venerdì 7 febbraio 2020

Non si chiama aumento, si chiama rimodulazione



Fonte: Il Secolo d’Italia 

L’aumento dell’Iva rientra dalla finestra. Seppur ancora negato. Perché, scongiurare maggiori tasse sui consumi, è stato un mantra. “Giuseppi” II, col nuovo completo democratico e antifascista, liberal ed ecologista, ne fa un punto d’onore. Lo ripete ovunque, pure quando sta da solo: giammai! Come quel Renzi che lo sopporta a palazzo Chigi. Non senza dapprima giurare in Senato: l’aumento Iva non passerà mai! Seguito a ruota da Zingaretti, cui serve a giustificare la spericolata piroetta settembrina. Nessun aumento Iva è una sinfonia che in Italia si suona da mesi. E che i giornaloni amplificano e rilanciano. Tant’è che, ubriacati dalla promessa, gli italiani non ci pensano più. Commettendo così l’ennesimo errore blu. Perché, passata la festa (dell’assunzione giallorossa) e la paura (del voto anticipato) ecco che, puntuale, l’aumento dell’Iva riciccia. Cacciato dalla porta, rientra dalla finestra. Con la solita furbata ideata dai furbissimi funzionari della finanza pubblica. Servono soldi per un po’ di fumo negli occhi. 


Per fare vedere che il giallorosso è meglio del gialloverde e di ogni ipotesi futura di sovranismo. Qualche decina di euro in più in busta paga. Niente di epocale. Ma come? Semplice: basta un bell’aumento mascherato degli scaglioni. Magari di quelli più bassi, dei quali ci si accorge meno. Che perciò, a breve, dal 4 passeranno al 5. E  dal 10 al 12. Genialità italica. Il “Giuseppi” 2 si appresta ad aumentare l’Iva. Ma, non si deve gravare troppo sulle meningi del cittadino gabbato. Nè si possono mettere in difficoltà i gazzettieri plaudenti. Nessuno, quindi, parli di aumento: sarà una rimodulazione. Per metterci le mani in tasca senza farlo capire e negando di tassare. Che è poi l’unica cosa che sanno fare.

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