sabato 9 maggio 2015

C'è chi si sta preparando al peggio



Cosa faresti se domattina ti svegliassi e il mondo non fosse più quello che conosci? Se dai rubinetti non uscisse acqua, se l’interruttore non accendesse nessuna lampadina, se dal bancomat non uscissero più banconote? Saresti capace di organizzarti di fronte al caos? È la domanda che si è posto lo svizzero Piero San Giorgio, autore del saggio Sopravvivere al collasso economico (Morphema), già best seller in Francia. Il Primato Nazionale lo ha intervistato.

 
Che cos’è il collasso economico di cui parla il libro?
Il collasso è la conseguenza della convergenza di varie crisi molto pesanti, tutte già cominciate: sovrappopolazione, esaurimento delle risorse energetiche, perdita di terreni capaci di produrre cibo, crisi idrica, crisi ecologiche e ovviamente crisi finanziaria, che poi è il detonatore di questa immensa convergenza. La crisi finanziaria dimostra che i paesi occidentali non sono più capaci di crescere, dato che negli ultimi 20 anni abbiamo solo prodotto debito. Il crollo economico dell’economia globale è già cominciato. Secondo me il collasso ci sarà nei prossimi 10 anni. Ovviamente le conseguenze varieranno da nazione a nazione.

Ci aspetta uno scenario post-atomico o dobbiamo immaginare qualcosa di meno radicale?
Fino a sei, sette anni fa avrei detto che l’espressione “post-atomico” era esagerata. Ora non ne sono più tanto sicuro. Il fatto è che quando l’economia Usa crolla, loro giocano tutte le carte che hanno in mano. Quindi esportano caos per porsi ancora come indispensabili. Poi questo caos diventa ingovernabile, come spesso accade. Gli Usa hanno 320 milioni di abitanti e meno dell’1% di loro produce cibo. Molti di loro vivono in grandi città e sono del tutto incapaci di provvedere autonomamente a se stessi. Ovviamente, come dicevo, ci saranno scenari diversi in base alle differenti nazioni. Paesi come Norvegia, Svizzera o Giappone sono avvantaggiati. Non così per Francia o Inghilterra. L’Italia è in bilico, ce la potrebbe anche fare perché gli italiani sono particolarmente bravi a gestire il caos.
Qual è allora la soluzione per sopravvivere al collasso?
Io parlo di “Base autonoma durevole”. È un concetto che serve a spiegare un metodo. Va inteso in senso flessibile, è più una metodologia generale. Base: perché c’è la necessità di radicarsi. Non si può più essere nomadi, bisogna scegliere una terra in cui resistere. Autonoma: nel senso dell’autarchia, del non dipendere da nessuno. Durevole: perché non si sa quanto durerà la crisi. Non è un mese, non è due anni. Se crolla il sistema globale dobbiamo pensare a una resistenza che duri per più generazioni.
Quali sono i punti base da cui partire?
Io ne indico sette. Sette priorità a cui far fronte in caso di collasso economico. Sono: acqua, cibo, igiene e salute, energia, cultura e conoscenza, difesa, legame sociale. Bisogna ripartire dalle comunità, non possiamo più permetterci di essere individui, non possiamo ripetere gli errori del secolo scorso. Bisogna tornare a far parte delle tribù.
Sembra una visione un po’ apocalittica…
Al contrario, io propongo soluzioni pragmatiche e meno caricaturali di quelle che ci si può immaginare. Bisogna organizzarsi, creare comunità, rifondare una cultura. Dobbiamo salvaguardare la cultura europea, dopo il collasso non ci sarà bisogno solo di competenze tecniche, ma anche di conservazione della cultura.
Lei applica anche a se stesso le sue teorie?
Se le mie fossero solo teorie non varrebbero nulla. Io avevo un lavoro normale, ero un manager, viaggiavo molto. Ero, come mi piace dire, “nel lato oscuro”. Ora ho lasciato il lavoro, ho una cascina, ho installato i pannelli solari, ho un orto, ho imparato a prendere acqua dalle sorgenti. Però tutto questo senza esagerare, gradualmente. Ho ancora un appartamento in città, la mia famiglia fa una vita normale. Non serve un cambiamento radicale, serve apprendere un metodo, si può agire un po’ per volta, a piccoli passi. Alle conferenze spiego alla gente che deve iniziare a riflettere. Io non sono un guru. Le persone devono imparare ad agire. Chi agisce ce la può fare, noi ce la possiamo fare, la mia visione non è negativa. Solo chi non agisce non ce la fa.

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