Anna e Giacomo
s'incontrarono ancora dopo quella prima volta, poiché si erano
piaciuti. Se la prima volta si erano incontrati a metà strada, le
volte successive lei prese il treno e accettò di entrare a casa di
lui, con tutto quello che ciò può comportare e che i miei lettori
possono facilmente immaginare. Avevano molte cose in comune, tra cui
la non più giovane età, e quella particolare visione della vita che
va sotto il nome di “complottismo”. Se qualcuno dei miei lettori,
giunto fin qui, pensa che questo articolo tratti di temi
“complottisti”, si sbaglia, perché a un certo punto si arriva ad
avere la sensazione di aver detto già tutto, in fatto di teorie del
complotto. Indi per cui, se le aspettative nei confronti di questo
pezzo sono di quel tenore, consiglio i miei affezionati lettori di
interrompere la lettura e di non perdere ulteriore tempo, giacché
ciò che vado a raccontare è letteratura connotativa, personale e
intimistica, ovverosia di tipo emozionale-psicologico. Per palati
fini, insomma. Del resto, le due colonne portanti della letteratura
sentimentale sono, da sempre, Eros e Tanathos, amore e morte, e nel
caso di Anna e Giacomo, almeno fino al momento in cui i fatti mi sono
stati riferiti, imperava placidamente l'eros e della tanathos non
v'era ancora traccia.
Poiché, come dicono
gli anglosassoni, il diavolo è nei dettagli, man mano che Anna e
Giacomo si conobbero, nei loro reciprochi gusti, aspirazioni,
idiosincrasie e paranoie, Giacomo venne a sapere che Anna era una
praticante buddista, il che significa che ogni giorno recitava la
preghiera del “Nam-myoho-renge-kyo”, che probabilmente è il
mantra più famoso del buddismo giapponese. Giacomo conosceva solo
l'induista “Om-mani-padme hum”, da recitarsi reiteratamente
nella posizione del loto o mezzo loto. Per parte sua, Giacomo era
giunto a un punto della sua vita in cui riteneva di essersi vaccinato
nei confronti delle fedi e delle religioni, benché anche l'essere
studiosi della teoria del complotto poteva implicare un certo atto di
fede, in alcuni casi, data l'implicita impossibilità di verificare
le teorie stesse.
E in ogni caso, mai avrebbe immaginato, giunto alla
sua non più giovane età, di ritrovarsi seduto su un cuscino al
fianco della donna amata, con le mani giunte, con gli occhi chiusi,
di fronte a un altarino su cui Anna aveva disposto una candela di
cera bianca, una candeletta d'incenso, un recipiente di metallo con
coperchio, colmo d'acqua, un campanello di bronzo da percuotersi con
un bastoncino e della frutta su un piattino. Candela di cera e
candeletta d'incenso venivano accesi prima di dare inizio alle
preghiere, il recipiente veniva scoperchiato e durante la recita del
mantra, che non era composto solo dalla frase già citata, ma anche
da una lunga sfilza di parole in simil-giapponese, Anna prendeva il
campanello e lo percuoteva con il bastoncino, sì da creare
l'atmosfera giusta, tipica del tempio buddista. Inframmezzava questa
operazione anche sfregando i grani del rosario che teneva fra le mani
giunte, ottenendo un rumore simile a quello che si ottiene
capovolgendo i “bastoni della pioggia” di sudamericana
fabbricazione, oggetto sciamanico sconosciuto ai cultori del buddismo
Zen.
La prima seduta, che
modernamente si può anche chiamare “lesson one”, andò a finire
male. Fu una vera e propria pietra d'inciampo per Giacomo. La donna
dimostrò di non avere molta pazienza con il suo ottuso e refrattario
studente. Il quale, dopo pochi secondi dall'inizio delle operazioni,
forse perché non aveva ben chiaro cosa lo aspettasse o perché lo
colse un certo panico da ateo recidivo, disse con tono deciso alla
sua improvvisata guida spirituale: “Anna, io non diventerò mai
buddista!”. Al che la donna interruppe la performance, si alzò in
piedi di scatto e disse qualcosa che turbò assai il novello adepto:
“Allora, finiamo qui!”, frase che Giacomo interpretò nel
peggiore dei modi, cioè che lì finisse la loro neonata relazione
sentimentale. Passarono alcune ore d'angosciante incertezza per
Giacono, dopo che Anna se ne fu tornata a casa sua, perché
l'autostima del nostro confuso protagonista non era mai stata troppo
robusta e solo dopo un certo tempo Anna chiarì che non intendeva
riferirsi alla relazione, ma alla sua conversione a una pratica che
per lei era da anni della massima importanza. Per amore si può far
tutto, anche smuovere le montagne, se necessario, e Giacomo fece di
tutto, una volta scampato il pericolo di essere abbandonato dalla
nuova compagna, per entrare nell'ottica che, in fondo, trattandosi di
una filosofia piuttosto che di una religione, il buddismo non avrebbe
incrinato la sua fede nel più stretto agnosticismo e una disciplina
come la meditazione o la recita di un mantra, uno qualsiasi, gli
avrebbe recato benefici non disprezzabili sia sul piano fisico che
mentale.
