Fonte: Il Primato nazionale
Cosa faresti se domattina ti svegliassi e il mondo non
fosse più quello che conosci? Se dai rubinetti non uscisse acqua, se
l’interruttore non accendesse nessuna lampadina, se dal bancomat
non uscissero più banconote? Saresti capace di organizzarti di
fronte al caos? È la domanda che si è posto lo svizzero Piero
San Giorgio, autore del
saggio Sopravvivere al
collasso economico (Morphema),
già best seller in Francia. Il Primato Nazionale lo ha intervistato.
Che cos’è
il collasso economico di cui parla il libro?
Il collasso è la conseguenza della
convergenza di varie crisi molto pesanti, tutte già cominciate:
sovrappopolazione, esaurimento delle risorse energetiche, perdita di
terreni capaci di produrre cibo, crisi idrica, crisi ecologiche e
ovviamente crisi finanziaria, che poi è il detonatore di questa
immensa convergenza. La crisi finanziaria dimostra che i paesi
occidentali non sono più capaci di crescere, dato che negli ultimi
20 anni abbiamo solo prodotto debito. Il crollo economico
dell’economia globale è già cominciato. Secondo me il collasso ci
sarà nei prossimi 10 anni. Ovviamente le conseguenze varieranno da
nazione a nazione.
Ci aspetta uno
scenario post-atomico o dobbiamo immaginare qualcosa di meno
radicale?
Fino a sei, sette
anni fa avrei detto che l’espressione “post-atomico” era
esagerata. Ora non ne sono più tanto sicuro. Il fatto è che quando
l’economia Usa crolla, loro giocano tutte le carte che hanno in
mano. Quindi esportano caos per porsi ancora come indispensabili. Poi
questo caos diventa ingovernabile, come spesso accade. Gli Usa hanno
320 milioni di abitanti e meno dell’1% di loro produce cibo. Molti
di loro vivono in grandi città e sono del tutto incapaci di
provvedere autonomamente a se stessi. Ovviamente, come dicevo, ci
saranno scenari diversi in base alle differenti nazioni. Paesi come
Norvegia, Svizzera o Giappone sono avvantaggiati. Non così per
Francia o Inghilterra. L’Italia è in bilico, ce la potrebbe anche
fare perché gli italiani sono particolarmente bravi a gestire il
caos.
Qual è allora
la soluzione per sopravvivere al collasso?
Io parlo di “Base
autonoma durevole”. È un concetto che serve a spiegare un metodo.
Va inteso in senso flessibile, è più una
metodologia
generale. Base: perché c’è la necessità di radicarsi. Non si può
più essere nomadi, bisogna scegliere una terra in cui resistere.
Autonoma: nel senso dell’autarchia, del non dipendere da nessuno.
Durevole: perché non si sa quanto durerà la crisi. Non è un mese,
non è due anni. Se crolla il sistema globale dobbiamo pensare a una
resistenza che duri per più generazioni.
Quali sono i
punti base da cui partire?
Io ne indico
sette. Sette priorità a cui far fronte in caso di collasso
economico. Sono: acqua, cibo, igiene e salute, energia, cultura e
conoscenza, difesa, legame sociale. Bisogna ripartire dalle comunità,
non possiamo più permetterci di essere individui, non possiamo
ripetere gli errori del secolo scorso. Bisogna tornare a far parte
delle tribù.
Sembra una
visione un po’ apocalittica…
Al contrario, io
propongo soluzioni pragmatiche e meno caricaturali di quelle che ci
si può immaginare. Bisogna organizzarsi, creare comunità, rifondare
una cultura. Dobbiamo salvaguardare la cultura europea, dopo il
collasso non ci sarà bisogno solo di competenze tecniche, ma anche
di conservazione della cultura.
Lei applica
anche a se stesso le sue teorie?
Se le mie fossero
solo teorie non varrebbero nulla. Io avevo un lavoro normale, ero un
manager, viaggiavo molto. Ero, come mi piace dire, “nel lato
oscuro”. Ora ho lasciato il lavoro, ho una cascina, ho installato i
pannelli solari, ho un orto, ho imparato a prendere acqua dalle
sorgenti. Però tutto questo senza esagerare, gradualmente. Ho ancora
un appartamento in città, la mia famiglia fa una vita normale. Non
serve un cambiamento radicale, serve apprendere un metodo, si può
agire un po’ per volta, a piccoli passi. Alle conferenze spiego
alla gente che deve iniziare a riflettere. Io non sono un guru. Le
persone devono imparare ad agire. Chi agisce ce la può fare, noi ce
la possiamo fare, la mia visione non è negativa. Solo chi non agisce
non ce la fa.
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