravia, tratte dal libro La Ciociara, poiché le
ritengo educative per analizzare i fatti che seguiranno. Una nuova
pagina di storia negata, dimenticata dai libri che i nostri figli
sfogliano e studiano a scuola. Avanziamo rapidamente e tutto
dimentichiamo. Lasciamo dietro di noi migliaia di martiri senza nome
ed eleviamo agli altari personaggi alquanto dubbi con un passato non
sempre limpido. Siamo un paese senza memoria. Le marocchinate: con
questo termine s’identificano tutte le violenze sessuali e fisiche
perpetrate dalle truppe marocchine, al seguito del contingente di
liberazione alleato, su migliaia di persone durante la campagna
d’Italia della seconda guerra mondiale. Il 14 maggio del 1944 i
goumiers del corpo di spedizione francese attraversano i Monti
Aurunci, considerati inviolabili sino a quel momento, aggirando le
linee difensive tedesche nella Valle del Liri. Con quest’operazione
consentono al corpo britannico di sfondare la Linea Gustav e di
avanzare sino alla successiva linea di difesa tedesca, la Adolf
Hitler.
Il termine goumier indicava un soldato
di nazionalità marocchina incorporato nell’esercito francese nel
periodo compreso tra il 1900 ed il 1956. I goumiers non erano
organizzati in divisioni regolari ma in goums, cioè gruppi composti
da circa una settantina di uomini legati tra loro da vincoli di
parentela. La caratteristica principale di queste truppe era
l’addestramento nei combattimenti montani. Combattere in montagna e
sopravvivere in condizioni difficili era naturale per questi soldati
vissuti sui monti impervi e duri dell’Africa settentrionale.
“Agiscono come una marea su una fila
di castelli di sabbia. Sono capaci di spingersi ad ondate su un
massiccio montano dove truppe regolari non riuscirebbero mai a
passare. Attaccano in silenzio qualsiasi avversario si presenti, lo
distruggono e tirano via senza occuparsi di quel che accade a destra
o a sinistra. Hanno l’abitudine di riportarsi indietro la prova
delle vittime uccise; perciò sono nemici con cui non è piacevole
aver a che fare”. Così li descrive Fred Majdalany nel suo libro La
Battaglia di Cassino. I goumiers, come detto in precedenza,
sfondarono la Linea Gustav. Occorre specificare la situazione: la
Gustav fu una linea difensiva approntata in Italia su disposizione di
Adolf Hitler nel 1943. Tale linea aveva il compito di dividere in due
il paese. La linea cedette nel maggio del 1944 costringendo i
tedeschi sulla linea successiva, la Adolf Hitler. La seconda linea
era posta a circa 10 km dalla precedente ed aveva il compito di
contenere eventuali cedimenti della linea Gustav. La Linea Hitler
cedette alla fine di quel terribile maggio del 1944. Ritorniamo al 14
maggio del 1944.
Per incentivare i combattenti allo
sfondamento della Gustav il generale Alphonse Juin promise ai
goumiers 50 ore di libertà. Secondo alcune fonti il generale
Juin pronunciò il seguente discorso, che apparve su dei volantini
tradotti in francese ed in arabo: «Soldati! Questa volta non è solo
la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa
battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino
tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se
vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e
passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo.
Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al
di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi
chiederà conto di ciò che prenderete.» In quelle 50 ore
accadde ogni misfatto che l’essere umano sia in grado di compiere:
i marocchini saccheggiarono paesi e borghi, perpetrarono violenze
fisiche e sessuali sulla popolazione inerme. Tra i paesi colpiti vi
fu il comune d’Esperia. Il sindaco affermò che oltre 700 donne
furono stuprate ed alcune di loro morirono in seguito alle violenze
riportate durante i forzati atti sessuali. Molte di queste donne
subirono lo stupro alla presenza dei mariti, o dei genitori quando si
trattava di bambine. Molti uomini furono uccisi perché tentarono con
ogni mezzo di difendere le proprie donne, o bambine quando si
trattava di padri di famiglia. Il parroco del paese nel disperato
tentativo di difendere le donne fu catturato, legato ad un palo e
sodomizzato per due giorni sino al sopraggiungere della morte,
probabilmente tanto sperata in quei dolorosi momenti.
