Tina me ne aveva parlato proprio pochi giorni fa: un “tomboraza”,
un andicappato spastico che va in giro per la città a vendere
giornali. Oggi l’ho riconosciuto. Ho fatto fermare il ciclo-poussy
e siamo scesi. Tina ha preso in mano uno dei due giornali che aveva
nel cestino davanti al suo triciclo e ha visto che era del 28
febbraio scorso. Se fosse stato più recente magari glielo
compravamo. Comunque, gli ho fatto due foto, alla cieca perché sotto
“masoandro”, sotto il sole, il display della macchina fotografica
è completamente nero. Poi gli ho dato 500 ariary e lui insisteva che
prendessi almeno un giornale. “Tsy manino, tsy manino”, non
importa, gli ho risposto e sono risalito sul poussy.
“Non gli abbiamo chiesto nemmeno come si chiama”, ho detto a
Tina una volta ripresa la strada verso Mitsinjo. “Non hai sentito
come parla? Anche se ce lo avesse detto, non lo avremmo capito”, mi
ha fatto notare acutamente Tina.
E infatti, contento com’era,
l’unica parola che siamo riusciti a capire è stata “au revoir”,
arrivederci. Onore a quest’uomo, qualunque sia il suo nome,
qualsiasi sia la sua età, perché invece di andare in giro per il
Bazary Be a rompere i coglioni alla gente, e in special modo ai
vazaha, chiedendo l’elemosina, fatica e suda sul suo triciclo,
vendendo giornali vecchi di dieci giorni. I miei rispetti,
sconosciuto giornalaio ambulante, anche tu schiavo di un sistema che
non ha pietà per i deboli e i miserabili. Grande è la tua anima.
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