Testo di Tiziana Cristofari
Sono
una pedagogista-docente e mi occupo di formazione oramai da diversi anni.
Troppo spesso però vedo una situazione che non posso più tacere, anche se non è
la prima volta che ne parlo. Sono
molto indignata per la facilità con cui i nostri bambini vengono giudicati e “torturati”
psicologicamente. E non sto esagerando! Perché la tortura non è solo quella
fisica, ma anche e ai nostri giorni soprattutto, quella psicologica. Viviamo
in una società molto superficiale, dove i tempi frenetici e la poca pazienza
che abbiamo nei confronti dei nostri bambini e delle nostre bambine, ci spingono
a conclusioni affrettate sulle loro potenzialità e capacità cognitive, purché
ci sollevino dall’incombenza di seguirli negli studi.
Troppo
spesso i genitori mi portano i loro figli emotivamente avviliti,
psicologicamente affranti, demotivati e senza più la minima autostima di se
stessi.
Arrivano
da me dicendomi che il loro bambino o la loro bambina ha difficoltà nello
studio; che piange perché non vuole studiare; che non vuole andare a scuola. Me
li portano dicendomi che l’insegnante gli ha detto che sicuramente ha qualche
problema cognitivo, e quando arrivano da me hanno già fatto percorsi con il
logopedista e il più delle volte, il medico, gli ha certificato un ritardo nell’apprendimento.
Ma
sapete una cosa? Nel 99% dei casi, il bambino o la bambina non ha niente,
recuperando nel giro di un anno scolastico tutte le carenze! Mi
sono chiesta più volte se voi vi foste mai domandati come reagiscono i vostri
figli a tutte queste chiacchiere non vere sulla loro capacità di apprendimento.
Vi siete mai chiesti cosa provano? Come stanno? Cosa pensano di tutte quelle
ricerche mediche e quelle esercitazioni alienanti, ai quali vengono sottoposti
anche solo perché hanno una pessima scrittura? Vi siete mai chiesti guardando
la calligrafia di un medico se anche lui fosse disgrafico?
Ve
lo dico io cosa pensano i nostri figli! Pensano di essere inferiori, di essere
diversi, stupidi, non capaci come i loro compagni di classe. E la loro psiche
lentamente cambia e diventa brutta. Perdono la loro autostima, diventano tristi,
paurosi e a scuola non rendono più, non si sentono capaci e si convincono di
non riuscire negli studi; dentro di loro si domandano perché devono continuare
a studiare; perché devono andare a scuola, a cosa serve… perché la scuola non
brucia!
Io
sono molto indignata con insegnanti impreparati nella didattica che si sentono
in diritto di diagnosticare senza averne la competenza.
Sono
molto indignata con la connivenza dei medici psichiatri che devono trovare
necessariamente un’anomalia in un bambino che ha solo bisogno di essere
rispettato nei suoi tempi di apprendimento, mentre la loro diagnosi è basata su
statistiche (vi ricordo che Albert Einstein ha mostrato la sua genialità solo
all’università, risultando terribilmente carente in tutti i precedenti corsi di
studi, soprattutto in matematica; e nonostante oggi si dica che fosse
dislessico, niente e nessuno allora, fortunatamente, gli ha impedito di credere
in se stesso e di diventare ciò che tutti noi conosciamo). Vogliamo parlare dei
logopedisti? Che uccidono il pensiero del bambino tediandolo con tanti
esercizietti che allontanano sempre più il piccolo dalla scuola? E tutto questo
pur di non ammettere che quel paziente non ha bisogno del loro aiuto, ma solo
di una efficace didattica che loro ignorano completamente.
Ma
è tutto un sistema di scarica barile: l’insegnante ai genitori, i genitori al
medico, il medico al logopedista e il logopedista sul problema diagnosticato
dal medico che purtroppo si può migliorare, ma non curare; e non c’è la cura
semplicemente perché non c’è la malattia!
Ma
sono indignata anche con voi genitori! Che non avete la pazienza di ascoltare i
vostri figli; che li imboccate come se fossero sempre piccoli, senza svezzarli
nel rapporto e nella loro continua e costante crescita di competenze. E questo è
un errore grave, molto grave, perché non permettete loro di crescere, di
sviluppare indipendenza, di conquistarsi quel pezzettino di mondo a scuola, che
solo a loro appartiene. Non avete
voglia di seguire e capire i cambiamenti che la scuola li costringe a
sviluppare, non avete la voglia di capire che il vero problema potrebbe essere
nel rapporto con voi, con la maestra o con i compagni di classe. Perché è così:
quasi sempre il problema scolastico ha le sue profonde radici nel rapporto
umano.
Allora
non distruggiamo la mente e la vitalità dei nostri figli, abbiate il coraggio e
l’umiltà di valutare il vostro rapporto, di considerare quello che la maestra
ha con vostro figlio o vostra figlia, prima ancora di intraprendere un percorso
diagnostico, che in quanto tale, nella mente del bambino, riporta sempre e
comunque a una malattia e quindi a una diversità dai compagni di scuola.
Ricordandovi inoltre che oggi, quella che viene comunemente definita dislessia,
il più delle volte è un abuso di terminologia e medicalizzazione su bambini
sanissimi per questione di business. Non confondiamo le difficoltà didattiche e
di rapporto con la scusa della malattia, una malattia che nessuno ha
organicamente riscontrato e che si basa solo su statistiche. Eviteremo così di
crescere bambini insicuri, ribelli, aggressivi, svogliati, tristi, spaventati e
senza autostima.
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