Mia moglie dice che sto diventando un alcolista. Forse che aprire
una bottiglia di vino bianco alle nove e mezza del mattino significa
essere un alcolista? Tina ride e mi dice che sto diventando come i
francesi, che alle sette, appena svegli, bevono il Pastis. Io le
rispondo che è il Madagascar che fa questi effetti e che in Francia
sono dei bravi e onesti e morigerati padri di famiglia. Anch’io, in
Friuli, terra dalle inclinazioni enologiche, non è che mi apro, da
solo, una bottiglia di vino bianco. Né al mattino, né alla sera.
Quando ce l’ho in frigo, è solo per gli ospiti, quelle rarissime
volte che vengono a trovarmi. Qui in Madagascar sono libero. Cioè,
mi sento libero. E’ questo, a detta di molti italiani, il motivo
per cui si viene qui. E si torna nonostante tutte le
controindicazioni: la libertà. Proprio ieri ho voluto assaggiare
ancora la birra Libertalia, che si rifà a quella società di
bucanieri che nel Settecento aveva fatto di Diego Suarez, nella punta
nord dell’isola, la sua sede fissa, lontana da ogni flottiglia di
sbirri che le varie monarchie europee avevano messo sulle loro
tracce. Si facevano chiamare i Fratelli della Costa, ma non credo che
bevessero la stessa birra che ho bevuto io ieri.
Stamattina mi sono aperto la bottiglia che avevo in frigo. Ho
voluto festeggiare la vita, la vita che sto vivendo qui, ancora per
poco, e il senso euforico di libertà che provo anche solo stappando
una bottiglia. Non è Champagne, ma il vino di Fianarantsoa prodotto
da un vignaiolo cinese, ma devo accontentarmi. Mi rende felice, anche
se solo per pochi minuti. Ho già notato che se voglio uscire di casa
e affrontare la città convulsa e chiassosa, un bicchiere di vino mi
aiuta, mi rende ben disposto verso questi poveri malgasci che
lavorano come formiche per sopravvivere. Non provo disprezzo verso
questa gente, se non quando si comportano crudelmente con gli
animali, ma molta pena, e molta solidarietà. Se potessi, li aiuterei
tutti. Se mi eleggessero loro presidente, metterei a posto molte cose
in questo paese del Terzo Mondo, fino a quando i militari non mi
farebbero fuori. Ma almeno ci ho provato, cazzo!
Intanto, da una frustrazione all’altra, da un ideale all’altro,
da una velleità all’altra, mi stappo una bottiglia, la bevo
centellinandola con bocconcini prelibati di “Assard Manga”,
straordinari, fantastici, buonissimi, pieni zeppi di spezie, fatti da
un Karana che ha un negozio in centro olezzante di profumi e di
misteri. Degustando, per attutire l’impatto dell’alcol sullo
stomaco, anche un po’ dei classici “kakapigeon”, semplice e
popolare snack a base di farina fritta. Se vi state chiedendo cosa
c’entra la paglietta di ferro per lavare le pentole, vi rispondo:
non c’entra niente. E’ che non avevo voglia di alzarmi per
rimetterla in cucina. Un augurio a tutti voi. Vi voglio bene. Siate
felici, come lo sono io, ancora per poco. Mangiate “Assard Manga”!
Ma scusa Roberto...se lì sei felice...perché ritorni? Tu ricerchi il "pif" e ritorno al pil?
RispondiEliminaMandi 😉
Quando mi diventi enigmatico, non mi piaci più. Ti preferisco poetico.
EliminaE poi, io sono felice anche sull'aereo, sia durante durante il viaggio di andata che quello di ritorno.
E' un eterno presente. Cambia solo la scenografia.