Fonte: Il Sud con Salvini
I “cacciatori di bufale” ci hanno stufato. Sempre alla ricerca
di un quarto d’ora di celebrità alla caccia di balle vere o
presunte, tutte rigorosamente dell’area del politicamente
scorretto. Ce ne fosse uno di costoro che si sia scomodato per la
legge russa per cui «è legale picchiare la moglie» o sulla
storiella delle «dimissioni in massa anti-Trump». Quelle di bufale
sono passate sui grandi giornaloni e in TV. Invece sulla presunta
bufala della battoulah si è scomodata perfino RaiTre. Perdendo
un’occasione per tacere. Sì, perché dobbiamo ribadire il cuore
dell’articolo che ci hanno contestato in massa. La battoulah non è
affatto un “gioiello”. Abbiamo già detto che anche un bracciale
d’oro, se ci attacchi un lucchetto e una catena, diventa una
manetta. E ribadiamo che della battoulah esistono anche le versioni
con serratura. Ma anche senza di questo, è il suo significato oltre
che materiale soprattutto metaforico che lo rende niente più che un
velo integrale in metallo o in cuoio: è un indumento che serve a
coprire le labbra, per imporre verecondia alla donna, perché la
bocca – come i capelli e la scollatura – è uno «strumento di
seduzione», è sensuale, è provocante per certi uomini in cerca di
giustificazione alla loro incapacità di controllare le pulsioni
animalesche.
E nemmeno ci si deve nascondere dietro il discorso del “residuato
tribale”. Perché anche il burqa venne sottovalutato come un
costume tribale, in via di scomparsa. E invece oggi ci troviamo a
combattere in casa nostra, in Europa, con qualcosa che solo 40 anni
fa, nell’Afghanistan laico e socialista, era considerato proprio
«in via d’estinzione». Quanti milioni di donne oggi sono
incarcerate sotto quel residuato tribale che pensavamo in via
d’estinzione? Ci dimentichiamo che in Gran Bretagna – quel Paese
che cento anni fa cercava di sottomettere le tribù afgane a colpi di
bombardamenti chimici – in alcune contee si stanno approvando
regolamenti che consentono ai poliziotti donna di avere una divisa a
foggia di burqa? E ora si cerca di sminuire a “gioiello” la
portata di questo strumento di imposizione della modestia femminile.
D’altronde anche il velo integrale può essere considerato un
oggetto di moda, magari confezionato da stoffe pregiate, perfino un
“vezzo”. Se c’è chi scrive oggi sui giornali più “liberal”,
più “femministi”, che «ha indossato il burqa e le è piaciuto»,
non ho alcun dubbio che anche la battoulah possa esser fatta passare
come un gioiello esotico, tribale, misterioso… E di sicuro – e
questo smentisce chi ha raccontato che è un “residuo tribale”
che indossano solo le donne anziane dell’Oman – lo si trova in
tutte le salse anche in vendita su internet e foto di donne di tutte
le età – anche bambine – che lo indossano (o sono costrette a
farlo) ne sono una prova che chiunque può trovare sulla rete.
E dunque ci si continua a documentare superficialmente su
questioni molto più complesse, andando su Wikipedia (che riserva
sull’argomento una pagina di dieci righe scarse) e in ultima
analisi attaccandosi alle parole, non potendo usare altri argomenti.
È chiaro che quando si parla di «museruola» lo si fa in senso
metaforico. Non si parla certo della Maschera di Ferro di Dumas,
anche se in qualche caso – quelli con la serratura – ci si
avvicina molto. Ma attaccarsi a questo significa sminuire il valore
profondamente degradante per la donna che innegabilmente questo
oggetto mortificante possiede. Non è affatto un gioiello del
misterioso oriente. E’ una gabbia per rinchiudere le labbra delle
donne. E vi sfidiamo a smentire come “bufala” questa evidente e
drammatica verità.
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