Fonte: Il Giornale
NO-GO ZONE ISLAMISTE
Il
Ministero dell’Interno svedese ed il NOA (Dipartimento
Operazioni Polizia) hanno aggiornato l’elenco
dei distretti del Paese definiti “particolarmente
vulnerabili” per
l’ordine pubblico; in pratica zone ad alto tasso di criminalità e
emarginazione a cui è richiesto, alle stesse forze di polizia,
tecniche di intervento particolari. Erano
15 nel 2015 ed oggi sono 23; a questi si aggiungono altri 53
distretti “vulnerabili” in
cui la situazione di ordine pubblico non è critica come gli altri ma
a rischio degenerazione. I distretti sono diffusi nelle città
maggiori (Stoccolma, Goteborg, Malmö, Uppsala). Nel report è specificato che i
distretti vulnerabili sono
aree prevalentemente abitate da immigrati islamici “dove
è difficile o quasi impossibile per la polizia adempiere alla
propria missione”,
dove esistono “strutture
comunitarie parallele” a
quelle dello Stato, “estremismo
religioso e fondamentalista come violazione sistematica dei diritti
delle persone”, “elevata
concentrazione di reati penali” e
tendenza “all’arruolamento
di persone per aree di conflitto” (Siria
e Iraq). Insomma delle vere e proprie “no-go zone”, come definite
dal quotidiano
DN che per primo ha pubblicato il report.
Queste aree
rappresentano un rischio per la tenuta sociale di una nazione di 10
milioni di abitanti. Il governo svedese minimizza e rifiuta
l’immagine di una deriva islamista della Svezia. Fatto sta che nell’Aprile
scorso i responsabili di PostNord,
la società delle Poste Svedesi, hanno
comunicato la sospensione del servizio di consegna in alcuni
sobborghi di Stoccolma a causa dei rischi di aggressione per i propri
dipendenti (tecnicamente lo hanno chiamato “stop
protettivo”). Un
mese prima il Sindacato
paramedico degli Operatori delle Ambulanzesvedese
aveva fatto richiesta
espressa di “attrezzature militari” per il proprio
personale operativo nei quartieri delle grandi città a rischio
“sopratutto a forte concentrazione di immigrati islamici”. La Svezia, modello di
multiculturalismo, mito della socialdemocrazia europea, per decenni
simbolo della integrazione arcobaleno, si sta svegliando da un lungo
sonno.
“APARTHEID
MULTICULTURALE”
Nima
Gholam Ali Pour è
uno studioso svedese di origine iraniana. Come molti immigrati
integrati nella società svedese che hanno accettato e condiviso i
valori occidentali, è consapevole del pericolo che il Paese sta
correndo. Recentemente, in
un articolo pubblicato dal Gatestone Institute, ha
denunciato “l’apartheid
del multiculturalismo”;
perché la Svezia rimane “un
paese ultraliberista” ma
ci sono zone nelle città in cui “alle
donne è vietato portare minigonne e gli omosessuali sono
perseguitati (…) L’intolleranza
è semplicemente parte dell’odierna Svezia multiculturale“. D’altro canto, da
anni, la denuncia sui rischi di fallimento del modello multiculturale
svedese viene proprio dagli stessi immigrati islamici integrati. Nel
2015 fece scalpore il caso di Nalin
Perkul, la
parlamentare socialedemocratica curdo-svedese, musulmana praticante,
che dovette abbandonare il quartiere di Stoccolma dove viveva da
trent’anni per
le minacce ricevute dagli integralisti islamici arrivati a
vietarle di girare vestita come un’occidentale; il quartiere
in oggetto si chiama Tensta
ed è diventato uno delle enclavi dell’islamismo radicale nella
capitale svedese con quasi il 70% di residenti immigrati (di cui il
40% vive con sussidi sociali) ed il 95% di bambini islamici nelle
scuole.
