Alla fine del Duecento, il mercante Dino Compagni viene più volte
eletto fra i sei Priori del governo del popolo, a Firenze. Da brava
persona qual è, cerca di pacificare gli animi delle fazioni che si
combattono fra loro, composte principalmente dai nobili. Si tratta di
due visioni del mondo diametralmente opposte: i mercanti si
arricchiscono nei periodi di pace, mentre i nobili si arricchiscono
con la guerra. Purtroppo, indipendentemente dal fatto che a Firenze
comandino i rappresentanti del popolo mercantile o quelli della
nobiltà, nessuno si preoccupa di difendere gli interessi della
popolazione, ma tutti pensano unicamente a se stessi, ai propri
parenti e al proprio partito, nell’ordine. A lungo Dino Compagni
cerca di mettere pace fra guelfi e ghibellini, fra guelfi bianchi e
guelfi neri, ma alla fine, scrivendo dopo molti anni le cronache di
quando svolgeva politica attiva a Firenze, dovrà amaramente
constatare che le assemblee pubbliche, le parole, i proclami e i
giuramenti erano inutili e si sarebbe dovuto….”arrotare i ferri”.
Esattamente ciò che si dovrebbe fare ora, quando sentiamo una parte
di italiani parlare di integrazione, quel mito moderno che vorrebbe
far andare d’amore e d’accordo etnie, religioni e visioni del
mondo troppo diverse tra loro. A un certo punto, constatata
l’impossibilità di far vivere in armonia i cittadini fiorentini,
Dino Compagni spera che l’arrivo in Italia dell’imperatore Enrico VII possa servire a pacificare i contendenti. Ma è una speranza
vana. Questo però mi ricorda l’ipotesi che per far mettere
d’accordo le nazioni della terra sia necessaria un’invasione
aliena, un pericolo esterno che ci renda tutti affratellati nelle
operazioni di difesa. Se gli alieni tardano a invadere la Terra,
allora faremo finta che ci invadano. Uno dei possibili modi con cui
gli Illuminati potrebbero attuare il NWO. Stiamo in campana! Dalla
storia passata, cerchiamo di trarre insegnamenti utili per noi,
validi per i nostri tempi.
Nessun commento:
Posta un commento