martedì 4 marzo 2014

La mucca abbandonata - parte seconda

 
Tratto da "Il tirannominide"

Prima parte, QUI

Una mattina si stava recando al lavoro in macchina quando s'imbatté in un corteo di rumorosi manifestati. Una lunga fila di trattori bloccava il traffico con la loro scoppiettante e pestifera presenza, ammorbando ancor di più l'aria gia inquinata della città. La donna decise di parcheggiare la propria utilitaria e di proseguire a piedi. Si trattava di una dimostrazione di agricoltori. Fatti pochi metri, svoltato l'angolo di un incrocio, la scena che le si presentò la lasciò di sasso, fu come una visione fiabesca, come un personaggio d'altre epoche sbalestrato da un'ipotetica macchina del tempo in mezzo ai fragori della civiltà moderna. Quell'immagine tridimensionale di un frammento di un altro pianeta, conficcato a viva forza in una dimensione non sua, produceva l'effetto di una stridente contraddizione, di un insanabile contrasto, di un'inquietante e fatalistica disarmonia. 


Trascinata brutalmente, o così parve a Domitilla, tra gli schiamazzi dei contadini in corteo, procedeva incerta, con gli occhi di fuori dalle orbite, una dolcissima mucca di razza frisona. Domitilla non poté resistere all'impulso di avvicinarlesi per cercare di tranquillizzarla comunicandole telepaticamente il suo affetto. Il contadino che tirava la mucca, scambiando Domitilla per una manifestante, fu ben lieto di consegnarle l'estremità della corda; da tempo desiderava che qualcuno gli desse il cambio. La ragazza percorse così alcune centinaia di metri e sembrava che nessuno dei vocianti agricoltori badasse a lei. Il corteo stava per volgere al termine e Domitilla si aspettava che venissero a riprendersi la mucca. La ragazza vedeva che le persone si dileguavano; ogni tanto qualche trattore transitava rumorosamente e qualche studente di passaggio si fermava per posare una veloce carezza sul muso del quadrupede. Domitilla sentiva crescere in sé l'inquietudine mentre reggeva la cavezza della mucca poiché era già in notevole ritardo  (il capufficio l'avrebbe sgridata) ma non voleva abbandonare a se stesso l'animale, né avrebbe potuto legare l'estremità della corda a un semaforo e andarsene. In quei lunghissimi minuti si sentiva immersa in una situazione kafkiana perché vedeva che i rappresentanti della specie umana le sfilavano davanti ignorandola. Infine accadde ciò che Domitilla temeva e desiderava allo stesso tempo: nessuno venne a reclamare la frisona.
                                                                                                                                                                 
Bastarono quei pochi ansiosi minuti d'attesa per far esplodere un sentimento di gioia nel cuore della ragazza. Ciò che le stava capitando aveva dell'incredibile e Domitilla se ne rendeva conto chiaramente. La donna e la mucca si guardarono negli occhi, stando a pochi metri dal traffico che aveva ripreso il normale ritmo frenetico, e un meccanismo magico si mise in moto nei due esseri, una mistica fratellanza si abbarbicò tenacemente ai loro cuori, una biblica promessa veniva ribadita nelle loro candide anime.
Si avvicinò un vigile urbano e Domitilla si riscosse dai suoi estatici pensieri. "Signorina", le disse l'uomo in modo inaspettatamente affabile, "non potete stare qui. Potreste creare motivo di distrazione!". Domitilla, non senza angoscia date le obiettive difficoltà tecniche di trasporto dell'animale, si concentrò e fece una rapida carellata delle persone che avrebbero potuto trarla d'impiccio da quella imprevista situazione. Le venne in mente un nome. Indi così si rivolse al vigile: "Sia gentile, mi tenga la corda, io vado a fare una telefonata laggiù, vede?", e indicò alcune cabine telefoniche poco distanti. "Va bene, ma si sbrighi!" acconsentì l'uomo.

Ciascuno dei cadenzati segnali acustici era una fitta al cuore della ragazza la cui ansia cresceva di pari passo con il trascorrere dei secondi. Ella stava per riagganciare l'apparecchio tremendamente afflitta quando dall'altra parte del filo una voce assonnata emise un grugnito incomprensibile.
"Grazie al cielo sei a casa, fratello orso!", esordì Domitilla.
"Sai che mi piace stare rintanato quando fa freddo", si giustificò il confratello.
"Ascolta, devi venire subito in centro, dietro il municipio, con il furgone porta-bestiame. Dobbiamo caricare una mucca che è stata abbandonata dai contadini al termine del loro corteo di protesta". Ci fu una breve pausa durante la quale la giovane donna immaginò lo stupore sul volto dell'amico.
"D'accordo, vengo subito. Resisti!", concluse questi riagganciando.

L'operazione di carico si svolse senza difficoltà, perché la mucca era molto docile e sembrava intuisse la necessità di andarsene da lì. Per fortuna, nessuno aveva chiamato i gendarmi che avrebbero complicato le cose ed il vigile si dimostrò molto comprensivo e paziente. Domitilla, non appena caricata la mucca, fece una cosa che stupì il gruppetto di curiosi che si erano fermati. Trovati dei vecchi giornali dentro il furgone, raccattò  alla meno peggio il cumuletto di escrementi depositati dallo stressato animale, gettando l'involto in un cassonetto delle immondizie poco distante. 
Così facendo diede prova di possedere un notevole senso civico e, anche se ci fu qualche smorfia di disgusto, fra gli astanti serpeggiò un'ondata di silenzioso rispetto nei suoi confronti. Mentre si allontanavano dal centro con il prezioso carico, la ragazza e il suo amico si sforzavano le meningi per farsi venire in mente un ricovero ove portare l'ignaro ruminante. 
                                                                                                                                                  
Fratello orso propose di recarsi da un anziano agricoltore di sua conoscenza che abitava ad una ventina di chilometri dalla città. Era per lo meno azzardato recarsi dal contadino senza preavviso, ma i due non avevano molta scelta, così decisero di rischiare.
"Non è uno dei nostri. Non è nemmeno zoofilo, ma possiamo chedergli di tenerci la mucca a pensione", disse fratello orso. 
"Sicuro! I soldi sono sempre un argomento molto convincente", convalidò Domitilla che ormai si poteva definire a tutti gli effetti sorella mucca. Così avvenne infatti. L'agricoltore accettò di prendere la mucca come pensionante per una data somma di denaro mensile ed in più  pretese di farla accoppiare per vendere i vitelli e per ricavarne il latte. Tale richiesta rasentava lo strozzinaggio, poiché l'anziano uomo, avendo capito che i due cittadini non avevano altre possibilità, ne approfittò per dettare condizioni. Mettere al mondo vitellini per mandarli a morire era qualcosa di mostruoso che ripugnava alla coscienza dei due giovani, ma alla fine dovettero cedere perché il contadino si era mostrato irremovibile sulle sue richieste.

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