IL RUOLO DEL QATAR E
FRATELLI MUSULMANI
L’islam
svedese ha un legame molto forte con il Qatar e con i Fratelli
Mussulmani. E proprio il Qatar ha investito oltre 3 milioni di euro
per costruire a Malmö, la
più grande Moschea della Scandinavia inaugurata a
Maggio. Stranamente in Svezia la notizia è stata
silenziata; solo organi di stampa del Qatar l’hanno riportata con
enfasi, mentre le autorità svedesi locali, presenti
all’inaugurazione, hanno usato solo la definizione di “Centro
culturale” e non di Moschea. La costruzione è stata
realizzata dal Wakf
di Svezia, la Fondazione islamica per le attività di sostegno
alla comunità; organizzazione che ha avuto in passato stretti legami
con l’imam danese Abu
Laban (morto nel 2007) e noto per le sue posizioni radicali
ed estremiste, legato ai Fratelli Mussulmani, ispiratore della
rivolta nel mondo arabo contro le vignette satiriche a Maometto;
l’uomo che definì bin Laden un “combattente
per la libertà”, e
nel 1994 giustificò la strage di turisti occidentali in Algeria
affermando che “diffondevano
l’Aids nel paese così come gli ebrei lo diffondono in Egitto”. D’altro canto la Svezia è
stato il primo governo europeo ad avere avuto un ministro con
esplicite simpatie per gli integralisti: Mehmet
Kaplan, ministro turco-svedese per lo Sviluppo Urbano, esponente
dei Verdi e della sinistra e legato ai Fratelli Musulmani, paragonò
i jihadisti svedesi arruolati con l’Isis, ai giovani volontari
anticomunisti che andarono a combattere in Finlandia contro
l’invasione sovietica nel 1939.
FOREIGN FIGHTERS
E
a proposito di Siria e Iraq, va ricordato che la Svezia è, in
rapporto alla propria popolazione, una
delle nazioni europee con il maggior numero di Foreign
Fighters arruolati
con Isis e bande di Al Qaeda: la terza dopo Belgio e Danimarca
secondo la ricerca
ICSR (International Centre for the study Radicalization) del
2015. Un più recente studio
dello svedese CATS (Center for Asymmetric Threat Studies) ha
realizzato una radiografia accurata dei circa 300 combattenti svedesi
partiti per la jihad: il 34% non sono nati in Svezia e più del 70%
proviene da quei distretti ritenuti oggi vulnerabili dalle autorità.
E se da un parte il numero degli arruolati nell’ultimo anno è
drasticamente diminuito aumenta il numero di integralisti islamici in
Svezia. In
una recente intervista, il Direttore del SAPO (il Servizio di
Sicurezza Svedese) ha dichiarato che oggi sono “migliaia
gli islamisti radicali in Svezia. Erano solo 200 nel 2010″. Nonostante la Svezia sia uno dei
paesi ad aver attivato progetti
di recupero sociale per i jihadisti, è evidente come il modello
di integrazione stia fallendo e che il politically correct
imposto dai custodi dell’ortodossia multiculturalista non riesca a
nascondere la verità sempre più percepibile.
NON SI PUÒ NON
VEDERE
La
Svezia è uno dei casi limite di ciò che sta producendo la cecità
dell’Occidente. Eurabia
non è un percorso lineare ma si muove a macchia di leopardo
penetrando nei sistemi più fragili o nelle nazioni dove la classi
dirigenti sono più corrotte ideologicamente al verbo della
dissoluzione identitaria imposta dal potere tecnocratico. Come sia possibile che i governi
occidentali non si rendano conto del processo di disintegrazione
dell’Europa, dei suoi modelli sociali e valoriali
che l’immigrazione
indotta e il multiculturalismo stanno determinando, è cosa
incomprensibile; o
meglio comprensibilissima perché forse è proprio quello che il
progetto di potere mondialista esige per ridisegnare l’ordine
globale.
Bello vedere come stanno metticciando l'europa,era proprio quello che volevano I nostri vecchi.Perche' devono essere 3 donne di cui una in cinta a ribellarsi ?vedi il video " LA rivolta delle donne milanesi". Mi da tanto l'idea di un istinto di morte quello che hanno gl'italiani ,niente figli niente reazione stato vegetativo.Eppure siete figli o nipoti degli arditi dei para' Della folgare degli squadristi che come motto avevano me ne frego Della morte ,delle camice nere ,sul tema un bel film "tiro al piccione"
RispondiEliminaSolo di recente ho sentito in tivù un commentatore parlare di "Cupio dissolvi" (desiderio di annientamento), a proposito dell'invasione che stiamo subendo.
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