Il buffone fiorentino, insieme agli altri suoi compagni di
merende, vuole farci credere che i nostri avi costretti ad emigrare
siano equiparabili ai migranti africani di oggi. Dimentica, il
meschinello, che i nostri avi andavano dove c’era lavoro, mentre i
giovanotti di colore vengono in Italia dove lavoro non c’è. I
nostri nonni, se escludiamo i mafiosi trasferitisi negli USA, si sono
fatti rispettare lavorando, sulla base del principio che il lavoro
nobilita l’uomo. I giovanotti africani che bighellonano per le
strade italiane si stanno facendo odiare per la molestia che
procurano e l’unica attenuante che riesco a trovare nei loro
confronti è che anch’essi sono stati ingannati. Qualcuno gli ha
detto che in Italia avrebbero avuto un futuro radioso, ma senza la
possibilità di offrire la loro forza lavoro, a qualcuno che la
richieda, non c’è nessun futuro, se non quello del parassitismo e
della delinquenza. Come si esce da questo inghippo? In un unico modo:
il rimpatrio. Ma prima andrebbe chiuso il rubinetto, prima di
mettersi ad asciugare per terra tutta l’acqua sparsa sul pavimento.
Se non si chiuderà il rubinetto, moriremo affogati in casa nostra.
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