Le violenze dei soldati marocchini non
si esaurirono ad Esperia, e sicuramente non si arrestarono alle fine
delle 50 ore di libertà – se mai sono esistite le 50 ore. «Tutte
le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono state
violentate. A Lenola il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e
siccome non ce n’erano abbastanza per tutti hanno violentato anche
i bambini e i vecchi. I Marocchini di solito aggrediscono le donne in
due – uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la
sodomizza.» Riporto un’altra testimonianza: «I soldati
marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta,
abbattuta la porta stessa colpivano la Rocca con il calcio del
moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi
veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata
mentre il padre da altri militari veniva trascinato, malmenato e
legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare
nessun aiuto alla ragazza, e al genitore, poiché un soldato rimase
di guardia con il moschetto puntato sugli stessi.»
Su questi fatti esiste anche una nota
dei Carabinieri, del 25 giugno 1944, a ricordo delle bestialità
delle truppe marocchine: «infuriarono contro quelle popolazioni
terrorizzandole. Numerosissime donne, ragazze e bambine vennero
violentate, spesso ripetutamente, da soldati in preda a sfrenata
esaltazione sessuale e sadica, che molte volte costrinsero con la
forza i genitori e i mariti ad assistere a tale scempio. Sempre ad
opera dei soldati marocchini vennero rapinati innumerevoli cittadini
di tutti i loro averi e del bestiame. Numerose abitazioni vennero
saccheggiate e spesso devastate e incendiate.» Non posso proporre
tutte le testimonianze, alcune non posso tralasciarle: «
incontrarono per strada un ragazzino di 14 anni Anastasio Gigli. I
gourmiers chiesero con gesti e un francese "Italianizzato"
ad Anastasio dove potevano trovare una fontana d'acqua; appena
Anastasio si voltò per indicare la strada, i Marocchini lo
immobilizzarono velocemente. Non sappiamo se Anastasio è stato
violentato, non abbiamo nessuna prova o testimonianza, ma senza
dubbio i momenti successivi alla "cattura" devono essere
stati terribili. La sorella d’Anastasio non vedendolo rientrare
iniziò subito le ricerche, alcuni testimoni riferirono di aver visto
dei marocchini dirigersi verso l'ospedale di Priverno (7 km da
Roccagorga) con una persona avvolta in un lenzuolo bianco inzuppato
di sangue e trascinato come un sacco di patate. In quel lenzuolo
bianco era avvolto Anastasio, oramai senza più vita. I medici
riferirono di una ferita mortale da arma da taglio (baionetta)
all'addome.»
La prossima testimonianza è tratta dal volume Esperienza bellica e mutamenti sociali. L'impatto della guerra sulla popolazione civile del Frusinate 1943-1948, del professor Tommaso Baris: “Nui aspettavamo gli liberatori, arrivettero chigli da n’auta razza. Erano brutti, parevano gli diavoli. Ce rubettero chigliu poche che c’era rimasto e facettero tanto scempio della populazione… C’avevano carta bianca agliu fronte e facettero tutte chelle sporcizie agli omene e alle femmene… una strage. Chisti marocchini erano sporchi, come alle bestie. Erano niri con gli occie rusci, con gli ‘recchini agliu nase… na montagna piena, sbucavano da tutte le parte, pigliavano tutte le donne che incuntravano e se le purtavano alla boscaglia, passavano in colonna in mieso a nui… addò vuò scappà?… Nui le semo incontrati per la via e pure in mieso alla strada se pigliavano le femmene. Gli omene anziani che stavano con nui nun ce putevano soccorre pecchè loro erano assai e ammazzavano chilli che difendevano le donne…C’erano gli graduati che erano bianchi, francisi e non gli dicevano gniente. Iemmo a fa commedia agliu commando… ce dissero che per fa ì annanzi gli marocchini li avevano dovuti dà “carta bianca”. Solo alla fine, dopo tre iuorni, gli tolsero sta carta bianca”.
