Ho conosciuto una ragazza. Non in senso biblico, benché quella
fosse la mia intenzione. Stavo facendo la consueta passeggiata
pomeridiana, quando Pupetta, che è una cagnetta molto socievole, si
è avvicinata a una ragazza su una sedia a rotelle, che in quel
momento stava china su un libro vicino a un tavolino da pic nic. La
ragazza, di cui avevo notato i bei capelli castani che le arrivavano
a mezza schiena, non seppe resistere alla tentazione di accarezzare
il mio carlino, come non sanno resistere tutte le donne e i bambini
che la incontrano. Se fosse un pitt bull, ci penserebbero due volte
prima di accarezzarla. Dico questo per ricordare che l’apparenza
inganna e una ragazza su una sedia a rotelle può non essere fragile
psichicamente e avere un carattere forte come una qualsiasi altra
donna. Se non di più. Mentre Giulia accarezzava Pupetta, si guardava
in giro per cercare il padrone del cane. E’ stato in quel momento
che, titubante, fermo a una certa distanza, mi chiedevo se fosse il
caso di socializzare o se fosse stato meglio prendere la cagna,
salutare educatamente e andarmene. Ho scelto la prima opzione,
pensando che tanto non avevo niente da perdere.
Data un’occhiata al libro che stava leggendo, di genere fantasy,
mi sono seduto al tavolo e sono anche riuscito a scambiare quattro
chiacchiere. Poi, cosa che non faccio mai con le donne, saputo che
stava per andare a bere un caffè, mi sono offerto di pagarglielo e
di farle compagnia. La ragazza ha accettato e siamo andati in un bar
dove non avevo mai messo piede fino a quel momento. Lei invece era di
casa, a giudicare dagli affettuosi saluti scambiati con la barista.
Si trattava di una prosciutteria e c’erano tre prosciutti interi
attaccati al muro. Un avviso scritto sul cartone diceva che il
martedì agli avventori si offrivano calamari fritti. E’ saltato
fuori che Giulia non mangia animali con cui fa amicizia, mentre del
pollo va pazza. Non mangia coniglio, perché in casa ce n’ha uno, e
cavallo benché in casa, presumo, non ce n’abbia uno. “Ti
regalerò un pulcino”, le dissi a quel punto, scherzando. “No,
non saprei dove metterlo”, mi rispose. “Ma te lo regalerei per
scopi educativi - fu la mia replica – affinché tu smetta di
mangiare anche il pollo”.
Ho capito che Giulia era una di quelle persone volitive che non le
smuovi nemmeno con le cannonate e, a questo punto della mia vita, non
me ne importa niente. Non m’importa che la gente con cui ho a che
fare la pensi come me. Lascio che ognuno si tenga strette le proprie
convinzioni, ché tanto, farli ragionare, è tutto tempo perso. Mi ha
detto di essere induista. Vabbé, ecco un’altra stravaganza
difensiva. E’ già diversa fisicamente, vuole esserlo anche
moralmente. Vuole essere accettata dagli altri, ma nel contempo vuole
sottoporli a prove ardue nel processo di accettazione. E’ come se
facesse una scrematura. Filtra le persone da frequentare. Così,
mentre sorseggiava il caffè, le ho raccontato che due anni fa una
triestina, che mi aveva scelto come compagno per un breve periodo,
voleva che io diventassi buddista. Avevo predisposto un altarino in
un angolo della casa, davanti al quale ci sedevamo a gambe incrociate
e ripetevamo il mantra della Sokka Gakkai, “Nam mioho renghe kio”.
Finché un giorno, durante una pausa della cerimonia, mi voltai alla
mia sinistra, dove stava seduta la donna, e le dissi: “Ada, io non
diventerò mai buddista!”. “Va bene, non importa!”, rispose lei
all’istante, alzandosi di scatto dalla posizione di seduta. La
preghiera finì lì e dopo qualche giorno Ada mi lasciò. La mia
sopportazione nei confronti di una persona che cercava di
condizionarmi, era giunta al capolinea.
Non so perché ho raccontato questo aneddoto a Giulia, ma nel
congedarci mi ringraziò per la compagnia che le avevo fatto e io le
diedi appuntamento per il giorno dopo, poiché le avevo promesso in
dono un libro fantasy che avevo in casa. Quel genere letterario, come
anche i gialli e, men che mai, i romanzi rosa, non mi attira. Il
giorno dopo piovigginava. Passai con Pupetta nei pressi del tavolino
da pic nic, ma Giulia non c’era. Avevo con me il libro e una spilla
magnetica, di quelle che si attaccano alla portiera del frigo,
raffigurante Krisna bambino. Volevo farla felice. Poi ho anche un
quadro di Ganesh, di cui potrei disfarmi senza problemi, sapendo di
far felice una persona, ma le cose andarono in modo diverso.
Scambiandoci messaggi tramite Facebook, poiché nel frattempo le
avevo chiesto l’amicizia, Giulia volle mettere dei paletti,
mettendomi nel contempo in imbarazzo. Lei aveva accettato la mia
richiesta di amicizia, ma ci teneva a farmi sapere che, avendo 26
anni, non può “fidanzarsi” con un vecchio quale io sono, perché
se mai dovesse trovare un fidanzato, questo non deve superare i 35
anni. Una ragazza con le idee chiare, non c’è che dire! Io, per
principio, non pongo limiti alla divina provvidenza. Nella vita
bisogna prendere ciò che capita, nella buona o nella cattiva sorte.
Giulia, viceversa, si dichiarava disposta a concedermi la sua
amicizia – e nient’altro che questa – solo a patto che io non
avanzassi pretese erotiche nei suoi confronti. Non si è espressa con
queste parole, ma il succo era quello. Mi sono sentito un po’ umiliato. Giulia è riuscita ad
offendermi due volte in un colpo solo, come succede nei Discount:
prendi due e paghi uno! Primo, perché mi ha dato del vecchio e,
secondo, metalinguisticamente, dandomi del porco. A questo punto, per
consolarmi, dovrei rileggermi “Taccuino di un vecchio
sporcaccione”, di Bukowsky. Purtroppo, non c’è niente che possa
consolare un vecchio porco.
Ciascuno sta solo sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera. Tu, Giulia, sei
sola con la tua carrozzina e il tuo induismo. Io sono solo come un
cane, con un cane (per fortuna), prigioniero del mio corpo e dei
pensieri che lo agitano. Per un attimo sono stato trafitto dalla
bellezza del tuo faccino (che non durerà a lungo) e per me presto
sarà sera. Anzi, è già arrivata. La solitudine è connaturata alla
nostra natura di animali sociali. Tu sei bella come un babà,
direbbero a Napoli, ma solo dalla cintola in su. Sei come un
pasticcino, da mangiare in un boccone, ma non si deve avere più di
35 anni, come con i concorsi della forestale. Io sono un vecchio
porco. Lavoro di fantasia perché altro non posso fare. E mi è dolce
naufragare in questo mare. Un mare di pasticcini, cannoli alla crema
e arancini siciliani, meccanici.
Il tuo arancino meccanico ha un sapore agro e amaro, disilluso aggiungerei.
RispondiEliminaIo ti lascio con una frase di Leo Tolstoj:
"Tutti cercano di cambiare il mondo, nessuno cerca di cambiare sé stesso"...
Se la frase di Tolstoi è rivolta a me, mi trova d'accordo: io vorrei cambiare me stesso, laddove necessita, ma prima dovrei riuscire a capire cosa devo cambiare.
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