Il bello di avere la casa piena di ragni è che vi sono altrettante ragnatele. Poiché per me, o per chiunque altro essere umano, che dovesse bazzicare da queste parti, tali ragnatele non costituiscono alcun pericolo, posso parlarne in tutta tranquillità, quasi che fossero qualcosa di positivo, al di là dell’estetica che la loro presenza comporta, come festoni che drappeggiano i muri e che manderebbero fuori di testa qualsiasi massaia. Stavo lavando i piatti, l’altra sera. Alla mia destra c’è una piccola finestra che dà sul retro della casa. Una grossa farfalla stava per finire in una delle ragnatele presenti agli angoli della finestra. Sul momento, non avevo capito che si trattasse di una macroglossa, conosciuta anche come Sfinge del Galio. Per le sue abitudini e soprattutto per il suo modo veloce di volare, è difficilissimo fotografarla, ma se è impigliata in un filo di ragnatela per lo meno non può volare via. Non correva alcun pericolo di essere morsicata, con il veleno, da un ragno domestico, per cui ho fatto le cose con calma. Ho asciugato le mani e sono andato di sopra a prendere un contenitore. L’ho messa nel terrario e lei si è tranquillizzata. Ho pensato che, senza che me ne fossi accorto, le fosse stato iniettato il veleno e che stesse piano piano morendo.
Le dimensioni, rispetto ai ragnetti domestici, giocavano a suo favore. La mattina dopo, tolta delicatamente dal fondo muschioso del terrario, per sistemarla in un altro allestimento che mi permettesse di fotografarla ad altezza d’occhi, ha mosso dapprima un’antenna (ho fatto in tempo a farle una foto, sapendo che stava per svegliarsi) e subito dopo si è diretta verso la finestra del laboratorio, anch’essa abbondantemente decorata di ragnatele. I ragni sanno che gli insetti si dirigono verso la luce e lì vanno ad allestire le loro trappole.
Stessa situazione della sera precedente: un filo di ragnatela la tratteneva e lei volava furiosamente cercando di liberarsi. Mentre volava appesa a un filo, le ho fatto un certo numero di foto, ma voi pensate che ne sia venuta fuori una buona? Figuriamoci! La Sfinge del Galio, come le sue cugine più grosse, sbatte le ali 70/80 volte al secondo. Al secondo! Infatti, è chiamata anche farfalla colibrì, un uccelletto del Centro e Sud America che tutti conoscono e che ha fatto del volo stazionario la sua specialità. Noi, in questo caso, possiamo parlare di convergenza evolutiva, giacché alcune specie di uccelli e alcune specie di lepidotteri hanno lo stesso tipo di volo e si nutrono di nettare dei fiori nella stessa maniera. I colibrì sono chiamati “apodi” (come i rondoni) perché non si posano mai, se non per nidificare, e i primi naturalisti pensarono che fossero senza zampe, come dice il nome.
Della famiglia degli sfingidi, solo la macroglossa ha abitudini diurne e crepuscolari, mentre tutte le altre specie sono notturne. In virtù della grande capacità di volo, le sfingidi sono le farfalle più veloci in assoluto raggiungendo i 70 Km all’ora. Chi non conosce la Sfinge testa di morto? Normalmente, le farfalle hanno degli ocelli sulle ali: lei ha un piccolo teschio, sul dorso, che ha incuriosito, nei secoli, studiosi e profani. Ma ha anche un’altra caratteristica del tutto peculiare: è l’unica farfalla al mondo capace di emettere un verso, quasi uno squittio, e lo sa fare sia da adulta, che da larva. Oltretutto, la sfinge testa di morto, anziché perdere tempo con i fiori, va direttamente dentro gli alveari a cercare il dolce miele, e spesso se ne trovano di morte, perché le api non amano gli intrusi, specie se predoni.
La macroglossa non corre questi rischi: depone le uova sul Galio, che è una pianta delle rubiacee, ma anche sulla valeriana, sulla stellaria, da cui il nome specifico, e sugli epilobii. A tutti voi sarà capitato di vedere, nei parchi e nei giardini, questa nervosa farfalla svolazzare di fiore in fiore, fermandosi in volo stazionario davanti alle corolle e immettendo la lunga proboscide al loro interno. Per riuscire a fotografare una macroglossa in volo penso servano attrezzature molto sofisticate, ma per il momento dobbiamo accontentarci delle splendide elaborazioni fatte da Francesco Spizzirri, mago della fotografia, e io vi prego di osservare in modo particolare gli ingrandimenti del musetto della sfinge: si possono fin quasi contare i peli che ha in testa!
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