Se l’Italia è un laboratorio di ingegneria sociale in cui gli
scienziati pazzi che rispondono al nome di Illuminati si cimentano
nella pulizia etnica degli italiani per arrivare al meticciamento
previsto per il NWO, il Madagascar è un altro tipo di laboratorio
sociale in cui la legge della giungla è visibile ad ogni angolo e
dove Darwin troverebbe numerose conferme alla sua teoria. Vi sono,
infatti, macchinoni extralusso che sfrecciano a fianco di creature
miserabili vestite di cenci, che a mala pena riescono a sopravvivere,
finché la legge del più forte non ha il sopravvento. E non ci
voleva Darwin per formularla. Di fronte a questa situazione, che per
l’occidentale medio presenta molti aspetti imbarazzanti, si può
reagire in modi diversi, a seconda dell’educazione, dell’indole e
dello status sociale del soggetto. Si possono, metaforicamente
parlando, anche chiudere gli occhi, che è una forma di
autoconservazione. A me succede di essere schizofrenico, di non avere
un criterio valido per tutti e di affidarmi all’istinto. Quando
qualcuno mi chiede l’elemosina, ho poche frazioni di secondo per
capire se è un professionista, con il materasso pieno di denaro, o
un saltuario estemporaneo che non ha fatto della questua la sua
ragione di vita. Nel caso in oggetto, sono convinto che si tratti
della seconda opzione. E poi, non l’avevo mai visto in centro città
ad infastidire i passanti.
Alzatosi a fatica dal suo giaciglio dopo avermi adocchiato, il
vecchietto si è avvicinato a noi quattro seduti nella veranda di un
bar e ha salutato timidamente appoggiandosi alla balaustra
delimitante l’area di proprietà del locale. Eravamo io, Tina,
Francois, che è membro della sua famiglia e Sambendaty, il nostro
conducente di ciclo-poussy di fiducia. Il nuovo arrivato chiede se
gli offriamo un caffè. Poiché io, come al solito, pagavo da bere a
tutti, comprese le polpette di carne che Francois aveva ordinato per
sé, non vidi ragione per cui non potessi accontentare le richieste
di un anziano barbone, di quelli che vengono anche chiamati
“bastonati da Dio”. Chiedo a Tina di ordinargli un caffè. Non
hanno caffè in questo bar, mi risponde. Un bar in cui non c’è
caffè! In tutti i bar del Madagascar è così, a meno che non sia il
bar di un albergo. Lo tengano presente i turisti caffeinomani. Dagli
200 ariary, incalza sbrigativamente Tina. A quel punto, visto che
stavo per dargli 5 centesimi di euro, decido almeno di fotografarlo,
così che non si trattava di pura e semplice elemosina, ma del
pagamento di un servizio a me reso, benché non da me richiesto: lui
fungeva da modello e io lo pagavo per quello. Così è stato e le
foto sono venute anche bene. A me serviva mantenere una certa
coerenza, poiché l’esercito di mendicanti piccoli e grandi che
bazzica il centro città non ha mai niente da me, né mai l’avrà.
I soldi vanno dati a chi lavora e non a chi fa il parassita!
CIT.: "I soldi vanno dati a chi lavora e non a chi fa il parassita!"
RispondiEliminafrase che può dare adito a numerosi dibattiti sul tema, soldi, lavoro, schiavitù e società
Mai pensato che l'esercito di mendicanti esista anche perchè c'+
Mai pensato che l'esercito di mendicanti esista anche perchè c'è qualcuno che voglia così ( e quel qualcuno non sia il mendicante)?
EliminaBenché l’ultima tua frase sia incompleta, ti posso dire che quando facciamo la spesa insieme e un bambino mendicante viene a chiedere soldi con petulanza, a volte Tina gli dà 100 ariary. In tal caso, le mostro la mia contrarietà spiegandole che i soldi vanno semmai dati ai conducenti di ciclo-poussy, che grondano sudore da tutti i pori quando trasportano passeggeri e non a bambini mandati ad elemosinare da genitori inconsistenti. Tina, da persona intelligente qual è, afferra il senso delle mie parole, ma poi fa sempre quello che vuole.
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