domenica 11 giugno 2017

Furto con distrazione


Dati alla mano, sono ormai pochi – pochissimi – gli italiani che non hanno un conto corrente personale. Anche in favore dei minori d’età si aprono spesso depositi postali o bancari: è finita l’era degli investimenti in sterline d’oro o in oggetti preziosi (sul presunto valore che gli stessi potrebbero conservare nel tempo e che, invece, molto spesso ha fatto registrare dei flop clamorosi, come il mercato delle opere d’arte). Il denaro è anche la ricchezza mobile più facilmente liquidabile in momenti di crisi come questo. Dunque, non stiamo a discutere: salvo il fatto che il materasso è stato sostituito dalla banca, per il resto il deposito resta l’àncora più sicura per il risparmiatore. Tuttavia il conto corrente presta il fianco a diversi problemi. Il fisco, innanzitutto: che attraverso un monitoraggio quotidiano (reso possibile dall’Anagrafe tributaria e dall’Anagrafe dei conti) è in grado di sapere dove abbiamo il deposito, qual è il suo saldo e quali sono le movimentazioni in entrata e uscita. A non essere in grado di giustificare prelievi e versamenti si rischia l’imputazione degli stessi a ricavi in nero (evasione fiscale). Con conseguente applicazione di esose tasse sanzioni. Chi ha subìto un accertamento dall’Agenzia delle Entrate ne sa qualcosa.
Non è tutto. Il peggio è che il conto corrente è trasparente anche ai creditori. Ad Equitalia soprattutto, che può consultare le predette banche dati (le due Anagrafi) per avere un’idea di dove pignorare. Ma anche le banche ne sanno quanto una intelligence. E per i privati c’è sempre la carta delle agenzie investigative che qualcosa dal cilindro la tirano sempre fuori.
Una volta “scoperto”, il conto corrente è facilmente aggredibile con il cosiddetto pignoramento presso terzi, proprio come un’auto lasciata con le chiavi attaccate sul cruscotto.
Esistono degli espedienti che consentono di “salvare il salvabile” ed evitare, così, di perdere davvero tutto. Ovviamente questo articolo non è un’incitazione a frodare i creditori né tantomeno un invito a non pagare i debiti. Al di là, infatti, del titolo puramente provocatorio (poiché, alla fine, di persone che danno “consigli” su come frodare i creditori ce ne sono a bizzeffe), abbiamo piuttosto deciso di tracciare uno spaccato, a titolo informativo, dei “trucchetti” (formalmente leciti) usati spesso dagli italiani per poter sfuggire alle grinfie di Equitalia o di qualche banca.
Ed allora, vediamo cosa la pratica quotidiana ha registrato in questi anni.

1 | Chiedi l’apertura di credito e lascia il conto in rosso ma nei limiti del fido
Un conto in cui non c’è niente non può essere pignorato (questo è ovvio). Ma non può neanche essere utilizzato dal titolare. C’è però una via di mezzo che consente di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Con il contratto di apertura di credito (cosiddetto “fido”), il correntista ottiene dalla banca la possibilità di prelevare dal proprio conto, non solo le somme che vi ha depositato, ma anche una somma ulteriore che gli viene prestata di volta in volta dall’istituto di credito. In tal modo, il saldo resta formalmente “negativo”, ma è un debito autorizzato in anticipo dalla banca. L’importante è non sforare il limite concordato in contratto. Per esempio: se il correntista ha un conto con una provvista di cinquecento euro e un fido di mille, può prelevare dal conto tutto ciò che vi ha depositato (500 euro, appunto) e, oltre a ciò, altre mille euro. Se non supera questo limite la banca non gli chiederà di rientrare nel debito (almeno finché dura il fido).
Ogni successivo versamento che il correntista riceverà sul conto andrà a ripristinare prima il fido scoperto con la banca e poi, eventualmente, la normale provvista, portando il saldo in “positivo”.
Dunque, se arriva un pignoramento in banca, il creditore non troverà alcunché da “bloccare”, nonostante il correntista abbia fino ad allora utilizzato liberamente il conto.
problemi di questo sistema sono due:
a) normalmente l’apertura di credito viene concessa a chi ha un’attività commerciale o professionale o, comunque, offre idonee garanzie di solvibilità (il fido, infatti, è un prestito a tutti gli effetti);
b) qualora dovesse intervenire un pignoramento, non si potrebbe più utilizzare il fido, cosicché il conto sarebbe di fatto definitivamente bloccato.

