Noi cuciniamo all’aperto, sotto un albero di manghi. Il compito
di tagliare cipolle e pomodori spetta a Tina, mentre io sono di
supporto, per esempio facendo la spola dalla casa al tavolino di
legno su cui è posata la “fandigliahena”, il tagliere, portando
di volta in volta ciò che serve. E’ già capitato che i
“sangorita”, i camaleonti, che vivono sull’ampia chioma del
mango siano caduti a terra e si siano poi allontanati camminando.
Tina infatti non è del tutto tranquilla quando cuciniamo sotto il
mango e la colgo spesso a naso in su, a scrutare tra le fronde.
Il giovane esemplare di Furcifer verrucosus della foto deve essere
caduto da un ramo senza che ce ne accorgessimo poiché Tina l’ha
trovato mentre si stava arrampicando su una della quattro gambe del
tavolo. E mi ha subito chiamato. E io sono subito accorso con la
macchina fotografica.
Evidentemente, caduto da un ramo lontano dal
tronco, si era diretto verso la prima cosa verticale che aveva
individuato: il tavolino. Da lì, anche se noi non avessimo
interferito nei suoi piani, non sarebbe comunque arrivato in cima
all’albero. E invece, siccome a Tina i camaleonti e, ancora di più,
i serpenti, fanno paura, ho dovuto prendere una “kifa”, una
scopa, farlo salire su di essa e trasportarlo in processione, come
fossi un portabandiera, verso un albero distante 50 metri, a distanza
cioè di sicurezza dalla paure immotivate della mia consorte. E’ la
seconda volta, da quando abitiamo ad Ampasikibo, che metto in salvo
un camaleonte dagli istinti zoofobi di Tina. E’ bello vivere in
mezzo alle creature selvagge. Cominciando da mia moglie.
Nessun commento:
Posta un commento