martedì 4 marzo 2014

La mucca abbandonata - parte terza

 
Tratto da "Il tirannominide"

Prima parte QUI

Seconda parte QUI

A malincuore sorella mucca si allontanò dalla stalla ove era stato sistemato il suo placido animale ripromettendosi di affittare al più presto una cascina in cui trasferirsi, come meditava da tempo. La ragazza chiese al suo amico di accompagnarla in ufficio e i due, giunti in città, si separarono dandosi appuntamento alla successiva riunione del gruppo.
I mesi passarono e sorella mucca, al secolo Domitilla Vaccari, aveva lasciato il gruppo gnostico. Com'è nell'ordine naturale delle cose, il suo interesse per il bagaglio teorico della setta era andato via via scemando. Ella non aveva mai preso troppo sul serio quell'arcaica e un pò fanatica dottrina animistica. Due cose le erano rimaste di quell'esperienza: l'amicizia con fratello orso e l'affetto per la sua mucca. Domitilla aveva continuato a frequentarli entrambi e ormai erano passati due anni da quando aveva messo a pensione la sua Carlotta, così era stata battezzata la frisona, ed aveva speso un mucchio di soldi per il pensionamento e per le leccornie che portava quando l'andava a trovare. Ancora non aveva preso in affitto la cascina tanto agognata, più per le comprensibili remore psicologiche dovute alla paura della solitudine che per reali difficoltà di reperimento dell'abitazione adatta.



Un giorno però accadde un fatto che riaccese la speranza nel cuore della ragazza. Forse ella avrebbe potuto togliersi quella spina nel fianco che tanto la angustiava; avrebbe potuto finalmente portar via Carlotta dal contadino che la sfruttava. Un uomo che era stato emigrante per più di vent'anni, avendo divorziato dalla moglie, voleva tornare a vivere in patria fra le sue montagne. Contattò una associazione zoofila per mettere a disposizione un capannone e seimila metri quadri di terreno cintato per dare inizio ad un centro di raccolta per animali abbandonati. Una specie di ospedale-asilo per uccelli e mammiferi. Domitilla si era rivolta in precedenza alla stessa associazione per risolvere il suo problema ma non l'avevano mai potuta aiutare a causa delle considerevoli dimensioni del suo animale, con tutte le difficoltà di collocazione che ciò implica.

Di modo che, quando si presentò l'ex emigrante, l'associazione non fece altro che trasmettere il suo numero telefonico alla ragazza, fungendo così da agenzia. Domitilla prese immediatamente contatto con l'uomo fissando un appuntamento e facendosi spiegare l'ubicazione dello stabile.
Il luogo era adatto, non c'erano vicini e l'uomo dichiarava di essere vegetariano, di possedere la necessaria preparazione tecnica per accudire grossi animali e di non avere problemi finanziari. Sembrava tutto troppo bello per essere vero. Come se non bastasse, l'uomo, volendo forse dare di se stesso un'impressione di serietà d'intenti, venne all'appuntamento direttamente dallo stato estero dove aveva abitato molti anni per ritornarvi subito dopo l'incontro con Domitilla, poiché aveva ancora affari da sbrigare. Così facendo egli percorse in treno nell'arco della stessa giornata qualcosa come tremila chilometri e ciò determinò sulla ragazza una positiva, profonda impressione. Anzi, ella lo rimproverò amichevolmente dicendogli che avrebbe potuto telefonare per posticipare l'appuntamento.
                                                                                                                                                                 
I due si lasciarono restando d'accordo che la mucca sarebbe stata sistemata nel nuovo alloggio non appena ultimati alcuni interventi di manutenzione. Dopo aver lasciato l'uomo in stazione, Domitilla telefonò a fratello orso per dirgli di tenersi pronto con il furgone poiché di lì a qualche giorno sarebbe servito di nuovo. Indi si recò in stalla dalla sua Carlotta per metterla al corrente della novità.
"Non dovrai più fare bambini per guadagnarti il diritto di vivere!", le sussurrò in un orecchio cingendole affettuosamente il vasto collo. Carlotta cessò per un momento di masticare ed emise un lungo sospiro, frustando l'aria con la coda per scacciare inesistenti insetti.
A Vaccari Domitilla, in quell'attimo di languida felicità, venne in mente una reminescenza scolastica: ".... e mite un sentimento di vigore e di pace il cor m'infondi".

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