La prossima testimonianza è tratta dal volume Esperienza bellica e mutamenti sociali. L'impatto della guerra sulla popolazione civile del Frusinate 1943-1948, del professor Tommaso Baris: “Nui aspettavamo gli liberatori, arrivettero chigli da n’auta razza. Erano brutti, parevano gli diavoli. Ce rubettero chigliu poche che c’era rimasto e facettero tanto scempio della populazione… C’avevano carta bianca agliu fronte e facettero tutte chelle sporcizie agli omene e alle femmene… una strage. Chisti marocchini erano sporchi, come alle bestie. Erano niri con gli occie rusci, con gli ‘recchini agliu nase… na montagna piena, sbucavano da tutte le parte, pigliavano tutte le donne che incuntravano e se le purtavano alla boscaglia, passavano in colonna in mieso a nui… addò vuò scappà?… Nui le semo incontrati per la via e pure in mieso alla strada se pigliavano le femmene. Gli omene anziani che stavano con nui nun ce putevano soccorre pecchè loro erano assai e ammazzavano chilli che difendevano le donne…C’erano gli graduati che erano bianchi, francisi e non gli dicevano gniente. Iemmo a fa commedia agliu commando… ce dissero che per fa ì annanzi gli marocchini li avevano dovuti dà “carta bianca”. Solo alla fine, dopo tre iuorni, gli tolsero sta carta bianca”.
Vi propongo un’ultima, dolorosa,
testimonianza: «Tre soldati marocchini hanno completato il loro
turno d’esercitazione e si avviano verso la baracca della mensa.
Parlano tra loro, Lorenzo esce allo scoperto e li saluta in arabo. I
tre restano sorpresi, poi, sorridendo, si avvicinano al bambino ed
uno di essi lo carezza sui fianchi e sulle cosce. Lorenzo allora
comprende il suo fatale errore ed inizia a correre urlando: “Mario
resta nascosto, dopo scappa via ed avverti mia madre”. I tre non
capiscono le parole di Lorenzo, ma lo inseguono e si allontanano da
dove è nascosto Mario che attraverso il foro del recinto riesce a
uscire e mettersi in salvo. Arriva a casa di Lorenzo, ma la porta è
chiusa, Fedora non è ancora tornata. Si siede sul primo gradino ed
aspetta piangendo. Trascorre un’ora. Un contadino di Cardito trova
Lorenzo seminudo, ricoperto di sangue, abbandonato in un viottolo di
campagna, non lontano dal campo dei marocchini. Lo porta in Ospedale.
Il referto riporta: stato di choc, ferite lacero contuse sul viso,
sulle gambe e sulla schiena, lacerazioni nella zona anale da
penetrazioni multiple, lacerazioni delle corde vocali da penetrazione
orale, i denti completamente rotti per evitare morsi difensivi. Da
qual giorno Lorenzo non disse più una parola.»
