Fonte: Il Primato Nazionale
Sono maschi,
sono giovani, non hanno istruzione ma, in compenso, hanno un sacco di
problemi mentali. L’identikit degli immigrati ospitati a spese
dello Stato italiano è impietoso, ma non arriva da qualche sito
populista, bensì dal nuovo “Atlante
Sprar 2016”. Tale
sigla, come noto, sta per “Sistema di protezione per richiedenti
asilo e rifugiati”. Una rete che nel 2003 contava su 1.365 posti
dislocati sul territorio nazionale, mentre lo scorso anno ha accolto
34.039 persone. Nel 2016, infatti, solo
il 9,6% di loro ha ottenuto lo status di rifugiato. Per
il resto, il 47,3% degli accolti è richiedente protezione
internazionale, il 28,3% è invece titolare di protezione umanitaria,
il 14,8% di protezione sussidiaria. Tutte formule che implicano
situazioni di rischio molto più vaghe rispetto a quella del
rifugiato che “scappa dalla guerra”.
Vediamo poi la mitologia delle
“donne e bambini” da soccorrere: ebbene, l’86,6%
degli accolti è di genere maschile. Spicca,
per presenze femminili, il solo gruppo nigeriano, anche se il
rapporto si guarda bene dal dire che si tratta di schiave destinate
al mondo della prostituzione, soggiogate da una vera e propria mafia
che fa uso anche di riti vudù per abbrutire le sue vittime. Per
quanto riguarda l’età degli stranieri accolti, la componente
maggiormente rappresentata è quella della fascia d’età che va dai
18 ai 25 anni (46,5%); diminuisce
quella immediatamente successiva, che comprende le persone fra i 26 e
i 30 anni che si attesta al 22,1%. E
i “minori non accompagnati”? Il 47% di loro, al momento della
rilevazione, era già neo maggiorenne. Il
44,6% dei minori è invece compreso nella fascia d’età tra i 16 e
i 17 anni, il 7,3% tra i 14 e i 15 anni mentre i più piccoli, tra 0
e 13 anni, sono poco più dell’1%. Eccoli, quindi, i “bambini”
da salvare.
Va sottolineato anche che
l’84,4% degli ospiti è stato accolto singolarmente, solo il 15,6%
fa parte di un nucleo familiare. Circa il livello di istruzione delle
“risorse”, il
62% degli immigrati degli Sprar ha un titolo di studio corrispondente
alla scuola primaria (elementari
e medie), il 19% è in possesso di diploma di scuola secondaria, solo
il 7% di titolo di studio universitario, mentre il
12% non ha proprio alcuna istruzione.
Quanto ai Paesi di provenienza, al primo posto ritroviamo la Nigeria
con il 16,4%, al secondo posto il Gambia (con il 12,9%). Al terzo
posto troviamo il Pakistan con l’11,7%, mentre il Mali mantiene la
quarta posizione con il 9,3%; a queste nazionalità seguono
l’Afghanistan con l’8,7% e il Senegal con il 6,3%. Seguono poi,
tutte al di sotto del 4%, Somalia, Costa d’Avorio, Ghana e
Bangladesh. Nel 2016, tra le prime 10 nazionalità presenti, figura
la Costa d’Avorio (con il 3,4%). Aumenta anche la quota di coloro
che hanno “caratteristiche
di vulnerabilità”,
dato alquanto bizzarro per una categoria che viene continuamente
presentata sotto l’aspetto della “risorsa”: si tratta
addirittura del 22%. L’8,3% comprende persone disabili, con
disagio mentale o
con necessità di assistenza domiciliare, sanitaria specialistica e
prolungata. Le segnalazioni di casi di vulnerabilità
psichica per
l’anno 2016 sono aumentate del 33% rispetto al 2015. Sono questi
quelli che dovrebbero “pagarci le pensioni”?
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