Fonte: Italia Feed
“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia
come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una
condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni
in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di
gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta
verticale della produzione culturale e di un completo caos politico
istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze
dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione
diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore
del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”. Così Roberto Orsi, professore italiano emigrato a Londra per
lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo
futuro del Belpaese.
Il termometro più indicativo della crisi italiana, secondo Orsi,
è lo smantellamento del sistema manufatturiero, vera peculiarità
del made in Italy a tutti i livelli: “Il 15% del settore
manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa
dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono
scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di
danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue
radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del
Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi
accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale
interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione
significativa del futuro della nazione”.
“L’Italia – prosegue lo studioso della prestigiosa London
School of Economics – non avrebbe potuto affrontare l’ultima
ondata di globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del
Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di
prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto
industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato
i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai
attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il
regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente
che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il
continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli
inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi
confini.
Di conseguenza, l’Italia si è rinchiusa in una rete di
strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione
un fatto certo”. Quando si tratta di individuare le responsabilità,
Orsi non ha dubbi nel puntare il dito contro la politica: “L’Italia
è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i
politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi collasso nel
2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello
globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati
provenienti dall’ufficio dell’ex Presidente Repubblica, i
burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro
compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti
dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato
finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento
a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e
costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che
ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine
repubblicano”.
“L’interventismo dell’ex Presidente è stato particolarmente
evidente – prosegue il professor Orsi – nella creazione del
governo Monti e dei due successivi esecutivi, che sono entrambi
espressione diretta del Quirinale. L’illusione ormai diffusa, che
molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca
d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno
amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e
forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina.
Sarebbe facile sostenere che solo Monti ha aggravato la già grave
recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso
percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I
tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti
politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro
posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati
migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una
visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della
scomparsa dell’Italia”.
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