Fonte: Piove governo ladro
Solo pochi giorni fa la Commissione Ue annunciava la necessità di
espellere un milione di migranti illegali. Solo ieri in Sicilia ne
sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi
soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (Moas, Jugend Rettet,
Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the
children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che
annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi
legati al milionario «filantropo» George Soros. Bruxelles, a questo
punto, farebbe bene a spiegare che per fermare il traffico di uomini
bisogna combattere non solo le organizzazioni criminali, ma anche la
carità pelosa, e politicamente motivata, di Soros e della sua
galassia buonista. Una galassia a cui l’ottuagenario filantropo ha
promesso il 20 settembre scorso investimenti da 500 milioni di
dollari per favorire «l’arrivo dei migranti».
Investimenti destinati a contrastare le politiche europee
sull’immigrazione e a mettere a rischio la sovranità dell’Italia
e di altre nazioni. Il primo a capirlo è il capo di Frontex, Fabrice
Leggeri intervenuto di recente per criticare la tendenza a soccorrere
i migranti «sempre più vicino alle coste libiche» spiegando come
questo incoraggi i trafficanti a stiparli «su barche inadatte al
mare con rifornimenti di acqua e carburante sempre più scarsi
rispetto al passato». Le parole di Leggeri rappresentano
un’esplicita denuncia delle attività di soccorso marittimo
finanziate da Soros. Dietro le operazioni di navi di grossa stazza
come il Topaz Responder da 51 metri del Moas, il Bourbon Argos di
Msf, o l’MS di Sea Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti
del filantropo. Finanziamenti che garantiscono il trasferimento nei
nostri porti di migliaia di migranti illegali. L’aspetto più
inquietante di questa vicenda è però come questa flotta di navi
fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat
Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di Msf) del Belize (il
Phoenix, di Moas) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di Moas) punti
a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e
italiane. Per capirlo basta spulciare i siti delle organizzazioni che
gestiscono la flotta buonista.
La tedesca Sea Watch armatrice di due navi soccorso battezzate con
il proprio nome spiega di battersi per il «diritto alla libertà di
movimento» e di non accettare «arbitrarie distinzioni tra profughi
e migranti». Come dire che il rispetto di confini e sovranità
nazionale non ha alcun senso. Come non lo ha distinguere tra chi
fugge da guerre e dittature e chi invece cerca solo migliori
condizioni di vita. Sea Eye, un’altra organizzazione tedesca
conduttrice di una nave da 26 metri e di un barchino da soccorso
spiega invece di volere contrastare tutti i futuri piani europei per
il trasferimento dei migranti in campi di accoglienza situati in
Libia e Tunisia. Un articolo pubblicato sul sito dell’organizzazione
maltese Moas da un giornalista ospitato sulla nave Topaz Responder
descrive invece un’operazione con tutti i crismi dell’illegalità.
L’articolo racconta il soccorso di 650 migranti recuperati «nella
notte tra il 21 e 22 novembre a venti chilometri dalle coste libiche»
e poi portati in Italia. Un’esplicita ammissione di come la «flotta
umanitaria» operi ampiamente dentro il limite di dodici miglia (22,2
chilometri) delle acque territoriali. Un limite entro il quale
sarebbe obbligatorio riportare i naufraghi a terra anziché
traghettarli fino alle ospitali coste italiane.
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