Fonte: Resistenza Animale
La notizia risale alla
fine del 2010, ha fatto il giro del mondo ed è stata ripresa sia
dalla stampa estera che da quella italiana. L’asino Herman,
addestrato, trasportato al fronte e trasformato in “soldato”
durante la guerra in Afghanistan, era considerato una sorta di eroe
dal contingente tedesco di stanza a Shar Darah nella provincia di
Kunduz. Gli asini, da tempo
immemorabile, vengono usati in guerra per trasportare feriti, viveri,
armi, munizioni. Vengono mandati nelle zone più pericolose, dovunque
ci sia bisogno. Sono animali forti che non si lamentano. Anche nelle
situazioni più estreme sono gli ultimi a morire.
Proprio per questo
in molti li considerano dei veri e propri soldati modello. Ma Herman
no. Herman, ad un certo punto, disobbedisce, si ferma, si rifiuta di
trasportare qualsiasi cosa. Anche di fronte ai soliti e secchi ordini
militareschi lanciati dai soldati tedeschi, Herman non muove un
passo, smette di scavalcare i pericolosi fossati d’acqua della
zona, un vero e proprio rifiuto che si protrae nel tempo. Non una
semplice giornata storta, ma un rifiuto irrevocabile che lo porta ad
essere congedato con il massimo del disonore. Proprio per questa
ragione non viene neppure riportato in Germania, ma semplicemente
abbandonato e venduto per circa 70 euro in un mercato afghano della
zona. Da eroe decade in breve ad attrezzo ormai inutile e difettoso
di cui disfarsi al più presto, nel più completo disinteresse, senza
un minimo di preoccupazione per la sua sorte, per la fine che lo
attende.
Quella di Herman è
una muta diserzione. Una forma chiara ed evidente di resistenza,
rifiuto, disobbedienza, ribellione. E, come tutte le altre, deve essere
ammantata di disonore e vergogna, deve essere annichilita e ridotta a
codardia e squallore. In fondo anche i disertori umani sono sempre
stati ridotti a fannulloni e vigliacchi, persone ignobili il cui
comportamento non può avere altro significato. E quali sono le
ragioni della diserzione di Herman se non la fatica, lo sfinimento,
la disperazione, l’essere costretto a trasportare carichi pesanti
di armi e munizioni attraverso le strade orribili della guerra, il
non poterne più di una situazione inutile, violenta, assordante
nella sua follia, nel suo essere al di fuori da qualsiasi possibile
interpretazione della libertà? E non sono forse le stesse ragioni
che hanno spinto e continuano a spingere i disertori umani di tutti i
tempi e di tutte le latitudini?
C’è una forza
atavica che ad un certo punto esplode, e ci fa dire basta. E’ per
questo che è indispensabile la minaccia di fucilazione, l’invenzione
del disonore, l’addestramento o la doma effettuati con dolorose
costrizioni fisiche e violente tecniche di manipolazione mentale. Ma
a volte non bastano neppure quelle. La diserzione è
sempre punita con spietata durezza perché altrimenti scatenerebbe
una ovvia e naturale reazione a catena, finirebbe per smascherare
quanto l’obbedienza alla gerarchia sia il motore che consente
l’esercizio del dominio. Ma queste sono considerazioni razionali e
filosofiche. La diserzione non ne ha certo bisogno. La diserzione
è un gesto spontaneo, immediato, spesso privo di calcolo. Si tratta
di un NO così profondo, radicale e radicato che prescinde da ogni
ragionamento, che smette di confrontarsi con le possibili
conseguenze. Ed è proprio questo il NO che caratterizza l’essenza
della Resistenza Animale. Un NO che, soprattutto di questi tempi,
ha molto da insegnare anche a noi umani.
Ho sempre provato una pena infinita per quei poveri cavalli, asini, muli, che venivano portati in guerra.
RispondiEliminaL'ultima foto riassume TUTTO.
Erba G.
Io ho sempre provato una pena infinita per tutti quegli esseri umani ed animali portati in guerra.
RispondiEliminaMa ovvio, anche gli umani costretti contro la volontà, va da sé.
RispondiEliminaErba G.
Si presume, Rod25, che gli esseri umani abbiano il libero arbitrio e che possano ribellarsi ad ordini impartiti da gente prepotente e ritenuti ingiusti, mentre gli animali sono schiavi. Se non si ribellano è perché trovano giusti quegli ordini.
RispondiEliminaTuttavia, se non è possibile ribellarsi a ordini ingiusti, allora se ne deve dedurre che anche l'uomo è schiavo, per lo meno colui che accetta di farsi schiavo di un altro uomo.
Trovo che ciò sia un avvilente abominio.
Purtroppo,molti uomini sono schiavi.Anzi io credo che tutti gli uomini siano schiavi,in modo inconsapevole la maggioranza,e in modo consapevole una piccola parte.Come tu sai sono un lettore di Salvador Freixedo che espone questa tesi(anzi questa è la sua tesi) in modo particolare nel libro"La fattoria umana" dove dice che gli uomini non sono altro che proprietà di esseri extraumani,superiori a noi per conoscenze e capacità ma non per questo sono superiori agli uomini per moralità(quelli morali) e ci tratterebbero così come noi facciamo con gli animali(sai che bello).Molti uomini sono o si fanno schiavi di altri uomini,che sicuramente a loro volta sono schiavi di queste entità(non parlo del Diavolo).Per questo io accomuno gli uomini agli animali(nella schiavitù).Praticamente il mondo è un'allevamento di polli in batteria e noi ci becchiamo l'un l'altro ed i nostri padroni ci tagliano il becco per non farci beccare(non per pietà verso di noi,ma per loro tornaconto).Spero di sbagliarmi ma non credo.Un saluto a te ed uno ad Erba G.
Elimina