2 | Preleva tutti i giorni dal conto
Nulla vieta di prelevare i soldi dal conto corrente – per esempio, quelli che vengono versati mensilmente dal datore di lavoro per lo stipendio o dall’Inps per la pensione – e poi depositarli in un altro conto, intestato questa volta a un familiare. In tal modo, il primo conto sarà sempre a saldo “0” e il pignoramento non troverà consistenze da pignorare. Dall’altro lato, il secondo conto non potrà mai essere pignorato perché formalmente intestato a un altro soggetto.
problemi di questo sistema due:
a) è sempre necessario redigere e firmare una scrittura privata (meglio se registrata) con il soggetto a cui è intestato il conto “beneficiario” dei versamenti: e ciò sia per evitare problemi con il fisco (che potrebbe chiedere al familiare da dove provengano tali redditi), sia per escludere che quest’ultimo, un giorno, rivendichi la proprietà delle somme;
b) portare a “0” il conto corrente non salverà i successivi versamenti del datore di lavoro o della pensione. Questi, infatti, verranno “bloccati” in automatico dalla banca non appena arriverà il pignoramento, in una misura pari alla somma pignorata (ossia il debito, le spese e gli interessi aumentati della metà: per esempio, per un debito complessivo di 500 euro si può pignorare il conto corrente per 750 euro, ossia 500 + ½ di 500).

3 | Cointesta il conto corrente con un familiare
Il conto corrente cointestato non può essere pignorato per intero, ma nei limiti del 50%. E questo è il primo indiscutibile vantaggio.
Inoltre, nel caso di conto cointestato, Equitalia non può attivarsi con la procedura “speciale” che le consente di bloccare il 100% conto senza passare dal tribunale e, quindi, senza l’udienza di assegnazione delle somme. Infatti, il conto bancario o postale cointestato rientra tra i cosiddetti “beni comuni indivisi” la cui espropriazione può avvenire solo davanti a un giudice il quale è tenuto a controllare la regolarità delle operazioni di divisione.
La diversità di disciplina si giustifica per il fatto che, se Equitalia procedesse secondo la normale riscossione esattoriale, finirebbe per pignorare l’intero conto, il cui 50%, però, appartiene a un soggetto diverso, che non è debitore.
Al contrario Equitalia deve provvedere secondo le norme del codice di procedura civile valide per tutti i pignoramenti presso terzi: ossia con citazione a un’udienza davanti al tribunale. La banca, prima dell’udienza, invierà una lettera al creditore in cui gli indicherà le somme presenti in conto.
A questo punto solo dopo la divisione del bene comune, ossia il conto corrente, il giudice potrà autorizzare l’assegnazione del 50% del conto (o della somma pignorata).
La Cassazione inoltre ha avuto più volte modo di chiarire che [1] nel conto corrente bancario cointestato a più persone, le parti di ciascuno dei debitori e creditori solidali si presumono uguali – cioè al 50% – se non risulta diversamente.

4 | Apri un conto di riserva ma con un’altra banca
C’è ancora una via di salvezza. Avere un secondo conto consente, qualora intervenga un pignoramento su quello principale, di far affluire tutti i successivi pagamenti in quest’ultimo deposito, lasciando di fatto all’asciutto quello che è stato bloccato (meglio se, nel frattempo, è usata la precauzione numero 2).
È importante che il conto di emergenza sia instaurato con una seconda banca: infatti il pignoramento del conto viene notificato alla banca come soggetto unitario, invitandola a bloccare le somme presenti sul conto, qualsiasi esso sia, quindi ogni somma di denaro, crediti, corrispettivi, trattenute, conti correnti, depositi azionari ed obbligazioni, titoli di Stato e qualsivoglia altro bene fruttifero e non, intestato al debitore, fino alla concorrenza del credito pignorato.

5 | Dimostra che sul conto depositi solo lo stipendio o la pensione
Il tema è delicato e presuppone una premessa che ormai è a tutti nota. Con l’obbligo, imposto dalla legge, di accreditare le pensioni superiori a mille euro in un conto corrente, il creditore può arrivare a pignorare ben oltre il limite di un quinto (imposto dal codice civile): e ciò perché, secondo la giurisprudenza, una volta che le somme sono depositate in banca, confondendosi con gli altri risparmi e ricavi, possono essere pignorate al 100%.
Lo stesso discorso dicasi per gli stipendi, che ormai vanno pagati sempre con strumenti tracciabili e, quindi, di norma con accredito sul conto.
Per evitare, allora, che il creditore – massimamente Equitalia, che sa bene dove depositiamo i soldi – blocchi tutto lo stipendio (perché depositato in conto) e non solo il quinto (come invece dovrebbe essere), si deve evitare di movimentare il conto corrente con versamenti diversi da quelli della pensione o dello stipendio. Stando infatti a una sentenza del tribunale di Savona, si può impedire che Equitalia – o qualsiasi altro creditore – pignori tutto il conto corrente del pensionato o del dipendente qualora questi riesca a dimostrare al giudice che, all’attivo del conto, vi confluiscono solo la pensione o lo stipendio. In tal caso, è possibile far applicare la regola generale in base alla quale la pensione o lo stipendio non possono essere pignorati fino al minimo vitale (525,89 euro) e, per la residua parte, solo nei limiti di un quinto.



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