Perciò, quando si
sedettero uno a fianco dell'altra in quella che modernamente si può
chiamate la “lesson two”, Anna poté portare a termine tutto il
ciclo di preghiere e di riti richiesti dalla pratica della Soka Gakkai e Giacomo se ne stette seduto sul cuscino il più comodamente
possibile, tenendo gli occhi chiusi e le mani dove gli era più
comodo tenere, anche, a tratti, con le palme accostate alla maniera
dei preti in San Pietro. Non era in grado di emettere suoni, in
quella seconda lezione, non sapendo quando fosse il momento giusto
per farlo, anche perché Anna andava avanti come un treno, con voce
potente, inframmezzata da colpi di tosse e simile a una mitraglietta,
grazie alla decennale pratica. Per Giacomo, la recita del
“Nam-myoho-renge-kyo” era uno scioglilingua già di per sé e
di sicuro non era in grado di eguagliare la velocità di pronuncia
della sua amica.
Una tale operazione,
ripetuta una o più volte al giorno, non ha in teoria solo lo scopo
di stabilizzare l'animo del soggetto, allontanando stress e cattivi
umori, ma anche quello di far avverare desideri e speranze, sulla
base della famosa legge di attrazione che, a quanto pare, non è nata
negli Stati Uniti in tempi moderni, ma in Giappone in epoche
storiche. Nichiren Daishonin, fattosi monaco a 16 anni, visse nel tredicesimo secolo dopo Cristo e divenne una figura importante e controversa del buddismo. Infatti, Anna, fin dalla prima lezione, aveva esortato
Giacomo a mettere per iscritto su un apposito quaderno le aspettative
a breve, a medio e a lungo termine, così da focalizzare il pensiero
sugli obiettivi da raggiungere. O, se vogliamo dirla in modo
esoterico, così da far sapere all'universo quali sono gli obiettivi
che noi singoli e miseri mortali vogliamo raggiungere grazie alla sua
misteriosa forza e al suo aiuto. Un ragionamento che a Giacomo non
giungeva nuovo, poiché anche per molti cristiani esiste una tale
corrispondenza tra il fedele e Dio, cioè tra il contingente e il
trascendente, e Giacono stesso per molti anni, prima che sulla sua
strada si presentasse quella adorabile e intransigente buddista,
aveva creduto di essere spesso aiutato da angeli o altre entità
spirituali, benché di essi ne sospettasse solo l'esistenza senza
aver mai avuto alcuna prova del loro effettivo esistere.
Fino a questo momento,
stando alle confidenze che Giacomo mi ha fatto, la recita del mantra
Zen sta cominciando a diventare cosa normale, per lui, sebbene non
abbia avuto ancora prova dell'efficacia nel fargli avere quanto
desiderato. Non è che avesse chiesto grandi cose, non la vincita di
un terno al Lotto, non la riscossione di una cospicua eredità, né
altri vantaggi di tipo pecuniario, ma se un desiderio di vecchia data
stava forse per essere esaudito, prima ancora ch'egli diventi un
esperto praticante buddista, era proprio quello di poter incontrare
una donna angelicata come quella che gli stava seduta a fianco. E, da
questo punto di vista, si può dire che l'universo aveva agito per il
meglio con lui. In ritardo di qualche decennio, ma alla fine lo aveva
esaudito. Il tempo ci dirà se Anna e Giacomo continueranno e
frequentarsi e ad amarsi, pensando magari di averlo già fatto in una
vita precedente, in altre sembianze, e in tal caso si dovrà proprio
ammettere che la legge di attrazione esiste e, con i suoi tempi,
agisce per il meglio. Per tutti, atei e agnostici compresi. Molte
vite, un'anima sola, come recita il titolo del libro che Anna gli
aveva prestato.
Allora Roberto, ti annuncio ufficialmente che, PUR NON FACENDO PIU' PARTE dell'Organizzazione Soka Gakkai, ho ricominciato a recitare il mantra in questione. In effetti gli riconosco una efficacia. Certo mi definisco fondamentalmente un anarchico PAGANO, in quanto non credo in nessuna religione MONOTEISTA, compreso il BUDDISMO, ma nell'ANTICO POLITEISMO, che vedeva il divino IN OGNI ASPETTO DELLA NATURA ed era la vera ed unica religione umana diffusa in tutto il mondo, prima dell'arrivo di questi prepotenti di "dei unici". Per me la recitazione di questo o altri mantra non è affatto in contrasto con questo mio profondo anelito pagano, politeista e sciamanico... Ciò che rifiuto IN MANIERA ASSOLUTA è LA STRUTTURA. P.s.: credo che la recitazione di questo mantra sia LEGATO IN QUALCHE MODO ALLA VITA DI NOI ABDOTTI DA ENTITA' ALIENE O NON UMANE, diciamo che ne ho quasi la certezza. Tant'è vero che nella vita dello stesso Nichiren, fu una STRANA LUCE NEL CIELO NOTTURNO ad impedire che venisse decapitato, perché tale apparizione spaventò i soldati che dovevano ucciderlo... Chi ha orecchi per intendere... Billy Pagàno The Kid
RispondiEliminaCaspita, Billy!
EliminaAllora, la mia ragazza è un'addotta!!!
:-O