Torniamo al volantino che permise
tutto questo: l’originale non è mai stato trovato, anche se
sappiamo che ai soldati marocchini fu concesso il diritto di preda. Un dubbio ritrovato negli scritti mi
ha colpito: se il volantino non fosse mai esistito? Se fosse stato inventato per far
ricadere la colpa sul Generale Juin e circoscrivere le violenze dei
marocchini – con algerini, tunisini e senegalesi al seguito – a
quelle 50 ore? Sappiamo perfettamente che questo non
corrisponde al vero. Le violenze iniziarono in Sicilia subito dopo lo
sbarco del 1943 e proseguirono nel Lazio ed in Toscana sino allo
spostamento della guarnigione marocchina in Provenza. Gli stessi
soldati furono impiegati nell’aprile del 1945 in Germania, dove
avvennero eventi analoghi con violenze su donne e bambine. Per quanto
riguarda la Sicilia vi propongo un brano tratto dal blog delle
vittime delle marocchinate: «Mentre i combattimenti continuavano a
impegnare la prima linea, a Capizzi invece si verificava una
singolare guerra privata tra marocchini e capitini. I goumiers erano
facilmente riconoscibili dal loro vestiario, indossavano infatti un
ampio camicione, il cosiddetto barracano, e portavano i capelli
intrecciati e unti. I capitini dopo un primo momento di sgomento
iniziarono a reagire: alcuni goumiers vennero bastonati, ad altri
venne invece mostrata una corda per intimorirli, temevano infatti la
morte per impiccagione che, secondo le loro credenze, avrebbe
impedito alla loro anima di giungere in paradiso. Molti vennero
impiccati o uccisi a colpi di accetta. In contrada Salice due
goumiers furono impiccati e lasciati a penzolare su due alberi.» Vi sono testimonianze molto forti – personalmente le ritengo
incredibili – sulla scelleratezza del comando militare alleato: «A
Pico gli americani arrivarono mentre i goumiers stavano violentando
in piazza donne e bambini. I soldati cercarono di intervenire ma gli
ufficiali li bloccarono dicendo che non erano lì a fare la guerra ai
marocchini ma ai tedeschi.»
In altre circostanze i soldati alleati
– in questo caso del contingente canadese – riuscirono a
soccorrere le donne ed i bambini prede della fame sessuale delle
truppe marocchine. Il 12 giugno del 1944 Pio XII
sollecitò Charles de Gaulle a prendere provvedimenti. Questi – in
pratica – scaricò la colpa sul generale del contingente francese.
La Chiesa, tramite il cardinale francese Tisserant, rinnovò i
solleciti. Il generale Juin rispose che avevano fucilato 15 soldati
marocchini accusati degli stupri.
Una stima dello stupro di massa è
stata avanzata dal presidente dell’associazione nazionale delle
vittime delle marocchinate, Emiliano Ciotti: «Dalle numerose
documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono un
minimo di 20.000 casi accertati di violenze, numero che comunque non
rispecchia la verità; diversi referti medici dell'epoca riferirono
che un terzo delle donne violentate, sia per vergogna o pudore,
preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle
violenze commesse dal "Corpo di Spedizione Francese", che
iniziò le proprie attività in Sicilia e le terminò alle porte di
Firenze, possiamo affermare con certezza che ci fu un minimo di
60.000 donne stuprate, e ben 18.000 violenze carnali. I soldati
magrebini mediamente stupravano in gruppi da 2 (due) o 3 (tre), ma
abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200
e 300 magrebini »
Il nostro paese non ha memoria.
Siamo un popolo che non ha il coraggio
di ricordare.
Nei libri di scuola tutto questo non
appare, come dimenticati – volutamente – sono gli eventi relativi
alle Pasque Piemontesi, al Sacro Macello, alla strage dei bimbi della
scuola di Gorla ed altri eventi dolorosi che non rispettano il
politically correct.
Non dobbiamo offendere i liberatori.
Non possiamo parlare male degli
alleati, qualunque essi siano.
Noi siamo tenuti a ricordare sempre, a
ricordare tutto.
Grazie sei stato di parola. Questo articolo dovrebbero pubblicarlo su Repubblica per renderne edotti i pididioti. Chi non conosce la storia è condannato a riviverla! Ora noi questa gente la raccogliamo a braccia aperte. In Congo ora sta accadendo lo stesso. Ma noi li vogliamo tutti.
RispondiEliminaNon capisco perché questo non c'è sui libri di scuola. Se è accaduto realmente ed è documentato! Che, hanno paura di traumatizzare i ragazzini? O hanno paura della verità?
RispondiEliminaPer quanti decenni in Italia non si è saputo niente delle foibe?
EliminaTu hai mai sentito parlare dell'eccidio di Porzus?