venerdì 28 marzo 2014

Cosimo scopre la luna

 
Tratto da "Incompatibilità ambientale" (1996) - seconda parte. Prima parte QUI

Non ci volle molto perché il giovane trovasse ciò che cercava, anzi, per la verità, poiché  è proprio quando non la si cerca che una cosa si rende manifesta, fu in un momento in cui non era in caccia (se mai una simile espressione possa applicarglisi, lui antipredatore per natura), in cui non se l'aspettava minimamente, che Cosimo trovò un pertugio per introdursi nell'universo parallelo, nel mondo che fino ad allora era stato off limits per lui. Trovò, ma sarebbe più corretto dire fu trovato poichè Angela, una maestrina ventiseienne, che lui conosceva appena di vista, passando nelle vicinanze di piazza Garibaldi lo apostrofò con uno smagliante sorriso facendogli finire, in modo peraltro dolcissimo, l'età dei giochi e dei misticismi moralistici.

                                                                                                                                                 
Il giovane aveva l'abitudine, la sera, di far capannello con gli altri del branco, che in quel particolare momento se n'erano andati quasi tutti a cena. Egli indugiava ancora a cavalcioni del ferro della scassata bicicletta con uno o due amici. Anche il suo abbigliamento era in sintonia con l'arrugginito velocipide: una lobbia in testa, in un periodo in cui non andava di moda, una camicia probabilmente a fiori, un gilè del nonno e, sopra, un cappottaccio nero da anarchico o da spaventapasseri, un paio di pantaloni grigi di stoffa pesante, corti alle caviglie, qualche braccialetto e ninnoli vari, quà e là. Insomma era, all'apparenza, quel che all'epoca si chiamava un fricchettone.

Angela passò sorridendo a fianco di una sua amica: "Ciao, bimbo!" furono le magiche parole dell'approccio. L'amica che le camminava vicino si dileguò e anche quei ragazzi che stazionavano pigramente accanto a Cosimo furono presi da un'urgente voglia di desinare. I due rimasero magicamente soli né l'alone di magia, così inaspettatamente sorto, sembrava volesse abbandonarli. Non si poteva dire che Angela difettasse di intraprendenza poiché proseguì dicendo: "Ho appena comprato una millecento di seconda mano. Vuoi venire a fare un giro di prova?".

 C'è qualcosa di irresistibilmente affascinante e magnetico in una donna che inverte gli storici ruoli tra preda e predatore; che si fa cacciatrice e punta la sua preda premeditatamente oppure in modo del tutto spontaneo. Qust'ultimo fu probabilmente il caso di Angela, quella sera, poiché si trovava in uno stato d'animo di buona disposizione verso il prossimo, di esuberanza giovanile spensierata, ed era desiderosa di gustare quanto la vita le poteva riservare, previa ardita spintarella. Avrebbe potuto Cosimo rifiutare l'invito? Non era forse la vita stessa che lo invitava per bocca di quella sconosciuta e ardimentosa maestrina? 

Senza che ancora ben se ne capacitasse, perdurando tuttavia l'atmosfera magica dell'incontro, Cosimo si trovò seduto al posto del passeggero sulla sferragliante Fiat millecento e, come si conviene ad un telefilm americano on the road, la loro meta fu il mare. Il mare Adriatico di notte. Volarono quei cinquanta chilometri, magici anch'essi, tra battutine, risatine e lazzi, tripudio di giovinezza. Ad attenderli sulla spiaggia, muta e sorridente, c'era la luna che li accolse col suo complice splendore, accarezzando le piccole onde del mare invernale e le gambe depilate di Angela. Ella pigramente s'inoltrò tra i flutti tenendo sollevata in modo vezzoso la gonna sopra il ginocchio e camminando lievemente per alcuni magici minuti a beneficio dell'ammaliato Cosimo che la osservava rapito da estatiche emozioni, seduto sulla fredda sabbia novembrina. Non ci furono parole degne di esser pronunciate in quel momento, ma solo raggi lunari e una giovane donna coraggiosa che si bagnava i polpacci nella gelida acqua del mare e Cosimo ad ammirare il tutto e la Grazia e la Bellezza, incantatrici di poeti e di artisti, che danzavano sulle onde.
                                                                                                                                                                 
