Una delle libertà che in Madagascar posso permettermi di prendere
è quella di fotografare persone con difetti e malformazioni fisiche.
Lo faccio con il massimo rispetto e lo faccio da anni. Loro sono ben
contente di ricevere l’obolo che tengo in mano e che faccio vedere
mentre gli chiedo l’autorizzazione a scattare alcune foto. Ieri,
durante una gita al fiume Fiherena, stavo ritornando verso il
ciclo-poussy dove Tina e il conducente mi stavano aspettando, quando
sento la mia compagna che mi chiama e mi dice di fare presto. C’era
una macchina fuoristrada che si era fermata nei pressi e mandava
musica a tutto volume, come spesso capita in Madagascar, e pensavo
che l’oggetto di interesse fosse su quella macchina. E invece,
allontanatosi il 4x4, Tina richiama indietro un gruppetto di
fanciulle vestite a festa, che erano di ritorno da qualche funzione
religiosa. Tra loro, Giorgetta, con l’occhio destro molto più
grande di quello sinistro. Sui dodici anni, timida e apparentemente
ben inserita nel gruppo delle coetanee, con un libretto di canti
religiosi in mano. Tiro fuori 1.200 ariary e chiedo a Tina, che se ne
stava seduta all’ombra sul ciclo-poussy, se avesse ancora
spiccioli. Non avendoli, mi accingo a ritrarre la piccola Giorgina.
Poi le chiedo: “Ino nara nao?”, come ti chiami? Lei mi dice nome
e cognome per esteso, timidamente. Ci metto un po’ per capire che
“Zorzetti” stava a significare Giorgetta. Le porgo il denaro alla
maniera dei malgasci, con la mano sinistra che tocca il polso di
quella destra, in segno di rispetto. La ringrazio e lei si allontana.
Siccome al nostro bicitassista non andava di finire la coca cola in
bottiglia che gli avevamo dato, richiamo indietro la ragazzina e le
do la bottiglietta. Al conducente poi gli abbiamo preso una bottiglia
grande di “Bon bon des anglais”, per lui e la sua famiglia.
Giorgetta era lusingata e contenta. Allontanandoci dal luogo, uno
spiazzo sulle rive del fiume, ho chiesto a Tina se si trattava di
tumore, ma secondo quanto la ragazza le aveva rivelato era solo una
malformazione che Giorgetta si porta dietro dalla nascita. Constatato
tristemente che i suoi genitori mai e poi mai avranno i soldi per
portarla a Tanà ad operare, né tanto meno alla Reunion dove ci sono
ospedali moderni essendo territorio francese, la seconda
considerazione che ho fatto ad alta voce è che, una volta raggiunta
l’età da marito, Giorgetta non potrà trovare nessuno che la
sposi. Ma Tina, ottimisticamente, si è detta sicura che troverà un
uomo che abbia, a sua volta, un qualche difetto fisico, un piede
valgo, tutti e due, un braccio paralizzato o una qualsiasi deformità
di quelle che infieriscono sulla razza umana. Sul piano sociale, da
tempo mi chiedo quale tipo di aiuti vengano dallo Stato a persone
invalide, ma finora questa è una curiosità che è rimasta
insoddisfatta. Molte persone che nascono con malformazioni, o che
subiscono incidenti deformanti, finiscono per diventare mendicanti,
specie se vivono in città. Quelli che vivono nelle campagne sono
accuditi dalla famiglia e vivono la loro vita quietamente, nella
rassegnazione. Non vengono mandati ad elemosinare e riescono in
qualche modo a sopravvivere, grazie all’abnegazione dei familiari.
Giorgetta è una di questi. Probabilmente, lei e la sua famiglia
trovano conforto nella religione, grande stampella dell’umanità.
Il prete intanto, che era alla guida del fuoristrada, ha capito che
se vuole portare le pecorelle all’ovile della Chiesa deve girare
con le casse stereo sul mezzo e mandare musica a tutto volume, di
quella ritmica che piace tanto ai giovani. Sicuramente, anche a
Giorgetta piace la musica del suo paese, ma dubito che andrà mai in
discoteca. Mentre la fotografavo, ha sempre tenuto lo sguardo basso.
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