Cosimo seppe che quella visione non lo avrebbe mai più lasciato, che lo avrebbe perseguitato negli anni a venire, che lui le sarebbe rimasto religiosamente devoto come a una reliquia, anzi come a un'apparizione sovrumana e che di essa ne avrebbe conservato teneramente il ricordo andando spesso in futuro spasmodicamente alla sua ricerca, ma invano, poiché essa apparteneva al mondo dell'irripetibile, quasi uno sguardo furtivo sul reame delle fate e degli elfi.
 Il timore di un malanno sottrasse Angela dall'acqua e Cosimo dall'incanto. La ragazza corse verso la macchina per asciugarsi i piedi e per calzarli di morbida lana. L'incantesimo non era ancora finito per il giovane esploratore di mondi paralleli, né le emozioni, poiché Angela possedeva un casolare, altrimenti detto pied-à-terre, vicino Codroipo e siccome non c'è rosa senza spine la maestrina disinvolta, dopo aver condotto per mano Cosimo nel regno delle fate, volle completare l'escursione tutto compreso proponendo al giovane di concludere il viaggio nei meandri, evidentemente da essa già praticati, della biologica ed arcaica terrestrità.

 Fredda la stanza, arredata contadinescamente, fredde le ruvide lenzuola profumate di bucato. Di fuori, nel cuore della notte, alcune anatre si raccontavano barzellette e ridevano starnazzando. Anche il cuore di Cosimo rideva, la sua anima gioiva e il suo spirito esultava mentre il suo corpo astrale veniva catapultato nelle lontananze cosmiche, avviato sull'ancestrale strada della comunione col divino, col sacro, che si realizza unendosi al profano. Parve a Cosimo d'intendere la quintessenza della vita e il suo significato profondo che si manifestano attraverso la fusione nucleare di due esseri distinti e incomunicabili, mondi separati anch'essi che si ritrovano sulle soglie primordiali dell'esistenza, che intravedono per un attimo il senso della vita e forse anche tutti i suoi misteri, per poi precipitare nel nulla della memoria difettosa e nel vuoto  degli interrogativi che riemergono.

Magica notte. Un angelo diede a Cosimo risposte ai tormentosi dilemmi esistenziali. Ma egli le dimenticò come si dimenticano i sogni al mattino. D'esse gli rimase solo il sapore e anche quello fu dolcissimo e bastante per molto tempo. Al successivo risveglio egli capì di aver raggiunto il punto del non ritorno riguardo il suo recente passato intessuto di rigide regole morali. Non era più un eletto ma un comune mortale, avendo vissuto la stessa brama di Ulisse che rinunciò a diventare un semidio; si sentì sottoposto alle leggi del peccato, imbrattato del viscido fango di quest'ultimo, gettato da se stesso nella putrida mischia della viziosa, laida umanità. 
Eppure, ciò nonostante, si sentiva rigenerato. Nuovi universi lo tentavano. Aveva rinunciato alla tranquilla protezione delle regole e alla sicurezza del clan per diventare un disertore, un transfuga, forse un profugo. Ma Cosimo si sentiva anche e soprattutto un navigatore intergalattico a cui una potenza superiore aveva concesso di esplorare un nuovo, ricchissimo pianeta occhieggiante di soavi misteri e presago di balsamiche voluttà. Si sentiva un po' come il primo uomo sulla Terra, appena sfornato e creditore di sensazionali e vellutate gioie animalesche.

4 commenti:

  1. Ci sono ispirazioni personali in tutto ciò, Roberto?

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    1. Cosa intendi per "ispirazioni personali"?

      Ho voluto solo rievocare i miei "primi vagiti" letterari.

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  2. Cenni della tua esperienza di vita, intendo, fatti personali, magari rivisitati e romanzati ma che pescano nella tua vita.

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